Alle origini dell’astrazione
Nel passaggio tra Ottocento e Novecento Monaco è una città in pieno fermento culturale. Con i suoi teatri d’opera, la vivace vita artistica e la prestigiosa Accademia, dove insegnava il celebre artista simbolista fondatore della Secessione Franz von Stuck, è il centro di convergenza di intellettuali e artisti provenienti da varie parti d’Europa. Nel 1896 dalla Russia vi si trasferisce Vasilij Kandinskij, che fa parte della numerosa colonia di russi presenti in città; nel 1898 approda dalla Svizzera Paul Klee.
In questo fecondo clima di intrecci culturali, dialoghi e incontri, nel 1911 Kandinskij e il pittore tedesco Franz Marc (Monaco 1880-Verdun 1916) fondano un nuovo gruppo artistico, Der Blaue Reiter (Il cavaliere azzurro). «Il nome – dirà Kandinskij – lo trovammo mentre eravamo seduti a un tavolino del caffè Giardino Sendilsdorf; entrambi amavamo l’azzurro, Marc i cavalli e io i cavalieri. Così il nome venne da sé».
Kandinskij aveva già realizzato nel 1903 un dipinto dal titolo Il cavaliere
azzurro (67) che si associava a una tematica a lui cara, quella del cavaliere medievale pronto a superare le peripezie più difficili per contrastare le forze del male e far trionfare il bene, così come lo spirito trionfa sulla materia, traghettando l’arte verso una nuova dimensione altamente spirituale che è appunto l’arte astratta, superamento delle forme più terrene e contingenti dell’arte figurativa.
L’amore di entrambi gli artisti verso l’azzurro rivela un richiamo a un mondo
profondamente simbolico e spirituale: questo colore, di forte pregnanza emotiva, è, come spiega Kandinskij, «tipicamente celestiale. Se molto profondo l’azzurro sviluppa l’elemento della quiete […]. Implica un approfondirsi infinito in quegli stati d’animo di serietà che non hanno fine e non possono averla».
Il cavallo è per Marc simbolo di libertà: raffigurato in numerosi dipinti, basati sull’uso di colori primari con valore simbolico, permette di seguire nella sua ricerca una progressiva
semplificazione e scomposizione della
forma, che si distacca dal reale e porta l’attenzione a un universo espressivo interiore – un percorso si può tracciare dal Cavallo azzurro I (68) al
Cavallo azzurro che dorme (69) – pur non raggiungendo mai gli esiti più radicali dell’astrazione kandinskijana.
L’obiettivo del Blaue Reiter è quello di organizzare mostre che possano riunire le ricerche di tutti gli aderenti, liberi di esprimersi fuori dai vincoli accademici. Al di là delle diverse formazioni e dei diversi approdi più o meno astratti, gli artisti che ne fanno parte promuovono una concezione dell’arte come linguaggio autonomo rispetto alla
natura – un’arte che indaga la sfera emotiva e la semplificazione della forma, che guarda altresì all’arte primitiva e al disegno infantile, in un’accezione intensamente simbolica e spirituale.
Nel 1912 esce l’almanacco “Der Blaue Reiter”, una pubblicazione dalla vocazione cosmopolita e interdisciplinare che riunisce contributi teorici sull’arte, la musica, la letteratura, la scenografia, corredati da un ricco apparato illustrativo.
L’attività del gruppo si conclude bruscamente con lo scoppio della guerra nel 1914. Breve ma intensa, essa si rivela cruciale per l’avvio dei diversi percorsi dell’arte astratta europea.