16.3 La Guerra dei Trent’anni

16.3 La Guerra dei Trent’anni

La defenestrazione di Praga

Come si è visto, gli antagonismi politico-religiosi presenti nei domini tedeschi della corona asburgica avevano condotto alla formazione di due leghe contrapposte, l’Unione evangelica, sotto la guida dell’elettore del Palatinato Federico V, e la Lega cattolica, che trovò un punto di riferimento in Massimiliano I di Baviera, accreditatosi come alfiere della Controriforma. Il 23 maggio del 1618 le tensioni esplosero quando un gruppo di nobili boemi in preda all’ira gettò dalla finestra del castello di Praga i rappresentanti dell’imperatore Mattia, accusato di aver preso provvedimenti a favore dei cattolici e di voler mettere in discussione le libertà delle confessioni riformate in Boemia [▶ eventi]. Il gesto, di sicuro valore simbolico, ebbe conseguenze importanti, visto che i boemi decisero di non riconoscere più come sovrano Ferdinando II (appena succeduto a Mattia sul trono imperiale), preferendogli il calvinista Federico V, capo dell’Unione evangelica.

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La defenestrazione di Praga

L’evento del 23 maggio 1618 è ricordato come causa scatenante della Guerra dei Trent’anni. L’autorità imperiale cercò di imporre la sua volontà in chiave filocattolica e vietò la costruzione di edifici di culto protestanti su terreni appartenenti alla Chiesa di Roma, suscitando un diffuso malcontento fra i nobili del posto e i ceti inferiori. Le vittime della furia dei ribelli furono due rappresentanti della casa imperiale, entrambi cattolici ferventi. Caddero, insieme al loro segretario, su un letto di letame scaricato sotto la finestra del castello dai contadini del posto. Nessuno di loro morì o riportò gravi ferite nell’impatto: molti predicatori e scrittori di parte cattolica interpretarono la loro sopravvivenza come un segno divino a sostegno della lotta al protestanesimo.

Lo stesso castello era già stato teatro di altre “defenestrazioni”, sempre riconducibili a tensioni religiose. Fra queste ebbe particolare rilevanza quella del 1419, quando alcuni ribelli hussiti (seguaci della dottrina di Jan Hus) avevano rivolto la loro ira contro i membri del consiglio cittadino, schierati a favore della Chiesa di Roma, che morirono per le ferite riportate o uccisi dalla folla inferocita.

La prima fase della guerra

Il conflitto che ebbe origine da questi violenti e annosi attriti sarebbe stato in seguito ricordato come “Guerra dei Trent’anni”. L’andamento delle operazioni fu convulso ed è difficile operare semplificazioni. I primi anni furono segnati dalla prevalenza del fronte cattolico-asburgico: la Spagna infatti corse in aiuto dell’esercito imperiale, riuscendo ad arginare le pretese dei principi protestanti. A partire dal 1625 la Danimarca del re luterano Cristiano IV cercò di invertire la tendenza, ma fu fermata dalle truppe di Albrecht von Wallenstein, un abile e spregiudicato nobile cattolico capace di trasformare lo scontro in una grande occasione di profitto economico, mettendo insieme ben 30 000 uomini a sue spese e permettendo loro di consumare razzie in ogni dove. Grazie a sonanti vittorie, lo spregiudicato condottiero riuscì ad accrescere il suo prestigio fino a fare concorrenza alla stessa famiglia degli Asburgo [ 4].

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Dal 1628 al 1631, le attenzioni dei contendenti si spostarono in Italia, dove il Ducato di Mantova era rimasto senza eredi in seguito all’estinzione della dinastia dei Gonzaga. L’esercito imperiale sottopose la città a un terribile saccheggio, ma l’intervento deciso del cardinale Richelieu riuscì a consegnare il piccolo Stato, insieme alla fortezza di Casale Monferrato, alla famiglia francese dei Nevers, imparentati con i Gonzaga. Fu certamente la debolezza della Spagna a consentire questa manovra al cardinale che, consapevole dei problemi economici del suo rivale Olivares, riuscì a ottenere anche il controllo della Valtellina, un luogo strategico sulla via di comunicazione fra i territori dell’alleanza austro-spagnola, come il Ducato di Milano e il Tirolo austriaco.

