Doppio indizio (A. Christie)

Doppio indizio


di Agatha Christie (autrice inglese del XIX sec)

A casa di Marcus Hardman vengono rubati dei preziosi gioielli. Il furto è avvenuto durante un piccolo ricevimento, il colpevole quindi deve essere uno degli invitati. La situazione è imbarazzante, per questo il signor Hardman decide di non denunciare il furto alla polizia ma di chiamare un investigatore privato: Hercule Poirot. Hastings, un amico di Poirot, lo accompagna e racconta la vicenda.

«Ma soprattutto... niente pubblicità», disse il signor Marcus Hardman, forse per la quattordicesima volta.

Il signor Hardman era un ometto, di una pinguedine [grassezza] delicata, con mani squisitamente curate e una lamentosa voce tenorile.

A suo modo, era una celebrità e la mondanità era la professione della sua vita.

Era ricco, ma non in modo notevole, e spendeva il denaro per frequentare l’alta società. Il suo hobby era il collezionismo. Pizzi antichi, ventagli antichi, gioielli antichi – niente di volgare e di moderno per Marcus Hardman.


Poirot e io, obbedendo a una pressante [insistente] convocazione, eravamo arrivati e avevamo trovato l’ometto in preda all’angoscia dell’indecisione. Date le circostanze, per lui chiamare la polizia era ripugnante.

D’altro canto, non chiamarla significava accettare la perdita di alcune “perle” della sua collezione. Aveva trovato Poirot come compromesso.

«I miei rubini, monsieur Poirot! E la collana di smeraldi che sembra sia appartenuta a Caterina de’ Medici», si disperava Marcus Hardman.

«Vuole raccontarmi le circostanze in cui sono scomparsi?», propose gentilmente Poirot.

«Ieri pomeriggio ho dato un piccolo tè... qui, una cosa senza pretese, una mezza dozzina di persone più o meno. Be’, all’inizio del pomeriggio stavo mostrando ai miei ospiti la mia collezione di gioielli medievali. Li tengo in una piccola cassaforte laggiù. Quindi abbiamo esaminato i ventagli, in quella vetrinetta sulla parete. Poi siamo passati tutti nello studio per sentire la musica. Solo dopo che se ne sono andati tutti ho scoperto che la cassaforte era stata svuotata. Devo averla chiusa male e qualcuno ha colto l’occasione per farne sparire il contenuto. I rubini, monsieur Poirot, la collana di smeraldi... una collezione per cui ho speso [dedicato] una vita! Che cosa non darei per riaverli! Ma non ci deve essere pubblicità! Sarebbe uno scandalo terribile!»


«Chi è stata l’ultima persona a lasciare questa stanza quando siete passati nello studio per il concerto?»

«Il signor Johnston. Forse lo conosce? Il miliardario sudafricano. Ma certamente non può trattarsi di lui!»

«Qualcuno degli ospiti è tornato in questa stanza durante il pomeriggio, con qualche pretesto [scusa]

«Tre di loro. La contessa Vera Rossakoff, il signor Bernard Parker e Lady Runcorn.»

«Mi parli di loro.»

«La contessa Rossakoff è una deliziosa signora russa, appartenente al vecchio regime. È venuta in questo paese da poco. Mi aveva già salutato, quindi sono rimasto un po’ stupito nel ritrovarla in questa stanza in estasi davanti alla vetrinetta dei ventagli. Sa, monsieur Poirot, più ci penso più mi sembra sospetto. Non è d’accordo?»

«Oltremodo sospetto. Ma sentiamo degli altri.»

«Bernard Parker è venuto qui soltanto per prendere una scatola di miniature che ero ansioso di [desideravo molto] mostrare a Lady Runcorn.»

«E Lady Runcorn?»

«Come saprà, Lady Runcorn è una donna di mezza età, di notevole forza di carattere, che dedica quasi tutto il proprio tempo alla beneficenza. Si è limitata a tornare qui per cercare la borsetta che aveva lasciata da qualche parte.»


«Bien, monsieur. Quindi abbiamo quattro possibili sospetti. La contessa russa; la lady inglese, il miliardario sudafricano e il signor Bernard Parker. Chi è, tra l’altro, il signor Parker?»

La domanda parve imbarazzare il signor Hardman.


«È... ehm... un giovanotto. Un giovanotto che conosco.»

«Come è diventato suo amico?»

«Be’ in alcune... occasioni ha fatto delle piccole commissioni per me.»

