Giovanni Michelucci

8.22 Giovanni Michelucci

Tra gli architetti italiani formatisi nel periodo razionalista Giovanni Michelucci (Pistoia 1891- Fiesole 1990) rappresenta una figura del tutto eccezionale, capace di rinnovare in tanti anni di attività professionale il suo linguaggio espressivo e superare le correnti culturali predominanti. Il razionalismo delle sue prime opere, per esempio, ha dei tratti del tutto personali e svela fin dagli esordi una sensibilità non comune. Fin da ragazzo respira lo spirito artigianale della bottega di ferro battuto della sua famiglia: le fonderie Michelucci. Si forma presso l’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze e poi si trasferisce a Roma dove inizia l’attività professionale, prendendo parte al grande progetto della Città Universitaria, dove progetta, tra il 1932 e il 1935, l’Istituto di Mineralogia, Geologia e Paleontologia. A Firenze è uno dei fondatori della Facoltà di Architettura di cui sarà anche preside e padre di quella corrente di pensiero denominata “la scuola fiorentina”. Fonda e dirige “La Nuova Città”, rivista che, soprattutto negli ultimi anni, lo vede culturalmente impegnato sul fronte sociale con l’architettura degli ospedali e delle carceri.
Giovanni Michelucci è stato un grande architetto che ha insegnato a mettere l’uomo al centro dell’architettura e della città, attraverso una visione aperta e corale dello spazio, con un grande senso del bene pubblico e collettivo.

Stazione ferroviaria di Santa Maria Novella 

È il primo importante edificio realizzato da Michelucci. Per partecipare al concorso di progettazione egli aveva costituito con alcuni allievi (Nello Baroni, Pier Niccolò Berardi, Italo Gamberini, Sarre Guarnieri, Leonardo Lusanna) il cosiddetto “Gruppo Toscano”. Tra numerose polemiche, che continuarono anche negli anni successivi alla realizzazione dell’opera, considerata troppo radicale per il gusto del tempo, il progetto fu giudicato vincitore. La stazione di Santa Maria Novella è una delle opere italiane più importanti di quegli anni ed è divenuta presto un riferimento architettonico su scala europea perché risolveva in maniera esemplare il problema dell’inserimento di un edificio moderno in un contesto storico come il centro di Firenze.
La soluzione progettuale, di notevole impatto, è quella di un elegante volume prevalentemente chiuso e a giacitura orizzontale (115), rivestito in pietraforte come l’antistante basilica di Santa Maria Novella. Il grande volume chiuso, impreziosito dai ricorsi orizzontali in pietra e da una sobria cornice, fa da testa ai binari e racchiude la strada pubblica al suo interno: un’ampia galleria dove si concentra la vita della stazione (116). Pavimentata alternando fasce di marmo bianco e rosso, vi gravitano gli esercizi pubblici e commerciali, il bar, i negozi, la biglietteria da una parte, mentre dall’altra si attestano i binari e le banchine sormontate da lunghe pensiline. Unico elemento che interrompe bruscamente il volume in pietraforte è una sorprendente cascata di vetro (così definita per la continuità della superficie vitrea) che dialoga con le vetrate dell’antistante abside di Santa Maria Novella, da cui la stazione prende il nome. La cascata di vetro copre la sala della biglietteria a tutta altezza e si prolunga nell’ingresso carrabile. L’ingresso principale alla strada pubblica avviene attraverso una pensilina molto estesa che invita all’accesso e sulla quale si concentrano le fermate dei mezzi pubblici, gli accessi pedonali e quelli della sottostante galleria.

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Chiesa dell’Immacolata Concezione di Maria Vergine

Realizzata a Longarone tra il 1966 e il 1978, viene commissionata a Michelucci in seguito a un drammatico evento che colpisce la cittadina bellunese e i comuni limitrofi nell’ottobre del 1963: la tragedia del Vajont, causata dal crollo di una grande diga che inonda di fango i sottostanti comuni e causa circa duemilacinquecento vittime. L’idea di Michelucci, che visita il luogo subito dopo la tragedia, è di incentivare la rinascita di quella comunità attraverso un’architettura capace di celebrare la vita: da qui la metafora del teatro come elemento di aggregazione e incontro di una comunità che, seppur nel dolore, si appresta a ricostruire.
La chiesa è ideata come una scultura di cemento armato (117), un turgido vortice di fango, quel fango che aveva distrutto e adesso si avvita su se stesso per dare forma al teatro coperto (la chiesa interna), sormontato da una grande cavea per le messe e gli eventi all’aperto, da cui guardare il paesaggio.
La chiesa ha un impianto centrale ed è chiusa verso l’esterno; una rampa esterna aperta e pubblica vi si avvolge intorno e conduce alla cavea a cielo aperto della copertura (118).

Chiesa di San Giovanni Battista 

È situata al centro della prima tratta realizzata (Roma-Milano) dell’Autostrada del Sole, da cui la chiesa prende il nome, in prossimità dell’uscita di Firenze Nord. Il lavoro viene affidato a Michelucci nel 1960, dopo l’accantonamento di un precedente progetto. Per l’architetto si tratta di un’occasione di svolta, di tormentato ripensamento del suo linguaggio.
Michelucci aveva già realizzato chiese e spazi sacri, ma per questo contesto, vicino all’autostrada ma lontano dalla città storica e immerso tra i campi e le colline, egli immagina una chiesa che diventa tutt’uno col paesaggio. Non si tratta infatti di un volume tradizionale, ma di un organismo che sembra roccioso e dalla forma complessa (119), che oggi colpisce anche per il colore verde del rivestimento in rame della copertura (frutto dell’ossidazione tipica di questo metallo).
Michelucci ha l’occasione di realizzare un brano della sua “nuova città”: una chiesa come luogo dell’incontro, uno spazio aperto per la condivisione, ma anche un posto dove ciascun uomo, nella diversità, possa ritrovare la propria dimensione individuale. Da queste premesse il progetto prende forma: nei primi schizzi l’architetto immagina una chiesa percorribile in tutte le direzioni, anche nella copertura; alla fine il progetto risulta assimilabile a una grande tenda, metafora del transito dei pellegrini ma soprattutto della condizione terrena dell’uomo.
L’ingresso della chiesa si apre su una lunga galleria. A sinistra si trova il battistero su due livelli: la fonte battesimale è avvolta da una rampa che gli si avvita intorno, da cui è possibile assistere al rito del battesimo. A destra della galleria si accede alla chiesa vera e propria, anch’essa articolata su due livelli, con tre altari al piano terra e uno al piano superiore.
I pilastri in cemento armato sembrano sculture. In uno straordinario intreccio tra pietra e cemento, le strutture e le mura di questa chiesa sono un continuum plastico ed espressivo. La materia è protagonista di uno spazio continuamente dilatato verso l’alto che, a differenza di una chiesa tradizionale, consente infiniti percorsi per perdersi e ritrovarsi.

GUIDA ALLO STUDIO
Giovanni Michelucci
  • Architetto che rinnova il suo linguaggio nel tempo
  • Teorizza un’architettura che ponga l’uomo al centro
  • Attenzione al bene pubblico: progetta architetture per la collettività

Contesti d’arte - volume 3
Contesti d’arte - volume 3
Dal Neoclassicismo a oggi