Unità 1 Il Neoclassicismo

Le coordinate dell’arte

L’ingresso nell’età contemporanea 

La Rivoluzione industriale, che prese avvio in Gran Bretagna negli anni Trenta del Settecento per poi diffondersi in tutta Europa nella seconda metà del secolo, comportò cambiamenti importanti in numerosi ambiti tanto da inaugurare una nuova epoca, quella contemporanea. L’incremento della capacità produttiva (che trova la sua massima espressione nell’invenzione delle macchine a vapore, del telaio meccanico e delle nuove tecniche siderurgiche dell’altoforno alimentato a carbone fossile) si accompagnò all’ampliamento su scala globale delle rotte commerciali, determinando la definitiva affermazione dell’odierna società capitalistica.
Al progresso tecnologico corrispose anche quello culturale e sociale: le riflessioni del filosofo britannico John Locke sul diritto naturale e sulla sovranità popolare aprirono infatti la strada ai filosofi dell’Illuminismo che fissarono alcuni capisaldi della nuova organizzazione dello Stato: l’allargamento della rappresentanza popolare attraverso il voto, la divisione dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario, l’istituzione dell’istruzione minima obbligatoria, l’abolizione della schiavitù e della pena di morte. Le monarchie europee, e con esse la classe aristocratica in generale, consapevoli dell’irreversibilità delle trasformazioni in corso, recepirono, se pur col chiaro intento di mantenere ben salda la propria autorità, molte delle istanze dagli illuministi. Regnanti come Federico II di Prussia, Maria Teresa d’Austria, Carlo III di Borbone, Caterina II di Russia, Pietro Leopoldo di Toscana e, nel caso dello Stato della Chiesa, papa Clemente XIV avviarono importanti programmi di riforma economica e sociale. Tale politica, oggi definita assolutismo illuminato, non riuscì tuttavia a evitare che le rivendicazioni delle classi borghesi e popolari giungessero infine a minare il potere monarchico sfociando nell’aperto scontro sociale della Rivoluzione francese.

Il recupero dell’antichità 

È interessante notare come, parallelamente al verificarsi di svolte epocali nella cultura, nell’economia e nella società, lo studio dell’arte dell’antichità classica torni invece ad assumere un ruolo di assoluta centralità nelle ricerche artistiche. Le origini di tale fenomeno possono individuarsi nell’accrescimento della passione antiquaria già riscontrata all’inizio del secolo e che ora viene ulteriormente alimentata dall’avvio delle campagne di scavo a Ercolano (1738) e Pompei (1748); l’eccezionalità di questo evento trova immediata e vasta eco nel resto d’Europa grazie ai gentiluomini impegnati nel Grand Tour (fenomeno che proprio nel Settecento tocca il suo apice). L’approccio all’Antico risente inevitabilmente del medesimo carattere analitico e razionale alla base dell’Illuminismo, comportando la nascita dell’archeologia moderna che opera secondo procedimenti propriamente scientifici. Ora i reperti sono catalogati, datati e confrontati; si inizia a distinguere l’arte romana da quella greca, a individuare con maggiore esattezza le periodizzazioni dell’arte antica e le aree specifiche di provenienza dei diversi manufatti.
Figura di eccezionale caratura è quella dello studioso tedesco Johann Joachim Winckelmann, il quale trova nella collaborazione con il cardinale Alessandro Albani (il più grande collezionista di antichità dell’epoca) e, successivamente, nel ruolo di Prefetto per le antichità dello Stato pontificio la possibilità di studiare direttamente le opere greche e romane; tali ricerche saranno infine sistematizzate nella sua Storia dell’Arte dell’Antichità pubblicata nel 1764. Tuttavia, è importante considerare come l’atteggiamento filologico derivante dall’approccio della nuova archeologia non implichi un’adozione acritica dei modelli antichi ma, anzi, aiuti la consapevole acquisizione del linguaggio classico, che è intenzionalmente scelto come il più adatto a veicolare i nuovi valori progressisti. Lo stesso Winckelmann del resto, nelle sue Considerazioni sull’imitazione delle opere greche nella pittura e nella scultura, pubblicato a Dresda nel 1755 alla vigilia della sua partenza per l’Italia, esorta a non copiare gli artisti greci ma a operare con il loro stesso spirito. Alla metà del secolo, dunque, la semplice passione antiquaria e collezionistica si trasforma in qualcosa di nuovo: il linguaggio classico da ora in poi sarà considerato il più idoneo a recuperare l’originaria semplicità naturale che i pensatori illuministi auspicavano si trovasse alla base della fondazione di una nuova umanità. Non è un caso che la fine dell’arte neoclassica coincida convenzionalmente con la caduta di Napoleone (nel 1815), il quale aveva contribuito alla diffusione della nuova idea di società scaturita dalla Rivoluzione.