«Continui, monsieur», disse Poirot.

Hardman lo guardò con aria infelice.

Manifestamente [chiaramente] l’ultima cosa che voleva fare era continuare. Ma poiché Poirot manteneva un silenzio inesorabile, capitolò [si arrese].


«Vede, monsieur Poirot, è risaputo che io sono interessato ai gioielli antichi. A volte c’è un’eredità di famiglia che qualcuno vorrebbe vendere ma senza farlo sapere in giro. Una vendita privata a me, però, è una cosa del tutto diversa. È Parker che organizza queste cose e così si evita qualsiasi imbarazzo. Per esempio, la contessa Rossakoff ha portato con sé dalla Russia alcuni gioielli di famiglia. È ansiosa di venderli. Parker avrebbe dovuto concludere la transazione [l’affare]

«Capisco», commentò Poirot pensosamente. «E lei si fida completamente di lui?»

«Non ho ragione per fare diversamente.»

«Signor Hardman, di queste quattro persone quale sospetta?»

«Oh, monsieur Poirot, che domanda! Sono amici. Non ne sospetto nessuna... o sospetto di tutte, come preferisce lei.»

«Non sono d’accordo. Sospetta di una delle quattro. Non è la contessa Rossakoff. Non è il signor Parker. Lady Runcorn, oppure il signor Johnston?»

«Mi mette alle strette, monsieur Poirot. Sono ansiosissimo di non avere scandali. Lady Runcorn appartiene a una delle più antiche famiglie d’Inghilterra. Ma è anche vero che sua zia, Lady Caroline, soffriva di una tristissima malattia. Naturalmente tutti gli amici ne erano al corrente e la cameriera restituiva i cucchiaini, o quello che era, al più presto possibile.»

«Dunque Lady Runcorn aveva una zia cleptomane? Molto interessante. Mi permette di esaminare la cassaforte?»

Con il consenso del signor Hardman, Poirot aprì lo sportello della cassaforte e ne esaminò l’interno.

«Nemmeno ora lo sportello è chiuso bene», mormorò Poirot, smuovendolo avanti e indietro. «Mi chiedo come mai! Ah, che cosa abbiamo qui? Un guanto, impigliato nel cardine.

Un guanto da uomo.» Lo porse al signor Hardman.

«Non è mio», dichiarò quest’ultimo.

«Ah! C’è qualcos’altro!» Poirot si chinò e prese dal fondo della cassaforte un minuscolo oggetto.

Un portasigarette piatto, rivestito di raso nero.


«Il mio portasigarette!», esclamò il signor Hardman.

«Suo? No di certo, monsieur. Queste non sono le sue iniziali.»

Hardman prese il portasigarette in mano.

«Ha ragione. È molto simile al mio, ma le iniziali sono diverse. Una “B” e una “P”. Santo cielo, Bernard Parker!»

«Sembrerebbe!», disse Poirot. «Un giovanotto un po’ distratto... soprattutto se anche il guanto è suo. Sarebbe un doppio indizio, no?»

«Bernard Parker!», mormorò Hardman. «Che sollievo! Bene, monsieur Poirot, lascio a lei il compito di riavere i gioielli. Metta pure la cosa nelle mani della polizia, se le pare il caso... se, cioè, è sicuro che il colpevole sia lui.»

***


«Vede, amico mio», disse Poirot, mentre uscivamo insieme dalla casa di Hardman, «Marcus Hardman ha una legge per i nobili e un’altra per i comuni mortali.

Io sto dalla parte dei comuni mortali. Provo simpatia per quel giovanotto. Tutta la storia è un po’ strana, vero? Hardman sospettava di Lady Runcorn. Io sospettavo della contessa e di Johnston, il miliardario sudafricano.

E invece per tutto questo tempo il nostro uomo era l’oscuro signor Parker».

«Perché sospettava degli altri due?»

«Perché chiunque può farsi passare per una contessa russa. E chiunque può comperarsi una casa in Park Lane e farsi passare per un miliardario sudafricano. Chi li contraddirà? Ma vedo che stiamo passando per Bury Street. Parker, il nostro amico giovane e distratto abita qui. Vogliamo, come dice lei, battere il ferro finché è caldo


Il signor Bernard Parker era in casa. Lo trovammo sdraiato su un paio di cuscini, avvolto in una stupefacente vestaglia arancione e viola. Raramente ho provato un’antipatia più forte verso qualcuno come quella che provai istantaneamente per quel giovanotto.


