Adam Tooze - Il miracolo economico di Hitler in vista della guerra

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Adam Tooze 

Il miracolo economico di Hitler in vista della guerra

Nonostante la crisi devastante del 1930-32, la Germania all’inizio del 1933 stava conoscendo una prima ripresa economica e infatti le successive politiche economiche di Hitler non furono volte ad assorbire la disoccupazione in quanto tale, ma ad armare l’esercito tedesco.

I nemici del liberalismo erano chiaramente in piena azione in Germania. Nel 1932 il danno causato al sistema parlamentare avrebbe potuto essere fatale, rendendo assai probabile la sostituzione della Repubblica di Weimar con un regime autoritario di impronta nazionalista. Dopotutto, alla fine del 1932 la Germania aveva un generale come cancelliere e un generale come presidente della Repubblica. Ma più sappiamo sulle manovre di corridoio che portarono alla nomina di Hitler il 30 gennaio 1933, meno appare certo che quel particolare risultato fosse in qualche modo predeterminato. Ci sono tutte le ragioni per credere che il mondo si sarebbe potuto risparmiare l’incubo di una dittatura nazionalsocialista se solo Hitler fosse stato tenuto fuori dal governo per qualche altro mese. I nazisti avevano conseguito il più spettacolare trionfo elettorale nel luglio del 1932, nelle elezioni generali che seguirono all’allontanamento del cancelliere Brüning, conquistando il 37,2 per cento dei voti. Tuttavia, grazie alla resistenza del presidente Hindenburg e dei membri principali del gabinetto Papen, a Hitler non era stato offerto il posto di cancelliere del Reich, e lui aveva rifiutato qualunque posizione di livello inferiore. Nonostante il trionfo elettorale il Nsdap1 restò all’opposizione e nella seconda consultazione elettorale del 1932, tenutasi in novembre, ne pagò le conseguenze. Anche se dalle urne non uscì una maggioranza parlamentare in grado di governare, accelerando così la caduta del cancelliere Papen, il risultato delle elezioni fu decisamente sfavorevole al partito di Hitler, che vide i propri consensi scendere sotto il 33 per cento. Gli elettori erano chiaramente delusi dal mancato insediamento al potere di Hitler. Gli attivisti del partito cominciarono a perdere entusiasmo. Lo slancio che aveva portato il Nsdap di vittoria in vittoria fino al 1929 si era ormai esaurito. All’indomani della sconfitta elettorale di novembre, le divisioni tra ala destra e ala sinistra che avevano afflitto il nazionalsocialismo negli anni Venti riemersero improvvisamente. Nel dicembre 1932 il generale Schleicher, autentico kingmaker della politica tedesca2, assunse pienamente il potere e fece una mossa popolare avviando la prima iniziativa nazionale per la creazione di lavoro. Gustav Stolper3 ricordò poi una scherzosa colazione tenutasi presso la cancelleria del Reich nel gennaio 1933, in cui Schleicher e i suoi collaboratori fecero a gara nel prevedere quanti voti avrebbero perso i nazisti nelle elezioni che Scleicher intendeva indire nella primavera successiva.

Intanto, nel giugno del 1932 in America iniziarono ad apparire i primi segni di ripresa economica. Dopo l’abolizione degli indennizzi decisi a Losanna4, la domanda di bond5 tedeschi iniziò a rafforzarsi. Era un fatto d’importanza cruciale perché consentiva alle banche, da tempo sotto pressione, di sbarazzarsi di disponibilità liquide e di ricostruire il proprio equilibrio finanziario.

Nella tarda estate apparvero segnali di ripresa nell’edilizia. Inevitabilmente, una volta effettuato il raccolto e con il rallentamento fisiologico dell’attività edilizia dovuto all’inverno, la disoccupazione cominciò nuovamente a salire, riavvicinandosi alla cifra inquietante di 6 milioni di senza lavoro. Ma il semplice fatto che la disoccupazione non superasse il livello raggiunto l’anno prima appariva incoraggiante agli esperti. Il «tasso di disoccupazione stagionalizzato», un concetto innovativo introdotto dalla nuova scienza dell’analisi del ciclo economico, si era stabilizzato. Alla fine del 1932, la rivista di Stolper Der Deutsche Volkswirt6 fu emulata nella sua valutazione ottimistica della situazione economica tedesca dall’autorevole rapporto biennale della Reichskreditgesellschaft7. Nel dicembre 1932, persino il berlinese Institut für Konjunkturforschung (Istituto per le ricerche sul ciclo economico), il centro studi più influente della Germania tra le due guerre, oltre che uno dei più pessimisti, dichiarò che il processo di contrazione dell’economia era finito. Il corrispondente da Berlino dell’Economist scrisse che «per la prima volta da tre o quattro anni», la borghesia tedesca poteva vedere «uno spiraglio di luce nell’economia». È un fatto molto importante, perché contraddice tutti i ritratti successivi dell’economia tedesca sotto il nazionalsocialismo. Nel 1933 l’economia tedesca non era un relitto senza vita. Era all’inizio di quella che poteva benissimo diventare una vigorosa ripresa. Certamente, il 1° gennaio 1933 gli editoriali di Capodanno della stampa berlinese erano ottimisti. Vorwärts, il quotidiano socialdemocratico, salutò il nuovo anno con il titolo: Ascesa e caduta di Hitler.