Un’inversione nell’andamento del conflitto si ebbe all’inizio degli anni Trenta con l’entrata in scena della Svezia di Gustavo II Adolfo che contribuì in maniera decisiva alla rivalsa della causa protestante contro le forze dell’imperatore Ferdinando II. Tuttavia le vittorie conseguite non ebbero conseguenze durevoli. Il sovrano della dinastia Vasa riuscì infatti ad avere la meglio su un esercito di 100 000 uomini guidato da Wallenstein nella battaglia di Lützen, in Sassonia (1632), ma perse la vita sul campo. Una successiva grave disfatta costrinse gli svedesi a ritirarsi, segnando la momentanea sconfitta del fronte antiasburgico. Fu ancora una volta la Spagna a offrire l’intervento provvidenziale, nel tentativo di rinsaldare l’asse dinastico per mantenere in piedi un potere gravemente minacciato dalle divisioni interne e dalle pressioni esterne.

L’alleanza Richelieu-protestanti e la sconfitta della Spagna

Di fronte alla resistenza dell’asse iberico-austriaco, Richelieu si decise a intervenire in maniera diretta, scardinando lo schema fronte cattolico-fronte riformato e affermando la priorità delle ragioni politiche su quelle religiose. Incurante del suo ruolo di cardinale della Chiesa di Roma, nel 1635 decise di schierarsi con i protestanti tedeschi, gli unici che potevano aiutare la monarchia francese a non trovarsi schiacciata nel cuore di un’Europa continentale dominata dagli Asburgo. Poté contare sull’appoggio della Svezia, intenzionata ad affermare la sua supremazia sui mari del Nord, e su quello delle Province Unite, intente a proseguire la lotta per l’indipendenza.

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La Spagna, giunta allo stremo delle forze, si piegò di fatto già all’inizio degli anni Quaranta (decisiva fu la vittoria francese ottenuta a Rocroi, al confine con i Paesi Bassi spagnoli, il 19 maggio del 1643), ma i negoziati si conclusero solo nel 1648, in quella che si suole definire Pace di Vestfalia.

Le conseguenze della guerra

Sul fronte dei vincitori, con la Pace di Vestfalia [ 5] la Francia allargava la sua influenza a quasi tutta la regione dell’Alsazia, una porzione piccola ma non per questo poco importante del territorio tedesco, e ad alcune fortezze italiane. La Svezia consolidava il suo dominio sul Baltico conquistando altri territori continentali.

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Sul fronte degli sconfitti, invece, il Sacro Romano Impero risultava fortemente indebolito. I principi tedeschi acquisirono libertà maggiori sul piano religioso (accanto al luteranesimo, già riconosciuto dalla Pace di Augusta del 1555 [▶ cap. 13.3], il nuovo trattato ammise anche il calvinismo) e su quello politico, accentuando ancor più il particolarismo che caratterizzava l’area tedesca. Mentre la Prussia-Brandeburgo – uno Stato destinato a giocare un ruolo cruciale nella storia politica tedesca successiva – otteneva un’importante estensione territoriale nella Pomerania orientale, la dinastia asburgica assisteva al tramonto definitivo del progetto di creare un impero forte e unito.

Ad avere la peggio fu comunque la Spagna, che, nonostante le gravissime difficoltà economiche e militari in cui si trovava, si ostinò a protrarre le ostilità con la Francia fino al 1659, quando con la Pace dei Pirenei fu costretta a cederle anche la regione del Rossiglione e l’Artois.

In termini economici e sociali, le conseguenze peggiori furono patite dall’area tedesca, principale teatro degli scontri, che perse circa un quarto della popolazione e fu costretta a fronteggiare l’abbandono di grandi appezzamenti di terra e di numerosi villaggi. Borghi e città furono devastati dai saccheggi [▶ FONTI], e le attività produttive e commerciali impiegarono decenni per risollevarsi. Anche la Boemia, la Danimarca, la Borgogna e l’Italia settentrionale conobbero l’orrore delle battaglie e delle distruzioni, aggravate dalle epidemie di peste portate dagli eserciti e che in molte zone decimarono una popolazione già provata dalla guerra e dalle carestie [ 6].

Storie. Il passato nel presente - volume 1
Storie. Il passato nel presente - volume 1
Dal 1000 al 1715