«Buongiorno, monsieur», disse Poirot con tono vivace. «Vengo ora dal signor Hardman. Ieri, alla festa, qualcuno gli ha rubato i gioielli. Posso chiederle, monsieur, se è suo questo guanto?»

I meccanismi mentali del signor Parker non sembravano scattare molto rapidamente. Fissò il guanto quasi stesse cercando di raccogliere le idee.

«Dove l’ha trovato?», chiese alla fine.

«È suo, monsieur

II signor Parker parve aver deciso. «No, non è mio», rispose.

«E questo portasigarette è suo?»

«No di certo. Io ne ho uno d’argento.»

«Benissimo, monsieur. Vado a mettere le cose nelle mani della polizia.»

«Oh, un momento, non lo farei se fossi in lei», esclamò il signor Parker piuttosto preoccupato. «Gente molto poco comprensiva, la polizia. Aspetti un momento! Andrò dal vecchio Hardman. Ehi senta, oh, si fermi un momento... »

Ma Poirot batté in una decisa ritirata.


***


«Gli abbiamo dato qualcosa da pensare, vero?», chiese ridacchiando Poirot. «Domani vedremo che cosa è successo.»


Ma era destino che ci saremmo ancora occupati del caso Hardman quello stesso pomeriggio. 

Senza il minimo preavviso la porta dello studio di Poirot si spalancò e un turbine in forma umana invase la nostra privacy, trascinandosi appresso un ondeggiare di visoni e un cappello sul quale svettavano piume di struzzo.

La contessa Rossakoff era una personalità piuttosto conturbante.


«Lei è monsieur Poirot? Che cosa ha fatto? Accusare quel povero ragazzo! È infame. È scandaloso. Lo conosco.

È un pollastrino, un agnellino... non ruberebbe mai e poi mai. Mi ha aiutata molto. E io devo starmene in disparte a vederlo martirizzare e squartare?»

«Mi dica, madame, questo portasigarette è del ragazzo?»

Poirot tese il portasigarette di raso nero.

La contessa tacque per un attimo mentre lo osservava.

«Sì è suo. Lo conosco bene. E con questo? L’avete trovato nella stanza? Ma eravamo tutti lì. L’ha lasciato cadere, suppongo. Ah, voi poliziotti siete peggio delle Guardie Rosse...»

«E questo guanto?»

«Come faccio a saperlo? Un guanto è uguale a un altro.

Non tenti di fermarmi... deve essere liberato. La sua figura deve essere riabilitata. Venderò i miei gioielli e le darò molto denaro.»

«Madame...»

«È inteso, allora? No, non discuta. Povero ragazzo! È venuto da me con le lacrime agli occhi. “Ti salverò”, gli ho detto. “Andrò da quell’uomo, da quel mostro! Lascia fare a Vera.”

E adesso che la cosa è a posto me ne vado.»

Così come era arrivata volò fuori della stanza, lasciandosi dietro una scia di profumo dalla fragranza esotica.

«Che donna!», esclamai. «E che pelliccia!»

«Ah, sì, ed era abbastanza preziosa come pelliccia...

Una contessa fasulla potrebbe avere una pelliccia vera?

Sto scherzando, Hastings. No, è veramente russa, penso.

Bene, bene, dunque, il nostro piccolo Bernard Parker è andato da lei a piangere.»


«Il portasigarette è suo», dissi. «Mi chiedo se anche il guanto...»

Con un sorriso Poirot estrasse di tasca un secondo guanto e lo mise accanto al primo.

Non c’era dubbio sul fatto che erano un paio di guanti uguali. «Dove ha trovato il secondo, Poirot?»

«Era con un bastone da passeggio su una mensola nell’ingresso del signor Parker. Veramente un giovanotto molto distratto. Bene, bene, mon ami, dobbiamo andare fino in fondo. Solo per pura formalità farò una visitina in Park Lane, al miliardario sudafricano.»

Inutile dire che [Ovviamente] accompagnai il mio amico.

Johnston era fuori, ma parlammo con la sua segretaria.

Risultò che Johnston era arrivato dal Sud Africa solo di recente. Non era mai stato in Inghilterra prima.

«È interessato alle pietre preziose?», chiese Poirot.

«Piuttosto alle miniere d’oro!», rispose ridendo la segretaria.

Poirot uscì da quella casa piuttosto pensieroso.