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IL TEMPO
LE OPERE 
1760-1761   Anton Raphael Mengs, Il Parnaso
1773 Clemente XIV chiude la Compagnia di Gesù  
4 luglio 1776 Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America  
1776-1778 Giuseppe Piermarini, Teatro alla Scala
1779   Antonio Canova, Dedalo e Icaro  
1783 Pace di Versailles; riconoscimento dell’Indipendenza degli Stati Uniti    
1784   Jacques-Louis David, Giuramento degli Orazi
1786 Pietro Leopoldo di Toscana abolisce la pena di morte    
1787-1793   Antonio Canova, Amore e Psiche
14 luglio 1789 Presa della Bastiglia a Parigi, inizio della Rivoluzione francese  
21 settembre 1792 In Francia è proclamata la Repubblica  
1793   Jacques-Louis David, Marat assassinato
1796-1797 Napoleone guida la Campagna d’Italia  
1798-1805   Antonio Canova, Monumento funebre a Maria Cristina d’Asburgo
1799 Napoleone primo console  
1800
1800-1801   Jacques-Louis David, Napoleone Bonaparte al passaggio del Gran San Bernardo
1804 Napoleone imperatore  
1814   Jean-Auguste-Dominique Ingres, La grande odalisca
1815 Battaglia di Waterloo  
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Le accademie e i musei 

Centri propulsori per l’elaborazione del linguaggio neoclassico sono le accademie, che nel corso del XVIII secolo vengono aperte in tutte le maggiori città europee, sostituendo così il consueto sistema dell’apprendistato in bottega. I più importanti artisti iniziano a insegnare in quelle che assomigliano sempre più a vere e proprie scuole pubbliche, dotate spesso di una biblioteca, di una raccolta di copie antiche e di un museo, dove all’insegnamento pratico si affianca quello teorico. A loro si deve l’incremento della circolazione degli artisti (come nel caso dell’Accademia di Francia che offriva ai giovani più promettenti un lungo soggiorno di studio a Roma), ma anche un’importante e diretta influenza sui progetti statali ai quali spesso sovrintendevano.
In questo periodo nasce anche il museo secondo la concezione odierna: un luogo aperto al pubblico che risponda alle funzioni di restauro, conservazione, catalogazione e studio del patrimonio artistico. Nel 1734 aprono al pubblico le collezioni papali conservate al Campidoglio e nel 1753 viene fondato il British Museum. A partire dal 1769 inizia a essere visitata la Galleria degli Uffizi e pochi anni dopo prende avvio in Vaticano la costruzione del Museo Pio-Clementino, il primo edificio progettato appositamente per soddisfare le esigenze di ordinamento ed esposizione delle opere. Nel 1791 la Costituente, il governo provvisorio rivoluzionario francese, decreta l’accesso pubblico alle collezioni d’arte conservate nel palazzo del Louvre.

