Constantin Brancusi

8.5 Constantin Brancusi

Terminati gli studi in Romania, sua terra d’origine, Constantin Brancusi (Hobiţa-Peştişani 1876-Parigi 1957) arriva a Parigi nel 1904, costretto a viaggiare a piedi da Monaco a causa della mancanza di denaro. Nella capitale francese completa la propria formazione presso l’Académie des Beaux-Arts e per breve tempo frequenta lo studio di Auguste Rodin, sebbene le suggestioni più forti gli derivino dalla scultura negra e da quella primitivista di Derain e Picasso. È piuttosto appartato: ha lo studio in un quartiere rurale vicino a Montparnasse (oggi ricostruito in base alle foto dell’epoca su progetto di Renzo Piano di fronte al Centre Pompidou), frequenta Modigliani, il musicista Erik Satie e Marcel Duchamp.
Si racconta che nell’autunno del 1912, in compagnia di Léger e Duchamp, abbia visitato la Mostra dell’aereonautica al Grand Palais di Parigi. All’improvviso, di fronte a una grande elica, Duchamp, rivolgendosi a Brancusi, esclama: «La pittura è finita. Chi saprebbe fare di meglio di questa elica? Di’, tu ci riusciresti?». E se Duchamp, di lì a poco, realizza il suo primo ready-made, sancendo la fine della pittura e dell’arte tradizionale, Brancusi elabora il proprio concetto di modernità in tutt’altra direzione. Esplora l’essenza della forma pura. «La semplicità non è un fine dell’arte – scrive – ma si arriva alla semplicità malgrado se stessi avvicinandosi al senso reale delle cose. La semplicità è la complessità stessa – ti devi nutrire della sua essenza per comprenderne il valore».

La maiastra

Brancusi lavora su pochi soggetti che ripete nel corso degli anni, come La maiastra (23), l’uccello parlante protettore degli eroi delle favole rumene. L’uccello sembra appollaiato su un piedistallo a zig zag; ha il petto gonfio, il collo teso e la bocca aperta come se stesse cinguettando. Tra il collo arcuato e le ali chiuse, il torace espanso attribuisce alla figura un aspetto araldico e solenne. La superficie levigata e riflettente dell’ottone evoca il piumaggio dorato, generando un bilanciatissimo gioco di luce che crea una forma plastica di grande armonia e sintesi dove la naturalezza delle forme arrotondate dialoga con la precisione delle linee incise.

La colonna senza fine

Nel 1918 Brancusi realizza la prima versione della Colonna senza fine (24), in cui un modulo di partenza simile a un piedistallo viene ripetuto dando vita a un corpo che si eleva da terra verso l’infinito e che Brancusi stesso descrive come «una canzone eterna che ci porta nell’infinito, oltre ogni dolore e ogni gioia apparente». Si tratta dell’opera più famosa dell’artista, caratterizzata dall'assenza di un centro, di un inizio e di una fine, in cui riprende le antiche forme lignee dei pilastri che sorreggono le case tradizionali rumene, un totem intriso di richiami ancestrali e innalzato verso l’infinito.

GUIDA ALLO STUDIO
Constantin Brancusi
  • Soggetti appartenenti a tradizione e cultura rumena
  • Elaborazione di un nuovo concetto di modernità legato alla purezza della forma (nella scultura)
  • Ripetizione di pochi soggetti in differenti versioni durante gli anni di attività

Contesti d’arte - volume 3
Contesti d’arte - volume 3
Dal Neoclassicismo a oggi