2.2 Il progresso tecnologico, la scienza e l’artigianato

2.2 Il progresso tecnologico, la scienza e l’artigianato

I profili degli imprenditori inglesi
Gli storici hanno discusso a lungo sui profili degli imprenditori inglesi, cercando di comprendere la loro estrazione e le ragioni delle loro scelte. Le borghesie di antico regime presentavano, in diverse aree d’Europa, la tendenza a imitare i comportamenti nobiliari e a mascherare di conseguenza le loro origini: la condizione economica diventava quindi uno strumento per esibire magnificenze, pretendendo che da queste ultime derivassero autorità morale e rispettabilità.

In Inghilterra si fecero invece spazio altri valori che collegavano il prestigio sociale al merito, alla capacità di coltivare il talento e amministrare il denaro. Un ruolo importante fu giocato anche dalla disponibilità alla tolleranza religiosa: molti artigiani e mercanti esiliati dalla Francia dopo la revoca dell’Editto di Nantes (1685) furono infatti accolti al di là della Manica e contribuirono in maniera tangibile, insieme ai discendenti, alla vita economica del loro nuovo paese.

Un clima favorevole alle innovazioni

Il mondo delle scienze apportò un contributo notevole alla creazione di condizioni favorevoli per lo sviluppo di un nuovo sistema produttivo. Pensatori come Francis Bacon e Isaac Newton incoraggiarono indagini sperimentali basate sul rifiuto di astratti modelli teorici. La Royal Society non coinvolse solo personaggi eminenti, ma anche artigiani che prendevano parte all’atmosfera positiva creatasi per gli avanzamenti tecnologici, costruendo congegni per l’agricoltura e la tessitura, o strumenti per la navigazione. Già nel 1675 era stato inaugurato in un sobborgo di Londra l’Osservatorio reale di Greenwich, con lo scopo di determinare la  longitudine per le imbarcazioni che si trovavano a largo, osservando le stelle [ 2]. Fra gli anni Cinquanta e Sessanta del XVIII secolo l’inventore John Harrison (1693-1776) – già riparatore e carpentiere, figlio di un falegname – elaborò una serie di orologi che permettevano di calcolare la stessa longitudine con un margine di errore bassissimo. Dispositivi basati sugli stessi principi furono utilizzati durante i viaggi del capitano James Cook [▶ cap. 1.3], che li giudicò determinanti per il successo delle sue esplorazioni.

L’introduzione della macchina a vapore
All’interno delle trasformazioni settecentesche ebbe comunque un ruolo fondamentale la cosiddetta “rivoluzione industriale”, incentrata sui modi di produzione dei manufatti e capace di incidere in profondità su commercio, consumi, organizzazione del lavoro e stili di vita individuali, familiari e sociali. Fu l’Inghilterra il cuore pulsante di questo articolato processo. Esso fu dovuto a un complesso insieme di fattori non necessariamente interpretabili in termini di cause e conseguenze, visto che talvolta le seconde potevano scambiarsi di ruolo con le prime: le scoperte tecnologiche, per esempio, erano stimolate dall’esigenza di velocizzare i processi produttivi, ma potevano successivamente divenire un incentivo per produrre una nuova domanda o un nuovo bisogno.

Un ruolo importante fu giocato dalla macchina a vapore, messa a punto nel 1775 da James Watt (1736-1819) ma figlia di decenni di tentativi e utilizzi parziali. Il meccanismo era apparentemente semplice, in quanto sfruttava l’alterazione della temperatura dell’acqua per trasformare il calore in energia cinetica e produrre lavoro meccanico tramite un sistema di stantuffi, ruote e congegni. Si superarono in tal modo i vincoli delle forze naturali (vento o corsi d’acqua) e quelli della trazione animale. Ciò non deve far pensare a un venir meno dell’importanza dell’energia idraulica o dei cavalli. Questi ultimi, per esempio, rimasero a lungo fondamentali per azionare nuovi congegni: fino all’Ottocento inoltrato erano probabilmente più di un milione e mezzo i cavalli impiegati in Gran Bretagna per scopi pratici.

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La produzione del cotone

Uno dei settori interessati da grossi cambiamenti fu quello del cotone, che colpì l’immaginazione dei contemporanei e funse da esempio anche per le altre industrie. L’importazione in Europa era cresciuta dopo la scoperta del Nuovo Mondo, con l’introduzione di nuove specie di piante non conosciute nei precedenti contatti con l’Asia. La coltivazione si era diffusa nelle colonie francesi e britanniche dell’America settentrionale, dove il clima e i terreni erano favorevoli, così come in Brasile, Perù e Messico. Tuttavia uno stimolo decisivo, nel corso del XVIII secolo, venne dagli operatori inglesi che si mostrarono capaci di guardare contemporaneamente a est e a ovest, alle Americhe così come all’India. I britannici imposero così in tal modo l’esigenza di una produzione tessile capace di soddisfare una domanda che si sviluppava a livello planetario (maggiore rispetto a quella della preziosa seta, ma anche a quella della più diffusa lana) e di diventare competitiva attraverso l’abbattimento dei costi di produzione. Il bisogno di tessuti leggeri, lavabili e resistenti stimolò l’introduzione di nuovi dispositivi. La materia prima era importata in quantità enormi, grazie al dominio sui mari e alla massiccia presenza dei sudditi della corona britannica nei vari continenti, soprattutto quello asiatico.