Nella tarda serata, con mia totale sorpresa, lo trovai assorto nello studio di una grammatica russa.

«Santo Cielo, Poirot! Sta imparando il russo per conversare nella sua lingua con la contessa russa? I nobili russi, Poirot, parlano tutti il francese!»

«Lei è una miniera di informazioni, Hastings. Smetterò di rompermi la testa sulle difficoltà dell’alfabeto russo.»

Scaraventò il libro con gesto melodrammatico.

Non ero del tutto soddisfatto.

C’era nei suoi occhi una luce che conoscevo da tanto tempo.

Era invariabilmente [sempre] il segno che Poirot era contento di sé.

«Forse dubita che sia veramente russa? La vuole mettere alla prova?», chiesi.

«Oh, no, è proprio russa.»

«Be’, allora...»

«Se vuole veramente farsi onore in questo caso, Hastings, le consiglio di leggersi Primi passi in russo, avrà un aiuto preziosissimo per risolvere il caso.»

Poi rise e non volle aggiungere altro.

Presi il libro da terra e cominciai a guardarlo curioso, ma non riuscii lo stesso a capire il motivo delle parole di Poirot.

Il mattino seguente non ci portò alcuna notizia, ma questo non parve preoccupare il mio amico.

Durante la prima colazione annunciò che intendeva andare a trovare il signor Hardman.

Trovammo il farfallone mondano a casa, apparentemente più calmo del giorno prima.

«Bene, monsieur Poirot, notizie?», chiese impaziente.

Poirot gli porse un foglietto.

«Questa è la persona che ha preso i gioielli, monsieur.

Devo affidare la cosa alla polizia, oppure preferisce riaverli senza far intervenire la polizia nella faccenda?»

Il signor Hardman fissava il foglietto. Alla fine ritrovò la voce.

«Sbalorditivo. Preferirei che non ci fossero scandali. Le do carta bianca, monsieur Poirot. Sono sicuro che sarà discreto.»


Il nostro passo successivo fu fermare un tassì e Poirot ordinò all’autista di portarci all’Hotel Carlton.

Lì chiese della contessa Rossakoff. Pochi minuti dopo fummo introdotti nell’appartamento della nobildonna.

Ci venne incontro con le mani tese, avvolta in un meraviglioso negligé a disegni orientali.

«Monsieur Poirot!», esclamò. «Ci è riuscito? Ha riabilitato quel povero fanciullo dai sospetti?»

«Madame, il suo amico, il signor Parker, non corre alcun rischio di essere arrestato.»

«Ah, ma lei è proprio un ometto in gamba! Stupendo! E così alla svelta, per di più!»

«D’altro canto ho promesso al signor Hardman che i gioielli gli saranno restituiti oggi. Quindi, madame, le sarò obbligatissimo se vorrà metterli immediatamente nelle mie mani. Mi spiace farle fretta ma ho un tassì di sotto che mi aspetta... nel caso fossi costretto ad andare a Scotland Yard. E noi belgi, madame, abbiamo il vizio dell’economia.»


La contessa si era accesa una sigaretta. Per qualche istante rimase assolutamente immobile, mandando anelli di fumo nell’aria e guardando con fermezza Poirot.

Poi scoppiò a ridere e si alzò. Si avvicinò allo scrittoio, aprì un cassetto e ne tolse una borsettina di seta nera. La gettò con leggerezza a Poirot.

Il tono della sua voce, quando parlò, era perfettamente calmo e gaio. «Invece noi russi abbiamo il vizio della prodigalità [generosità]», rispose. «E per pagarcelo, ci serve denaro. Non è necessario che controlli. Ci sono tutti.»

«Mi congratulo, madame, per la sua intelligenza pronta e per la sollecitudine.»

«Ah! Ma dato che il tassì l’aspetta, che altro potevo fare?»

«Lei è troppo amabile, madame. Si tratterrà a lungo a Londra?»

«Temo di no... grazie a lei.»

«Accetti le mie scuse.»

«Ci ritroveremo altrove, forse.»

«Lo spero.»

«E io no!», esclamò la contessa con una risata. «Ed è un grande complimento che le faccio: vi sono pochissimi uomini dei quali ho paura. Addio, monsieur Poirot.»

«Addio, madame. Ah, perdoni, dimenticavo! Mi consenta di restituirle il portasigarette.»