Forma, funzioni e idee

L’arte acquisisce sempre più una dimensione pubblica: viene insegnata nelle accademie, divulgata attraverso i musei e utilizzata per illustrare importanti eventi storici, diffondendo insegnamenti morali e senso di patria attraverso i monumenti. La funzione educativa assegnata alla pittura e alla scultura determina il punto di contatto più evidente con il pensiero illuminista e, allo stesso tempo, ci spiega perché il linguaggio figurativo classico venga consapevolmente scelto come il più adatto a rappresentare la realtà del tempo e a incarnarne i valori: infatti, esso è in grado di concretizzare il messaggio in una forma che è contemporaneamente autorevole, solenne, ma anche chiara, razionale e di facile comprensione. Gli eventi della storia antica servono a esprimere l’etica rivoluzionaria, a esaltare le virtù civili e a spronare all’azione, ma accade anche che la forma classica sia usata per narrare gli eventi d’attualità: per esempio, Jacques-Louis David, artista che partecipa alla Rivoluzione come rappresentante giacobino nella Convenzione, nel bozzetto preparatorio del Giuramento della Pallacorda ritrae i protagonisti nudi come atleti greci. Similmente, Antonio Canova recupera il modello del ritratto imperiale d’epoca augustea per effigiare un altro grande rivoluzionario del tempo, il generale George Washington.
Se pittura e scultura svolgono un ruolo prevalentemente educativo, le ricerche architettoniche puntano al più alto grado di compimento dell’ideale antico: l’identità di bellezza e funzionalità. Claude-Nicolas Ledoux, in particolare, spoglia di ogni orpello decorativo le forme dell’architettura antica, creando volumi nitidi e rigorosi dove la precedenza assoluta è riservata alla dislocazione degli spazi in base alla destinazione d’uso dell’edificio. Anche il recupero di un rapporto armonioso tra Uomo e Natura, centrale nella riflessione di Jean-Jacques Rousseau, diviene uno dei temi principali dell’architettura neoclassica: le teorie di Vitruvio, ma ancor di più gli esempi delle ville di campagna realizzate da Palladio, divengono oggetto di attenta rivalutazione. Un esempio perfetto di integrazione tra edificio e ambiente circostante sono le saline reali costruite presso Arc-et-Senans su progetto di Ledoux.
Perfettamente in linea con la volontà illuminista di organizzazione razionale è anche il grande impegno di sistemazione urbanistica delle città: a Milano Giuseppe Piermarini (architetto ufficiale di Maria Teresa d’Austria e direttore dell’Accademia di Brera) apporta modifiche all’assetto viario cittadino in occasione della costruzione di Palazzo Reale e del Teatro alla Scala, ma anche della Villa di Monza; mentre, in epoca napoleonica, una squadra di architetti lavora al cosiddetto Piano dei Rettifili, che prevede la costruzione di nuove porte cittadine (significativamente ribattezzate “propilei”) e di nuovi viali rettilinei che da queste convergono verso il centro della città. Insieme a Milano, anche Roma e Napoli, sedi dei governi satellite della Francia di Napoleone, sono oggetto di importanti lavori di risistemazione.
Il recupero dell’Antico operato nel XVIII secolo ha dunque una valenza rivoluzionaria e progressista, non retorica o nostalgica; l’arte vuole essere direttamente responsabile e partecipe della costruzione di una nuova società, ed è in virtù di questa intima connessione con l’avvento della nuova epoca che possiamo considerare l’arte neoclassica come la prima manifestazione dell’arte contemporanea.

GUIDA ALLO STUDIO
I concetti chiave
  • Quando: l’arte neoclassica si sviluppa tra la metà del XVIII e i primi anni del XIX secolo. Nascono in questo periodo la storia dell’arte e l’archeologia su basi scientifiche.
  • Le caratteristiche: l’arte del secondo Settecento acquisisce una dimensione pubblica (accademie, musei). Il linguaggio figurativo dell’antichità classica è scelto per veicolare la nuova visione della società espressa dall’Illuminismo grazie alla sua autorevolezza e alla sua chiarezza.
  • L’architettura: mira all’identità tra “bello” e “funzionale”.

Contesti d’arte - volume 3
Contesti d’arte - volume 3
Dal Neoclassicismo a oggi