Negli anni Trenta del Settecento John Kay (1704-79) mise a punto la spoletta volante, seguito alla fine degli anni Quaranta da Lewis Paul che introdusse la cardatrice. I progressi tecnici e scientifici erano accompagnati da una fitta comunicazione: la richiesta di nuove invenzioni rispondeva quindi ai bisogni che nascevano nella prassi lavorativa, anche in luoghi lontani fra loro. Fu così che negli anni Sessanta si arrivò ad avere le prime filatrici meccaniche con molti fusi e i filatoi idraulici, anche se la svolta definitiva si ebbe solo negli anni Ottanta con l’applicazione al processo produttivo della macchina a vapore, che comportò una velocizzazione senza precedenti, stimolando il passaggio dalla dimensione manifatturiera e artigianale a quella industriale [ 3].

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Ciò nonostante, il fenomeno fu limitato ad aree circoscritte, visto che in Europa e nella stessa Inghilterra rimaneva forte l’industria domestica o “a domicilio” [▶ fenomeni]. I lavoratori del nuovo settore si concentrarono, per esempio, in centri urbani come Manchester, in luoghi definibili come “fabbriche”, contribuendo alla costruzione di un sistema che era in grado di annullare la concorrenza e di affermare un vero e proprio dominio sui mercati internazionali. Nel giro di pochi decenni, fu possibile produrre capi di abbigliamento più solidi e meno costosi rispetto a quelli a cui i compratori erano abituati: con il lavoro di una sola persona, infatti, si poteva ottenere lo stesso risultato che qualche tempo prima avrebbe richiesto l’impiego di decine, se non di centinaia di individui. Di conseguenza mestieri di grande abilità come quello del tessitore a mano, tradizionalmente apprezzati e redditizi, andarono gradualmente incontro alla scomparsa definitiva.

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  fenomeni

Industria a domicilio e fabbrica

Nel corso del Settecento, il termine “industria” continuò a contrassegnare le abilità pratiche e la laboriosità. Solo dopo alcuni decenni arrivò a indicare anche un luogo – la “fabbrica” – in cui diversi operai si raggruppavano per svolgere funzioni simili. Gli studiosi tendono a usare anche definizioni come “protoindustria”, “industria domestica” o “a domicilio” per definire l’organizzazione del lavoro proposta in età moderna da mercanti che portavano di volta in volta, nelle case private, le materie prime per sottoporle a diverse fasi di lavorazione – retribuite a seconda del servizio prestato – per arrivare infine al prodotto completo.
Diversi studi svolti fin dagli anni Settanta del Novecento hanno dimostrato, per esempio, come l’industria tessile fosse molto sviluppata nelle Fiandre, con decine di migliaia di filatrici che lavoravano rimanendo nei loro villaggi e contribuendo alla produzione di stoffe che arrivavano fino ai mercati delle colonie americane. Anche nella penisola italiana, dalla Pianura Padana fino alla Toscana, si svilupparono attività di lavorazione del lino, della seta, della lana, dei panni, oltre a quella delle armi.

Il ferro
Le trasformazioni non furono basate solo sulla presenza di una maggiore forza motrice, ma anche sulla sostituzione progressiva del legno con il ferro, più resistente alla frizione e all’urto, ma anche più malleabile e plasmabile. Furono proprio queste caratteristiche a renderlo fondamentale, fra gli altri aspetti, per garantire efficienza alla stessa macchina a vapore. Tuttavia i progressi che interessarono il settore  siderurgico furono più lenti rispetto a quelli intervenuti nel tessile.

La chiave era nella velocità e nella qualità dei processi di combustione. La legna era difficile da raccogliere e costosa. Il sottosuolo inglese era in compenso ricchissimo di  carbon fossile: quest’ultimo era largamente usato per raggiungere le alte temperature necessarie alla produzione del vetro o alla distillazione di alcolici, ma restava poco utile per la fusione dei minerali ferrosi, visto che la ▶ ghisa ottenuta era troppo fragile. Già nel 1709 Abraham Darby (1678-1717) trovò il modo di raffinare il processo eliminando le impurità dallo stesso carbon fossile, arrivando in tal modo al cosiddetto coke. Ma servirono diversi decenni prima di compiere il passo più importante, ovvero il superamento della necessità della percussione (o martellamento) e dell’impiego della legna per realizzare barre e fucinati (ovvero i prodotti della forgiatura): fu Henry Cort (1740-1800) che negli anni Ottanta escogitò una soluzione, congiungendo processi diversi come la pudellatura (cioè la fusione e il mescolamento per eliminare i residui) e la laminatura meccanica. Fra la fine del XVIII e gli inizi del XIX secolo, la produzione di ghisa riuscì così ad aumentare di venti volte.

Nacquero le black countries, ovvero i centri abitati che si distinguevano per il colore nero delle loro ciminiere, contribuendo a una trasformazione radicale del paesaggio che accompagnò le nuove dinamiche economiche. Da importatore quale era, infatti, l’Inghilterra cominciò a impegnarsi in una considerevole esportazione di ferro e ne poté disporre in maniera massiccia anche per la costruzione di armi, nonché di strutture portanti per palazzi, strade e ponti.

Storie. Il passato nel presente - volume 2
Storie. Il passato nel presente - volume 2
Dal 1715 al 1900