PERCORSI STORIOGRAFICI

percorsi storiografici

PERCORSO

TESTI

TEMI

1 Possiamo ancora parlare di feudalesimo?

p. 210

S. Reynolds, Aboliamo il feudalesimo tratto da Feudi e vassalli

 – Feudalesimo come costrutto intellettuale

 – Complessità dei rapporti sociali in età medievale, non esauribili     nei legami vassallatici

C. Wickham, Tre modelli di feudalesimo (maneggiare con cura) tratto da Le forme del feudalesimo

– Legittimità e utilità delle varie interpretazioni di feudalesimo

– Consapevolezza della storia delle idee in ambito storiografico

2 Alle origini del comune italiano
p. 215

H. Keller, La matrice vassallatica del comune tratto da Signori e vassalli nell’Italia delle città (secoli IX-XII)

– Continuità degli strati dirigenti sin dall’età carolingia

– Ruolo decisivo del vescovo

J.-C. Maire Vigueur, L’importanza della militia tratto da Cavalieri e cittadini

– Complessità del fenomeno comunale

– Centralità della militia

3 Federico II, l’immagine di un imperatore
p. 219

E. H. Kantorowicz, Lex animata in terris tratto da Federico II imperatore

– Novità assoluta del diritto codificato da Federico II

– Dimensione divina del ruolo imperiale

D. Abulafia, L’eredità normanna nelle Costituzioni di Melfi tratto da Federico II, un imperatore medievale

– Pragmatismo delle scelte di Federico II

– Contestazione, da parte dell’imperatore, del ruolo del pontefice come intermediario tra Dio e uomo

percorso 1

Possiamo ancora parlare di feudalesimo?

In anni recenti si è discusso sulla legittimità di continuare a usare il concetto di feudalesimo, specialmente nell’accezione che mette in risalto i nessi giuridici tra vassallo e signore, per descrivere nel suo complesso la società dell’Europa medievale. Il feudalesimo, più che una realtà effettiva, sarebbe stato nient’altro che una struttura interpretativa che prende origine dall’elaborazione giuridica iniziata nel secolo XII da parte dei maestri di diritto delle università e che si perfeziona poi in età moderna. Molte obiezioni sono state avanzate a questa ipotesi, ma certamente un risultato positivo di questa critica sta nell’aver aperto nuove prospettive di ricerca e nell’aver indotto gli storici successivi a fare attenzione alla genesi e all’efficacia dei concetti che adoperano per spiegare la società medievale

testo 1
Susan Reynolds

Aboliamo il feudalesimo

Nel brano riportato la storica inglese riassume alcuni punti importanti del suo lavoro, primo tra tutti la negazione che il vassallaggio e i rapporti di proprietà compresi nel concetto tradizionale di feudalesimo traggano origine dalla società guerriera altomedievale. Nella visione classica dell’argomento, invece, i rapporti personali sarebbero stati del tutto predominanti rispetto alla forza della regalità o della statualità: un aspetto che Reynolds contesta anche da un punto di vista antropologico, oltre che basandosi sulle evidenze documentarie. Il feudalesimo va inteso dunque come costrutto intellettuale e non come realtà effettiva, e questo implica anche una profonda revisione metodologica.