Alla fine, ciò che decise il destino della Germania, e con essa del mondo, fu il tragico errore di calcolo di una piccola congrega di conservatori ultranazionalisti. L’ex cancelliere Papen, amareggiato dall’estromissione del dicembre 1932, cospirò con la lobby agraria e con alcuni degli elementi più aggressivi delle forze armate per indurre il malandato Hindenburg a rimuovere Schleicher e a formare un nuovo governo basato sulla piattaforma popolare del nazionalsocialismo. Ciò sarebbe stato impossibile senza assegnare a Hitler la cancelleria. Ma l’ultranazionalista Hindenburg avrebbe avuto la responsabilità sia dell’Agricoltura che degli Affari economici. Il generale Blomberg8 avrebbe assunto la carica di ministro della Difesa e Papen sarebbe stato vicecancelliere. Non dobbiamo dare per scontato che l’equilibrio delle forze all’interno del governo Hitler-Hindenburg-Papen-Blomberg fosse preordinato.

C’erano forze potenti nella società tedesca, in primis le forze armate e le chiese, ma anche la leadership delle imprese tedesche, che avrebbero potuto fare molto per far cambiare strada a Hitler e ai suoi seguaci. La politica di antisemitismo, riarmo aggressivo e diplomazia unilaterale non fu chiaramente una scelta obbligata per la Germania. Anzi, ad alcuni lettori apparirà assurdo che si debba fare questa osservazione. Ma essa mette in luce che questo standard di criticismo controfattuale9 non viene sempre applicato imparzialmente a tutti gli effetti del regime di Hitler. La sfera economica è spesso esente da questa disamina critica. Si dà troppo spesso per scontato che le scelte strategiche reali in politica economica, scelte in cui l’ideologia nazionalsocialista contava davvero, siano state affrontate dal regime hitleriano solo nel 1936, quattro anni dopo la conquista del potere. Si dà troppo spesso per scontato che affrontare il drammatico problema della disoccupazione dovesse essere la priorità numero uno del regime. Ma questo è un altro effetto dell’eccessiva attenzione alla creazione di lavoro. Quanto al problema della disoccupazione si può raccontare una storia in cui il regime di Hitler si limitò semplicemente a perseguire una risposta funzionale attesa da tempo alla grave crisi economica della Germania. In effetti, in molti resoconti, anche recenti, si coglie una certa ammirazione per la capacità del regime hitleriano di rompere con l’ottuso conservatorismo che avrebbe condizionato i governi precedenti. Ma [...], le problematiche “keynesiane”10 di creazione del lavoro e disoccupazione non furono mai preminenti quanto comunemente si crede nell’agenda del governo di Hitler. Le decisioni più importanti di politica economica adottate nel 1933-34 non riguardavano la disoccupazione, ma l’indebitamento estero della Germania, la sua moneta e il riarmo, e in relazione a questi temi non ci potrebbe mai essere alcuna pretesa di innocenza politica. I predetti temi erano al centro del programma nazionalista di autoaffermazione, che fu la vera agenda del governo di Hitler. Inoltre, nel momento in cui attribuiamo la giusta enfasi alle questioni del debito estero, diventa chiaro che, per molti milioni di tedeschi, il miracolo economico di Hitler fu in realtà un’esperienza oltremodo ambigua.