E con un inchino le porse il portasigarette di raso nero

che avevamo trovato nella cassaforte. Lei lo accettò senza che una linea del suo viso si alterasse... si limitò a sollevare un sopracciglio e a mormorare: «Capisco!».


«Che donna!», esclamò Poirot entusiasta mentre scendevamo le scale. «Non una parola di discussione... di protesta... di bluff. Una rapida occhiata e ha capito la situazione al volo. Le dico, Hastings, che una donna in grado di accettare la sconfitta così, con un sorriso scanzonato, andrà lontano!

È pericolosa, ha nervi d’acciaio. È...» Inciampò pesantemente.

«Se riesce a moderare l’entusiasmo e a guardare dove mette i piedi», proposi io, «andrebbe meglio. Quando ha cominciato a sospettare della contessa?»

«Mon ami, sono stati il guanto e il portasigarette, il doppio indizio, diciamo... a preoccuparmi. Bernard Parker avrebbe benissimo potuto lasciar cadere l’uno o l’altro, ma certo non entrambi. Ah, no! Sarebbe stato troppo distratto! Allo stesso modo, se qualcun altro ce li aveva messi per incriminare Parker, uno sarebbe stato sufficiente e non entrambi. Quindi sono stato costretto a concludere che uno dei due oggetti non apparteneva a Parker. Prima ho immaginato che il portasigarette fosse suo e il guanto no. Ma quando ho scoperto l’altro guanto ho capito che era il contrario. Di chi era dunque il portasigarette? Chiaramente non poteva appartenere a Lady Runcorn. Le iniziali non erano quelle.

A Johnston? Solo se viveva sotto falso nome.

Ho parlato con la segretaria ed è subito apparso chiaro che tutto in lui era al di sopra di ogni sospetto. La contessa, allora? Che cosa c’era di più facile per lei che prendere uno dei guanti di Parker e cacciarlo nella cassaforte? Ma certo non intendeva lasciarvi cadere il portasigarette che le apparteneva!»


«Ma se il portasigarette era suo, come mai aveva incise le iniziali “B.P.”? Le iniziali della contessa sono “V.R.”, no?»

Poirot mi sorrise con dolcezza.

«Esatto, mon ami. Ma nell’alfabeto russo la V si scrive come una B e la R si scrive come una P.»

«Be’, non potevo indovinare. Non conosco il russo.»

«Neppure io, Hastings. Per questo ho comperato quel libro e ho insistito perché lo esaminasse anche lei!»

Poirot sospirò. «Una donna notevole. Ho la sensazione, amico mio, che la ritroverò. Ma mi chiedo, dove?»

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esercizi

LE TECNICHE E IL GENERE

  • I fatti descritti sono:
    • verosimili.
    • inverosimili.
     
  • Il brano è composto soprattutto da:
    • sequenze descrittive.
    • sequenze dialogate.
     
  • Nella gerarchia dei personaggi, il narratore di questo brano ha il ruolo di:
    • protagonista.
    • antagonista. 
    • aiutante. 
    • oppositore.
     
  • I sospettati sono:
    • tipi.
    • individui

LABORATORIO SUL TESTO

  • Che cosa insospettisce Poirot?
                                                                                                                                                           .
  • Quale indizio è stato messo dal colpevole per far sospettare qualcun altro?
                                                                                                                                                           .
  • Quale indizio è il vero indizio?
                                                                                                                                                           .
  • Perché i sospettati si riducono a quattro?
                                                                                                                                                           .
  • Hardman si rivolge a Poirot e non alla polizia perché:
    • i suoi affari sono poco puliti.
    • non vuole coinvolgere nelle indagini i suoi amici ricchi.
     
  • Che cosa scopre Poirot consultando la grammatica russa?
                                                                                                                                                           .
  • Poirot ammira la contessa perché:
    • è bella e affascinante. 
    • sa controllare le sue reazioni e sa accettare la sconfitta.

  • Bernard Parker è definito oscuro, cioè:
    • poco noto.
    • misterioso.
     
  • “Ho mostrato ai miei ospiti i gioielli. Quindi abbiamo esaminato i ventagli.” In questa frase puoi sostituire “quindi” con:
    • per questo.
    • poi.
     
  • “Mi aveva già salutato, quindi sono rimasto un po’ stupito di ritrovarla lì.” In questa frase puoi sostituire “quindi” con:
    • per questo.
    • poi.

L'emozione della lettura - Saperi fondamentali
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Narrativa