La documentazione da me rinvenuta ed esposta nel corso del libro non indica che i rapporti tra governanti e nobili del basso Medioevo si siano sviluppati a partire da quelli tra capi militari e loro seguaci dell’alto Medioevo […]. Tali rapporti non presero avvio dal vassallaggio “personale” delle bande guerresche, trasformatosi poi in “territoriale” attraverso la concessione di feudi. Né i feudi divennero gradualmente ereditari, mentre gli obblighi di servizio militare, aiuto, consiglio e così via, continuarono ad essere associati ai feudi. L’idea di questo sviluppo deriva, in definitiva, da uno stralcio di storia congetturale, proposto nella prima parte del Dodicesimo secolo da uno di quei giuristi lombardi i cui brevi trattati furono raccolti poco dopo nei Libri Feudorum. A partire dal Sedicesimo secolo, una versione elaborata di questa storia è stata associata ai miti delle origini nazionali, in conseguenza delle invasioni barbariche, per creare un paradigma talmente affascinante, flessibile e avvincente, da essere in grado di assorbire secoli di revisioni, adattamenti ed elaborazioni, senza perdere la propria fisionomia. Il mito appariva logico sullo sfondo delle idee di storia d’Europa e di evoluzione sociale in generale che si svilupparono nell’epoca in cui esso prese forma. Tra la caduta dell’Impero romano e lo sviluppo di quello che fu visto come un governo moderno civilizzato, l’Europa era sprofondata di nuovo, si pensava, in uno stato di barbarie, in cui le idee di bene pubblico, spirito collettivo e diritto razionale, erano mantenute in vita solo dalla Chiesa. In questo ritorno allo stato primitivo, gli unici valori che erano in grado di apprezzare gli uomini laici erano quelli della parentela e della fedeltà personale. Come ho sostenuto […] questa immagine di “società primitiva” è incompatibile con lo stadio attuale delle conoscenze, mentre alcune delle testimonianze […] hanno suggerito […] che la società altomedievale non fosse tenuta insieme solo dai legami interpersonali […]. Quasi tutte, per non dire tutte le società medievali, erano estremamente diseguali e autoritarie, ma presentavano diverse gradazioni, più che essere separate da un solo fossato tra i nobili e i contadini. Come altre società stratificate, autoritarie e agrarie, venivano tenute insieme in parte dalla coercizione, ma anche da valori e norme che, per quello che siamo in grado di vedere, erano probabilmente in larga misura condivise […]. I valori medievali posero un forte accento sull’autorità, e in particolare sull’autorità regia. I regni erano visti come comunità, e allo stesso modo erano considerate le signorie al loro interno. Nell’ambito di ogni comunità, le responsabilità vengono assunte sempre da quelli che sono spesso chiamati gli elementi migliori e più saggi, ossia i più ricchi e affermati. Ciò che teneva insieme la società nobile, dunque, nella misura in cui fosse coesa, erano i medesimi valori che tenevano insieme il resto della società, rinforzati dal bisogno di solidarietà contro inferiori, ed estranei. I rapporti interpersonali non erano tutto, e neppure l’elemento più importante […]. Da questa conclusione negativa sul vassallaggio, passo ad altre più positive […]. La mia prima conclusione positiva è quindi che, nella misura in cui siano mai esistite delle istituzioni feudo-vassallatiche, esse furono il prodotto non del governo debole e scarsamente burocratico dell’alto Medioevo, ma di un’amministrazione sempre più burocratica e di un diritto esperto che cominciarono a svilupparsi a partire, all’incirca, dal Dodicesimo secolo […]. Il resto delle mie conclusioni riguardano possibili oggetti e metodi di ricerca. Prima di tutto il bisogno di confronti […]. Le condizioni politiche e i sistemi giuridici differivano, e, di conseguenza, anche i diritti e gli obblighi di proprietà, comunque venissero classificati […]. Un’altra proposta metodologica riguarda lo studio dei rapporti sia politici, che di proprietà. Costituiscono entrambi ambiti in cui la ricerca è stata ostacolata dall’uso di concetti e presupposizioni naïf sulla relazione esistente tra concetti, termini e fenomeni. La concentrazione sul vassallaggio ha oscurato le differenze tra un’intera gamma di rapporti sociali e politici […]. Infine, ipotizzo che l’enfasi attribuita ai rapporti interpersonali del modello feudo-vassallatico abbia oscurato le ragioni dei cambiamenti […]. Se vogliamo capire i cambiamenti dei rapporti politici, e dei diritti e degli obblighi della proprietà, dobbiamo prestare un’attenzione maggiore a altri fattori. In primo luogo, la politica e gli eventi […]. Le ambizioni e le guerre dei governanti comportarono richieste di uomini e denaro molto legate allo sviluppo del nuovo tipo di governo e di diritto che io sostengo abbiano prodotto le presunte istituzioni feudo-vassallatiche del Medioevo. Ma lo sviluppo di una burocrazia e di un diritto professionale era reso possibile solo da cambiamenti sociali molto più profondi, come la crescita della popolazione e dell’economia, la disponibilità di argento, coniato o grezzo, e la diffusione di una formazione letteraria e accademica.


tratto da Feudi e vassalli. Una nuova interpretazione delle fonti medievali, Jouvence, Roma 2004

 >> pagina 212 

testo 2
Chris Wickham

Tre modelli di feudalesimo (maneggiare con cura)

Partendo da un’impostazione storiografica marxista l’autore rivendica, in questa relazione a un importante convegno, la piena legittimità dell’uso dei diversi concetti di feudalesimo, a patto però che siano impiegati con piena consapevolezza delle tradizioni storiografiche da cui provengono e anche degli intrecci tra queste e la formazione delle identità nazionali nel corso dell’età moderna. La proposta di Wickham ha trovato ampio seguito nelle ricerche successive, rese più coscienti del problema di doversi confrontare tanto con le fonti, quanto con interpretazioni stratificate nel corso di secoli.

