Il “secolo d’oro”
Il regno di Filippo II (1556-98) e il periodo immediatamente successivo sono considerati ancora oggi come il siglo de oro (“secolo d’oro”), l’epoca aurea della letteratura, dell’arte e della cultura spagnole. In questi anni, infatti, vennero alla luce capolavori destinati a segnare la cultura europea, come il celebre romanzo Don Chisciotte di Miguel de Cervantes (1547-1616), i drammi di Lope de Vega (1562-1635), i dipinti di El Greco (1541-1614) e Diego Velázquez (1599-1660).
Cervantes
Miguel de Cervantes y Saavedra ebbe una vita avventurosa: ricercato, si arruolò e combatté contro i turchi, fu ferito e perse l’uso di una mano; rapito dai corsari ne restò schiavo per cinque anni; tornato in patria fu coinvolto in una bancarotta, venne scomunicato e finì in carcere. Nel suo capolavoro, opera fondamentale della letteratura occidentale, narra con distaccata ironia le disavventure di due personaggi, il nobile don Chisciotte e il suo servitore, il popolano Sancio. Il tema è l’impossibile convivenza fra gli ideali dei poemi epico-cavallereschi e il mondo moderno, utilitaristico e concreto. Molti vi hanno visto una critica alla Spagna, la cui classe nobiliare, ancorata a schemi e valori ormai sorpassati, era destinata a cedere il passo a società più attive e dinamiche.
El Greco
Dominikos Theotokópoulos nacque a Candia (Creta), allora dominio di Venezia, dove poi si recò per studiare la pittura italiana. Si trasferì quindi in Spagna, dove la sua origine gli valse il nome di “El Greco”. I suoi quadri si distinguono per le figure allungate, quasi ascetiche, a volte appena abbozzate da cui emana un forte richiamo alla spiritualità perfettamente in linea con le indicazioni del Concilio tridentino.
Ne La sepoltura del conte di Orgaz, le esequie di un nobiluomo sono rappresentate come un evento soprannaturale: alla cerimonia terrena (nella fascia in basso), scura, statica, resa con estrema cura, corrisponde (in alto) un livello celeste in cui l’anima del morto viene portata al cospetto di Cristo, della Vergine e dei santi, in un vorticare di luci e forme. Le due scene, collegate solo dallo sguardo di qualche astante, si completano: come nella visione del potere di Filippo II, il piano terreno si rispecchia in quello divino quando ne realizza la volontà.
Velázquez
Diego Rodríguez de Silva y Velázquez, nobile sivigliano, fu pittore di corte sotto Filippo IV. Il suo abilissimo uso della luce esaltava corpi, volti ed espressioni; i personaggi ritratti, popolani o nobili, appaiono sempre acuti e vivi. Anche lui volle studiare la pittura in Italia, allora punto di riferimento per l’arte, e vi si recò al seguito del marchese Ambrogio Spinola, comandante dell’esercito spagnolo. Proprio lo Spinola viene celebrato in questo grande quadro, che lo ritrae mentre riceve la resa della città olandese di Breda, durante la guerra per l’indipendenza dei Paesi Bassi. Al di là degli intenti commemorativi, il quadro si distingue per la composizione: alla quieta scena centrale si oppongono la scura massa del cavallo, raffigurato di scorcio, e la selva delle picche, mentre sullo sfondo il paesaggio si sfuma sui colori azzurri.