In Patagonia (B. Chatwin)

In Patagonia


di Bruce Chatwin (autore inglese del XX secolo)

Partito da Buenos Aires con un autobus notturno, un anonimo viaggiatore si dirige a sud, verso l’ultimo lembo di terra del continente sudamericano.

Il brano inizia con il suo arrivo a Bahía Blanca, l’ultima città prima che inizino le sterminate e aride distese della Patagonia.

Bahía Blanca è l’ultimo posto importante prima del deserto della Patagonia. Bill mi lasciò all’albergo vicino alla stazione degli autobus.

La sala del bar era verde, illuminata e gremita di uomini che giocavano a carte. Un giovane contadino stava in piedi, al banco: malfermo sulle gambe ma a testa alta come

un gaucho. Era un bel ragazzo, con capelli neri ricciuti ed era proprio molto ubriaco.


La moglie del proprietario mi mostrò una stanza a due letti, calda, senz’aria, con le pareti rosso-porpora.

La stanza non aveva finestra e la porta dava su un cortile coperto da un lucernario, il prezzo era basso e la donna non accennò al fatto che dovevo dividerla con qualcuno.

Stavo giusto per addormentarmi quando il giovanotto che stava al bar entrò barcollando, si buttò sull’altro letto, cominciò a lamentarsi, poi si tirò su e vomitò. Continuò a vomitare a intervalli per un’ora, poi si mise a russare.

Quella notte non ho dormito sia per il fetore del vomito che per il russare.

Così il giorno dopo, mentre l’autobus attraversava il deserto, guardavo assonnato i brandelli di nuvole d’argento che si spostavano in cielo, e il mare grigioverde di sterpaglia spinosa sparsa sulle ondulazioni del terreno, e la polvere bianca che il vento sollevava dalle saline e, all’orizzonte, la terra e il cielo che si fondevano, mescolando e annullando i loro colori.

La Patagonia comincia sul Río Negro. A mezzogiorno l’autobus attraversò un ponte di ferro sul fiume e si fermò davanti a un bar. 

Una donna india scese col figlio. Con la sua roba aveva occupato due posti. Masticava aglio e portava dei tintinnanti orecchini di oro vero e un cappello bianco rigido, appuntato con spilloni alle trecce. 

Una smorfia di disgusto passò sul volto del figlio mentre la donna trafficava per scendere coi suoi pacchi sulla strada.


Le case del villaggio erano di mattoni, con tubi di stufa neri e sopra un intrico di fili elettrici. Dove finivano le case di mattoni, cominciavano le catapecchie degli indios, fatte con casse da imballaggio, fogli di plastica e tela di sacco.


Un uomo risaliva la strada, con un cappello di feltro marrone tirato giù sulla faccia. Portava un sacco di tela e camminava in mezzo a nuvole di polvere bianca, diretto verso la campagna.

Alcuni bambini, riparati sotto l’arco di una porta, tormentavano un agnello.

Da una capanna usciva il rumore di una radio e di grasso che friggeva. Apparve un braccio rigonfio che gettò un osso a un cane, che lo prese in bocca e scappò via.


Gli indios erano lavoratori emigrati dal Cile meridionale.

Erano indios araucani. Un centinaio d’anni fa gli araucani erano incredibilmente feroci e coraggiosi.

Si dipingevano il corpo di rosso, scorticavano vivi i nemici e succhiavano il sangue dal cuore dei morti. 

L’educazione dei figli consisteva in hockey, cavalcate, bevande alcoliche, arroganza e atletica sessuale.

Per tre secoli gli araucani fecero impazzire di paura gli spagnoli. Nel sedicesimo secolo Alonso de Ercilla scrisse un poema epico in loro onore e lo intitolò La araucana.

Voltaire lo lesse e gli araucani divennero candidati a impersonare il Nobile selvaggio (versione violenta).

Gli araucani sono ancora molto forti e ancor più lo sarebbero se smettessero di bere.


Fuori dal villaggio c’erano piantagioni irrigate di mais e di zucche, e frutteti di ciliegi e di albicocchi.Lungo la riva del fiume i salici erano tutti germogliati e mostravano l’argento che brilla sotto le loro foglie. 

Gli indios avevano tagliato dei vincastri, lasciando sui tronchi delle bianche ferite e nell’aria l’odore della linfa.

Il fiume, gonfio per lo scioglimento delle nevi sulle Ande, scorreva veloce, facendo frusciare le canne.

Rondini rossastre davano la caccia agli insetti. Quando volavano sopra la scogliera, il vento le afferrava e ne invertiva il volo finché calavano di nuovo sul fiume.

La scogliera si elevava a picco sull’approdo di un traghetto.

Mi arrampicai su per un sentiero e dall’alto guardai verso il Cile.

Vedevo il fiume scorrere lucente fra scogliere bianche come ossa, con strisce smeraldine di terra coltivata da ogni lato.

Lontano dalle scogliere c’era il deserto. Nessun suono tranne quello del vento, che sibilava fra i cespugli spinosi e l’erba morta, nessun altro segno di vita all’infuori di un falco e di uno scarafaggio immobile su una pietra bianca.


Il deserto della Patagonia non è un deserto di sabbia o di ghiaia, ma una distesa di bassi rovi dalle foglie grigie, che quando sono schiacciate emanano un odore amaro. Diversamente dai deserti dell’Arabia non ha prodotto nessun drammatico eccesso dello spirito, ma ha certamente un posto nella storia dell’esperienza umana.

Darwin trovò le sue qualità negative irresistibili.

Ricapitolando Il viaggio della Beagle tentò, senza riuscirvi, di spiegare perché, più di tutte le meraviglie da lui viste, questo «arido deserto» aveva tanto colpito la sua mente.

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esercizi

LE TECNICHE E IL GENERE

  • I luoghi descritti sono:
    • veri. 
    • inventati.

  • La descrizione dei luoghi è:
    • impersonale. 
    • emotiva.

  • In questo brano prevalgono le sequenze:
    • descrittive. 
    • riflessive.

Laboratorio sul testo

  • Il narratore sta viaggiando attraverso:
    • la Spagna. 
    • il Sud America.

  • In questo brano il narratore:
    • esprime le sue impressioni e i suoi giudizi su luoghi e persone.
    • descrive i luoghi e le persone senza esprimere le proprie impressioni.

  • Il narratore descrive i luoghi attraverso:
    • le emozioni. 
    • i colori e gli odori.

  • Che cosa ha reso inoffensiva la forza degli indios araucani?
    • L’alcol. 
    • Il lavoro.

  • Chi fu colpito dal deserto della Patagonia?
    • Voltaire. 
    • Darwin.

  • Chi era Darwin?
                                                                                                                                                           .

L'emozione della lettura - Saperi fondamentali
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Narrativa