Credo che il feudalesimo possa essere considerato come tre concetti separati, che vorrei illustrare uno alla volta: il concetto marxista del “modo di produzione feudale”; l’immagine essenzialmente blochiana1 di “società feudale”; e la più ristretta definizione legale basata sulle norme delle relazioni feudo-vassallatiche, teorizzata nel modo migliore da Mitteis2 e diffusa più ampiamente da Ganshof3, per citare soltanto gli storici non viventi. Tutte le definizioni di feudalesimo valutate con attenzione […] si possono associare ad uno di questi tre […]. Marx4 stesso fu, naturalmente, uno studioso del capitalismo; le sue riflessioni sulle società precapitaliste raramente furono altro che la costruzione di antitipi5 a elementi specifici del suo modello del modo di produzione capitalista […]. Nel contesto di questo saggio, lo chiamerò feudalesimo di tipo A. Essenzialmente, questa immagine è quella di una società il cui plusvalore è soprattutto quello derivato dalla produzione agricola di tenute contadine familiari, che è poi rilevato da una classe aristocratica fondiaria, per mezzo di un rapporto di coercizione: i signori usano la forza o la minaccia della forza per ottenere canoni e/o corvée, e quindi derrate agricole, dai coltivatori. Ciò distingue il modo di produzione feudale dal modo schiavistico, in cui tutto il plusvalore di uomini e donne non liberi viene estorto lasciando loro solo i mezzi di sostentamento, e dal capitalismo, in cui i lavoratori ricevono una paga, lasciando tutto il plusvalore al proprietario dell’impresa produttiva; distingue anche tutti questi modi dalle forme diverse precedenti le società di classe, in cui c’è meno sfruttamento. […] Penso che analizzare il feudalesimo di tipo A sia […] utile per tre ragioni. In primo luogo, perché sarebbe un errore da parte nostra dimenticare che tutti i sistemi politici, sociali e culturali del Medioevo furono basati sulla coercizione dei contadini, che rappresentavano, in molti luoghi, il 90% e passa della popolazione. In secondo luogo, perché, sebbene molte società del nostro periodo fossero feudali, parecchie zone dell’Occidente postromano e la maggior parte del Nord non romanizzato avevano aristocrazie che non erano ancora riuscite ad imporsi del tutto sui vicini contadini. L’assoggettamento di gran parte dei contadini liberi e l’imposizione di una logica economica feudale sui sopravvissuti […] è un processo sociale di importanza cruciale ma ancora largamente incompreso […]. In terzo luogo, perché il modo di produzione feudale aveva per la verità una sua logica economica specifica […]: la classe dei proprietari terrieri era per lo più separata dal processo produttivo, controllato dai contadini; i primi potevano solo influenzare la produzione con metodi indiretti, quali l’insistenza su particolari tipi di canone (denaro, vino, o frumento piuttosto che orzo), o semplici incrementi forzati dei canoni, che i contadini sabotavano più che potevano […]. I signori invece dominavano nel campo degli scambi: tutti i maggiori progressi e regressi commerciali del periodo medievale possono venire attribuiti alla ricchezza, alla gamma di interessi e ai tipi di consumo dell’aristocrazia, che comprendeva, naturalmente, le chiese e i re […].

Vorrei ora considerare il secondo campo di immagini del feudalesimo, il feudalesimo di tipo B, che nella seconda metà di questo secolo è stato dominato dall’esempio de La societé féodale di Bloch. Che cosa intendeva Bloch per societé féodale? Lo riassunse alla fine del libro in una famosa serie di caratterizzazioni, che meritano di essere citate per intero:


soggezione contadina; in luogo del salario, generalmente impossibile, largo uso della tenure-servizio6, che è, nel senso preciso, il feudo; supremazia di una classe di guerrieri specializzati; vincoli di obbedienza e di protezione che legano l’uomo all’uomo e, in quella classe guerriera, assumono la forma particolarmente pura del vassallaggio; frazionamento dei poteri, generatore di disordine; e, nonostante questo, in mezzo a tutto ciò, la sopravvivenza di altri tipi di raggruppamento: parentela e Stato, quest’ultimo destinato a riprendere, nella seconda età feudale, un vigore nuovo: questi sembrano essere dunque i tratti fondamentali della feudalità europea7.


