Il leone, la volpe e il cervo
di Esopo (autore greco del VII - VI sec. d.C.)
di Esopo (autore greco del VII - VI sec. d.C.)
Un leone giaceva ammalato in una caverna e disse alla volpe che gli era affezionata e veniva a visitarlo:
La volpe andò, trovò il cervo che scorrazzava tra i boschi, e, tutta complimentosa, lo salutò, dicendogli:
«Sono venuta a portarti una bella notizia. Il leone nostro re è ammalato e ormai in punto di morte. Egli ha dunque pensato a quale bestia dovrà succedergli nel regno. Il cinghiale è uno stupido, ha detto, l’orso è balordo, la pantera è collerica, la tigre è tutta fanfaronate. Il più adatto a fare il re è il cervo, che ha una bella statura, che vive per molti anni, che con le corna fa paura ai serpenti... Ma perché farla lunga? In conclusione, sei stato scelto per essere re. Se dài retta a me che son vecchia, ti consiglio di venire e di stargli vicino finché non muore». Così disse la volpe.
A queste parole il cervo si montò la testa e, ignaro di quel che l’aspettava, s’avviò verso la caverna. Quando il cervo fu nella caverna, il leone si precipitò su di lui, ma riuscì soltanto a lacerargli le orecchie con gli artigli, mentre quello riparava di corsa tra i boschi.
La volpe batté le mani, disperata d’aver sprecato le sue fatiche. Il leone piangeva vinto dalla fame e dal dolore e scongiurava la volpe di fare un’altra prova, e di escogitare [ideare] uno stratagemma per portargli di nuovo il cervo.
Quella gli rispose: «Difficile e faticoso è quel che tu mi ordini. Tuttavia ti presterò ancora il mio aiuto».
E come un segugio la volpe andò dietro al cervo domandando ai pastori se avevano veduto un cervo insanguinato.
Quelli la indirizzarono nel bosco, dove essa lo trovò che riprendeva fiato, e sfacciatamente gli si fermò davanti.
Il cervo, pieno d’ira e con il pelo rabbuffato, gridò:
«Non mi prenderai più, sporca bestiaccia; se ti avvicini a me sei morta. Va’ a volpeggiare con quelli che non ti conoscono. Va’ a scegliere un altro per farlo re e per montargli la testa».
E la volpe rispose:
«Ma perché sei vile e pauroso? Perché sospetti di noi, tuoi amici? Il leone t’aveva afferrato per le orecchie perché voleva darti prima di morire dei suggerimenti e delle istruzioni sulla tua importante missione di re. E tu non sei stato capace di sopportare il graffio della zampa d’un povero malato!
Ora egli è adirato con te e vuol lasciare il regno al lupo. Ahimè, che brutto padrone! Ma su, vieni, non aver paura, e non comportarti come una pecora. Ti giuro, per tutte le foglie e per tutte le fonti, che il leone non ti farà nulla di male. Quanto a me, sarò soltanto ai tuoi servizi».
Ingannando in tal modo il disgraziato, lo indusse a tornare dal leone. E quando il cervo fu entrato nella caverna, il leone ebbe il suo pranzo e si succhiò tutte le ossa, le midolla e le viscere del cervo.
La volpe stava là a guardarlo.
Cadde per terra il cuore, ed essa l’afferrò e se lo mangiò come compenso delle sue fatiche.
Il leone, intanto, non riusciva a trovare il cuore.
La volpe, fermandosi un po’ lontano, gli disse: «Ma quello, di cuore non ne aveva. Inutile cercare; che cuore vuoi che avesse uno che per due volte è venuto nella tana, anzi proprio tra le zampe del leone?».