Contesti d’arte - volume 3

De Stijl

Il movimento De Stijl prende nome dall'omonima rivista fondata nel 1917 dal pittore Theo van Doesburg (Utrecht 1883-Davos 1931) e da un gruppo di artisti tra cui figura Piet Mondrian; si uniranno successivamente altri artisti e, nel 1918, il gruppo pubblicherà il suo primo manifesto.
Questa corrente, passata alla storia con il nome di Neoplasticismo, è forse stata una delle più incisive per il suo tentativo di riscrivere un nuovo linguaggio della composizione plastica, che diverrà un caposaldo per l'opera di molti protagonisti del Movimento Moderno in architettura. Non a caso la parola chiave era De Stijl, cioè "Lo Stile" che il gruppo si proponeva di diffondere come volontà universale.
Secondo Mondrian, ogni composizione andava ricondotta a rapporti tra rettangoli di colore diverso separati e bilanciati da linee verticali e orizzontali: la composizione del mondo reale subiva un processo rigoroso di astrazione attraverso la bidimensionalità.
Secondo Van Doesburg, che fu il più impegnato teorico e promotore del gruppo, anche l'architettura doveva obbedire al medesimo processo: il volume doveva essere scomposto nelle sue facce e successivamente assemblato e rimontato in modo aperto e dinamico, senza ricomporre la scatola volumetrica. Anche l'architettura dunque, come in una tela di Mondrian, andava sottoposta a questo processo bidimensionale di scomposizione e rimontaggio di piani e lastre, che avrebbe comportato un nuovo linguaggio fatto di incastri, scorrimenti e giochi di colori primari (81).
Negli Stati Uniti l'architettura di Frank Lloyd Wright ( pp. 387-391) aveva già anticipato alcuni dei principi di scomposizione; è infatti storicamente riconosciuta l'influenza wrightiana nella nascita della poetica neoplastica.
Tuttavia, salvo alcune eccezioni, i risultati raggiunti in architettura si sono spesso fermati alla dimensione progettuale ed è stata la produzione di oggetti d'uso a fare da catalizzatore per la ricerca.
In questa direzione il tentativo più chiaro rimane quello compiuto da Gerrit Rietveld (Utrecht 1888-1964), l'architetto artigiano che entra nel gruppo intorno al 1919 e che darà un importante contributo alla ricerca neoplastica.

Sedia rosso-blu 

Rispecchia quel processo di scomposizione e assemblaggio che De Stijl teorizzava la sedia rosso-blu (82), realizzata nel 1917. Rietveld aveva scomposto in elementi primari ed essenziali le parti di cui si compone una comune poltrona (struttura, seduta e schienale) e, dopo aver distinto queste ultime attraverso i colori primari, li aveva assemblati in una seduta con una estetica e uno stile decisamente nuovi.

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Casa Schröder 

Realizzata a Utrecht nel 1924, anche casa Schröder (83) propone lo stesso metodo compositivo per un'abitazione unifamiliare e rappresenta uno degli episodi di ricerca più significativi e concreti per De Stijl. Il volume tradizionale di una casa viene scomposto in parti riconoscibili, in superfici orizzontali e verticali (parapetti, solette dei balconi, pensilina che ombreggia la finestra, grandi superfici vetrate, setti verticali) e l'intera composizione è data dal montaggio di questi elementi nello spazio (84). Le facciate non sono più uniche superfici piane, ma il risultato di un assemblaggio dinamico e asimmetrico di pezzi, coerenti con l'organizzazione interna degli ambienti enfatizzati da differenti colori.
All'interno lo spazio è reso flessibile dall'utilizzo di pareti scorrevoli che consentono di fondere le stanze in un ambiente unico (85).

GUIDA ALLO STUDIO
De Stijl
  • Movimento artistico olandese
  • Integrazione fra arte, architettura e artigianato
  • Ricerca di nuovi linguaggi architettonici attraverso la scomposizione e ricomposizione delle parti

Contesti d’arte - volume 3
Contesti d’arte - volume 3
Dal Neoclassicismo a oggi