[…] Quindi Bloch delineava un tipo ideale, un modello di una societé féodale astratta, piuttosto che una descrizione di società reali […] basata su ciò che […] chiamò l’impossibilità del salario. La caratteristica principale, secondo me, dei sistemi politici occidentali dell’alto Medioevo e del Medioevo centrale è il fatto che non imponevano tasse; come risultato, tutte le ricompense per servizi politici dovettero essere non pagamenti in denaro o tesoro, ma cessioni di terre, in possedimento pieno o precario. Ma la disponibilità di terre era limitata, e grande era la difficoltà di reclamarle dagli sleali: ecco quindi il gioco della politica della terra che fu una caratteristica di tutte le società medievali occidentali fino al 1250 al più presto […].

Il rapporto feudo-vassallatico è il feudalesimo di tipo C […]. Ciò che vorrei […] sottolineare è che si tratta di un tipo ideale tanto quanto sono gli altri due. Il feudum è un tipo di proprietà […]; il vassallaggio è un tipo di dipendenza […]. Susan Reynolds ha recentemente presentato una critica completa della coerenza delle istituzioni feudo-vassallatiche, che considera in modo convincente quasi inesistente prima della diffusione dei Libri feudorum e delle analoghe codificazioni legali […] dal tardo XII secolo in poi […].

Vorrei concludere […] indicando, brevemente, alcuni tipici errori, che mi sembrano di poca utilità. Il primo è semplicemente la vaghezza: usare “feudale” come semplice indicatore di cattivi signori, o per l’oppressione dei contadini da parte di uomini armati […]. Il secondo […] è considerare erroneamente come descrizioni i tipi ideali […]. Il terzo è pretendere la supremazia di una definizione di feudalesimo e respingere le altre in quanto illegittime […]. Il quarto errore è mescolare involontariamente questi tipi […]. Un quinto e ultimo errore è considerare i tre tipi come parte di una teleologia, in cui ciascuno conduce “naturalmente” al prossimo.


tratto da Le forme del feudalesimo, in Il feudalesimo nell’alto Medioevo, Settimane di studio del Centro italiano di studi sull’alto Medioevo XLVII (Spoleto, 8-12 aprile 1999), Spoleto 2000

 >> pagina 214

Il LINGUAGGIO della storiografia

Riconduci ciascuna delle seguenti espressioni allo storico che l’ha utilizzata e contestualizzala rispetto alla tesi sostenuta nei testi che hai letto (massimo 5 righe).


a) I sistemi politici, sociali e culturali del Medioevo furono basati sulla coercizione dei contadini.

b) La concentrazione sul vassallaggio ha oscurato le differenze tra un’intera gamma di rapporti sociali e politici.

c) Feudalesimo: società il cui plusvalore è soprattutto quello derivato dalla produzione agricola di tenute contadine familiari.

d) Questa immagine di “società primitiva” è incompatibile con lo stadio attuale delle conoscenze.

Storie A CONFRONTO

Individua la tesi di fondo dei due saggi proposti aiutandoti con lo schema di inizio sezione e compila la seguente scheda di sintesi e comparazione dei documenti.


 

Aboliamo il feudalesimo

Tre modelli di feudalesimo (maneggiare con cura)

TESI

   

ARGOMENTAZIONI

   

PAROLE CHIAVE

   
Cooperative Learning

competenza DIGITALE In gruppi di massimo 5 persone costruite la definizione della parola “Feudalesimo”, facendo riferimento alle tesi esposte nei testi proposti e collocandola nel contesto storico che stiamo studiando. Potete aiutarvi consultando il lemma “Feudalesimo” sull’Enciclopedia online Treccani (www.treccani.it/enciclopedia/feudalesimo/).

Storie. Il passato nel presente - volume 1
Storie. Il passato nel presente - volume 1
Dal 1000 al 1715