Se vogliamo evitare una storia economica depoliticizzata del regime nazista, in contrasto con la nostra visione di tutti gli altri aspetti della storia di quel regime, dobbiamo sempre tener presente che anche nel 1933 c’erano alternative alla strategia economica perseguita dal governo di Hitler. Non solo: queste alternative avrebbero potuto apportare maggiori benefici materiali alla maggioranza della popolazione tedesca. Tuttavia, pur tenendo presente la praticabilità di tali alternative e dunque la possibilità di esercitare la critica, non dobbiamo neppure sottovalutare il danno prodotto sia all’interno sia all’esterno della Germania dalla grande depressione. Anche se Hitler non fosse stato nominato cancelliere e Schleicher fosse rimasto al suo posto, è difficile immaginare la Germania impegnata a perseguire un corso d’azione non scardinante per gli estremi tentativi di riportare la pace e la stabilità nel mondo, ai negoziati di Ginevra sul disarmo e alla conferenza economica mondiale di Londra11. Ciò detto, si rischierebbe di cadere nella trappola solipsistica12 della strategia nazionalista immaginando che toccasse decidere alla Germania. La Germania poteva perseguire una politica più o meno congeniale alla stabilizzazione globale, ma la possibilità di raggiungere quell’obiettivo sfuggente dipendeva criticamente dalle altre grandi potenze. E nel 1933 l’ambiente era molto meno congeniale di dieci anni prima a una strategia multilaterale. Ma soprattutto, la posizione degli Stati Uniti era cambiata radicalmente. Nel 1923 Stresemann13 aveva fatto chiaramente bene a scommettere sull’America come forza dominante nello scacchiere politico mondiale, sia a livello economico, sia come futura superpotenza militare. Dieci anni dopo la posizione americana era fatalmente indebolita dalla più grave crisi mai registrata nella storia economica mondiale. Quando Hitler prese il potere, Hoover fu sostituito da Roosevelt, che nei primi mesi del suo mandato si concentrò esclusivamente sul tentativo di salvare l’America dall’ultimo e disastroso sussulto della depressione. Ci sarebbero voluti anni prima che gli Stati Uniti tornassero a essere il fulcro di tutti i calcoli strategici, e a quel punto l’orrendo regime di Hitler aveva conseguito troppo slancio per poter essere fermato da qualcosa che non fosse la forza bruta.


Tratto da Il prezzo dello sterminio: ascesa e caduta dell’economia nazista, Garzanti, Milano 2008

 >> pagina 381
Il LINGUAGGIO della storiografia

Riconduci ciascuna delle seguenti espressioni allo storico che l’ha utilizzata e contestualizzala rispetto alla tesi sostenuta nei testi che hai letto (massimo 5 righe).


a) Il miracolo economico di Hitler fu un’esperienza ambigua.

b) Fallimento del liberalismo.

c) Il progressismo si rifaceva al modello prussiano-tedesco.

d) Nel 1933 l’economia tedesca non era un relitto senza vita.

Storie A CONFRONTO

Individua la tesi di fondo dei due testi proposti aiutandoti con lo schema di inizio sezione e compila la seguente scheda di sintesi e comparazione dei documenti.


 

Il New Deal e il nuovo ordine postliberale

Il miracolo economico di Hitler in vista della guerra

TESI

   

ARGOMENTAZIONI

   

PAROLE CHIAVE

   
Dal dibattito storiografico al DEBATE

Riportiamo parte del lemma “Liberismo” pubblicato nell’Enciclopedia Treccani: «In senso ampio, sistema imperniato sulla libertà del mercato, in cui lo Stato si limita a garantire con norme giuridiche la libertà economica e a provvedere soltanto ai bisogni della collettività che non possono essere soddisfatti per iniziativa dei singoli.» (www.treccani.it/enciclopedia/liberismo)


a) Creazione dei gruppi di lavoro La classe si divide in due gruppi che sostengono tesi opposte:

Gruppo 1: Pro liberismo

Gruppo 2: Contro liberismo


b) competenza DIGITALE Laboratorio di ricerca a casa e in classe In classe si propone la lettura integrale del lemma “Liberismo”. In seguito, all’interno di ciascun gruppo, con la guida dell’insegnante, vengono raccolte informazioni sull’utilizzo del termine in ambito storico-economico.


c) Preparazione di argomentazioni e controargomentazioni Ciascun gruppo prepara le proprie argomentazioni e riflette sulle possibili repliche alle tesi del gruppo antagonista. Possono essere richiamate in via esemplificativa le argomentazioni utilizzate dagli storici dei brani presenti nel percorso.


d) Dibattito Ciascun gruppo sceglie uno o più relatori che espongano almeno tre argomentazioni a favore della propria tesi, sostenendole con prove della loro validità (esempi, analogie, fatti concreti, dati statistici, opinioni autorevoli, principi universalmente riconosciuti, ecc.). In seguito, ciascun gruppo espone le controargomentazioni rispetto alle argomentazioni antagoniste. Con la guida dell’insegnante si conclude il dibattito con la sintesi e il bilanciamento delle posizioni.

Storie. Il passato nel presente - volume 3
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