Storie. Il passato nel presente - volume 1

Tra gli anni Venti e Trenta del X secolo, la frammentazione politica e territoriale si tradusse in aperto conflitto a seguito dei tentativi di espansione dei principati longobardi di Capua e Salerno ai danni del Ducato di Benevento e dei ducati tirrenici. Tutte le parti in causa furono indotte a procurarsi mercenari tra cavalieri e uomini d’arme italiani e transalpini. Questi ultimi erano in gran parte normanni, che non avendo possibilità di carriera nel Ducato di Normandia, e conoscendo abbastanza bene la realtà dell’Italia meridionale grazie ai pellegrinaggi al Santuario di San Michele arcangelo sul Gargano, cercarono di sfruttare a proprio vantaggio il complesso quadro politico meridionale  [ 7].

Nel 1030 una banda di normanni capitanata da Rainulfo Drengot fu installata dal duca di Napoli nel casale fortificato di Aversa, mentre nel 1041, in occasione di una rivolta antibizantina, Melfi fu occupata da truppe mercenarie al servizio del principe di Salerno Guaimario IV e spartita tra Guglielmo detto “Braccio di Ferro” e Drogone, due dei 14 figli di Tancredi di Hauteville (italianizzato in Altavilla), signore di un modesto territorio nei pressi di Coutances in Normandia. Da quel momento in poi i normanni abbandonarono progressivamente l’attività mercenaria e condussero invece iniziative militari e politiche autonome, attaccando e saccheggiando la Calabria, il Nord della Puglia e Benevento. Papa Leone IX (1049-54), raggiunto dall’invito ad accorrere in difesa della città, allestì un esercito di truppe pontificie e longobarde, ma fu gravemente sconfitto a Civitate, in Puglia, e fatto prigioniero (1053). La circostanza fu superata grazie a un oculato calcolo politico: in cambio del giuramento di fedeltà che i capi normanni concessero al pontefice, questi si garantì potenti alleati in un momento difficile, quello dei più aspri conflitti fra le varie anime della riforma della Chiesa e dei dissidi con l’Impero e la Chiesa di Costantinopoli.

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Il consolidamento della presenza normanna

Nel 1059 Riccardo di Aversa fu investito formalmente del Principato di Capua (di cui s’era già impadronito militarmente) e Roberto d’Altavilla, detto “il Guiscardo” (“l’astuto”, ma con connotazione negativa), del Ducato di Puglia e Calabria e della Sicilia, ancora da conquistare. L’occupazione dell’isola fu condotta congiuntamente da Roberto e dal fratello Ruggero sino al 1072, e continuata dal solo Ruggero sino al 1091. Nel 1088 il papa Urbano II conferì inoltre a Ruggero l’autorità di legato apostolico, che autorizzava lui e i suoi successori ad assumere il pieno controllo sulla disciplina e sulla condotta del clero siciliano. 

Negli stessi anni Roberto completava la conquista dei territori bizantini, occupando Bari (1071), mentre altri capi normanni, per iniziativa di Roberto di Loritello, avviavano l’insediamento in Abruzzo. Oltre a questi tre condottieri carismatici ve ne furono molti altri che, in particolare nella Puglia costiera, svilupparono ambiti di potere autonomi rispetto a Roberto il Guiscardo. A differenza della Sicilia, dove la conquista per mano di un unico capo militare consentì la formazione di un ampio demanio controllato direttamente, nel Mezzogiorno continentale l’invasione normanna ebbe un carattere policentrico, cosa che avrebbe avuto in seguito importanti ripercussioni.

Dopo le prime fasi di saccheggio, la presenza normanna in Italia meridionale si stabilizzò tendenzialmente secondo i caratteri tipici della signoria territoriale, confrontandosi con poteri che già da tempo insistevano su queste aree: dai grandi monasteri (Montecassino, Cava, San Vincenzo al Volturno) agli apparati amministrativi e di governo longobardi, bizantini e arabo-islamici  [ 8]. I normanni cercarono di legittimarsi anche al di là della penisola, intraprendendo una guerra in Epiro contro l’Impero bizantino e partecipando attivamente al movimento crociato [▶ cap. 3.4].

La spinta alla centralizzazione

Nonostante l’instabilità politica del Mezzogiorno continentale e l’opposizione del pontefice Onorio II, il figlio di Ruggero I, Ruggero II (1130-54), alla morte senza eredi dell’ultimo duca di Puglia, Guglielmo, riuscì a imprimere un nuovo corso alla storia del territorio. Approfittando di uno scisma apertosi nella Chiesa di Roma, nel 1130 Ruggero si fece solennemente incoronare re di Sicilia, Calabria e Puglia [ 9] dal rappresentante dell’antipapa Anacleto II: una cerimonia necessaria per dare ulteriore legittimità a una dinastia nascente, sia nei confronti degli altri sovrani europei e mediterranei, sia soprattutto nei riguardi degli altri principi normanni, che continuarono a lungo a mostrarsi ostili al potere monarchico. La stessa Roma avversò questa svolta: nel 1138, morto Anacleto, Innocenzo II (1130-43), pur riconosciuto come papa da Ruggero, mosse con un esercito contro il sovrano normanno, uscendone tuttavia sconfitto, prigioniero e obbligato a confermarne il ruolo.

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Ruggero, e poi i suoi successori Guglielmo I (1154-66) e Guglielmo II (1166-89), impiegarono grandi energie nell’affermare, spesso con spietatezza, un modello politico-ideologico che attingeva a piene mani sia dalla regalità occidentale (definita attraverso la difesa della pace, della giustizia e della Chiesa), sia dai grandi modelli amministrativi orientali, da quello imperiale bizantino a quello califfale fatimide:

  • fu riorganizzata la burocrazia con competenze fiscali (dohanae giudiziarie, animandola con specialisti arabi, latini e greci e centralizzandola a Palermo [▶ luoghi, p.144];
  • il territorio del regno fu suddiviso in aree di competenza di vari ufficiali (camerari, forestari, baiuli, giustizieri), che garantivano la costante presenza regia dinanzi alla Chiesa, agli aristocratici e alle città, sempre percorse da fermenti autonomistici.

I sovrani normanni cercarono anche di imporre la loro supremazia sulle aristocrazie del Mezzogiorno continentale, sostenendo che i poteri da esse esercitati nei propri territori erano, in ultima analisi, delegati dal re, cui spettava un potere supremo. I sovrani stabilirono dunque con i signori locali vari rapporti di subordinazione, alleanza, fedeltà, clientela, patronato religioso, legame parentale, che tendevano inoltre a rafforzare con legami di tipo feudale, come testimoniato dal Catalogus baronum, una sorta di censimento dei milites del regno (sia che essi fossero militarmente soggetti a una signoria, sia che fossero direttamente dipendenti dal re) e dei loro obblighi verso il sovrano.

Storie. Il passato nel presente - volume 1
Storie. Il passato nel presente - volume 1
Dal 1000 al 1715