FENOMENI - Moneta, inflazione, rivoluzione dei prezzi

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Moneta, inflazione, rivoluzione dei prezzi

La storia economica e la moneta

I fenomeni economici noti con i termini di inflazione e deflazione, che indicano rispettivamente l’aumento o la diminuzione generalizzata dei prezzi, hanno a che fare con molti fattori. Nelle economie preindustriali bisogna in primo luogo considerare il rapporto esistente fra il valore nominale delle monete (quello indicato su una o entrambe delle loro facce: una lira, dieci fiorini, cento ducati) e la quantità di metallo prezioso, prevalentemente oro o argento, contenuta al loro interno. In età medievale e moderna accadeva spesso che, a parità di valore nominale, si verificasse una diminuzione del contenuto metallico di una moneta, con il risultato di una diminuzione del suo valore reale. Ciò avveniva in genere perché i governi volevano immettere più denaro nel mercato allo scopo di favorire gli scambi monetari, i prestiti, gli investimenti. Per farlo, ordinavano alle zecche di coniare più moneta, ma, poiché la disponibilità complessiva di metallo prezioso era sempre quella, per coniare più monete bisognava ridurre la quantità di metallo prezioso presente in ciascun pezzo.

Le cause dell’inflazione

La svalutazione dovuta a politiche monetarie di questo tipo non è l’unica spiegazione dei fenomeni inflattivi, che possono dipendere dall’interazione di diversi altri fattori:

1. la massa di moneta in circolazione: se la quantità di moneta aumenta più di quella delle merci, la prima perde valore rispetto alle seconde, che dunque costano di più, secondo la classica legge della domanda e dell’offerta;

2. la velocità della circolazione della moneta: se le persone detengono la moneta per poco tempo, spendendola rapidamente, si hanno effetti analoghi a quelli creati da una maggiore quantità di moneta in circolazione;

3. l’aumento della domanda, cioè la richiesta di beni da parte dei consumatori, cui in genere i produttori rispondono alzando i prezzi delle merci per aumentare i propri guadagni;

4. l’andamento dell’offerta, cioè la disponibilità di beni acquistabili: se l’incremento dell’offerta di beni non riesce a tenere il ritmo dell’incremento della domanda, le merci si fanno scarse e il loro prezzo aumenta.

Che cosa accadde nella Spagna del Cinquecento?

In Europa, a partire dal XV secolo, un forte aumento demografico stimolò la domanda di beni di prima necessità (punto 3), ma la produzione agricola crebbe più lentamente (punto 4), facendo lievitare il prezzo dei beni alimentari.

Allo stesso modo, la grande quantità di metalli preziosi provenienti dalle Americhe permise di mettere in circolazione nuova moneta (punto 1): i conseguenti squilibri fra denaro e merci presenti sul mercato stimolarono un aumento dei prezzi.

L’inflazione danneggiò in primo luogo i percettori di salari: poiché in genere i salari crescono meno rapidamente dei prezzi, il risultato dell’inflazione nel breve periodo è una diminuzione del potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti. Di per sé questi movimenti monetari potevano costituire anche un’occasione di crescita per l’economia spagnola: per i produttori, infatti, prezzi maggiori significano maggiori profitti e dunque possibilità di aumentare gli investimenti e la produzione. Ciò però non avvenne a causa dei limiti strutturali dell’economia spagnola, che vide transitare enormi quantità di denaro per il proprio territorio senza che gli investimenti produttivi ne traessero alcuno stimolo. In mancanza di un ceto imprenditoriale attivo e lungimirante e con una mentalità che riteneva ogni forma di lavoro indegna per un nobile, quasi tutto il metallo prezioso proveniente dalle Americhe fu speso per importare merci da altre aree d’Europa, che - queste sì - beneficiarono dell’afflusso di oro e argento americani anche nel lungo periodo, vedendo crescere le proprie attività economiche; all’interno del paese, invece, non si verificò alcun aumento dell’offerta (punto 4) e l’aumento della massa circolante si tradusse prevalentemente nell’aumento dei prezzi (punto 3).

Fu una vera “rivoluzione”?

In realtà, il fenomeno dell’inflazione cinquecentesca è stato a lungo sopravvalutato. Le ricerche più recenti sembrano infatti dimostrare che, nonostante i grandi cambiamenti in atto, nel corso del secolo il tasso di inflazione annuo sia stato tutto sommato contenuto, intorno al 2%, minore di quello riscontrato in altre epoche. Per questa ragione la definizione “rivoluzione dei prezzi” è oggi considerata più che mai problematica: molti studiosi ritengono che l’aumento dei prezzi, pur essendo evidente, non ebbe una portata realmente rivoluzionaria sui sistemi economici dell’Europa, né di quelle aree del pianeta che allora cominciavano a trovarsi a essa collegate.

Storie. Il passato nel presente - volume 1
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