Parigi 1905, la mostra dei fauves

7.1 Parigi 1905, la mostra dei fauves

Nel 1905 al Salon d’Automne di Parigi una sala colpisce e scandalizza il pubblico e la critica. Scorgendo una scultura di Albert Marquet di vago sapore quattrocentista in mezzo a dipinti dai colori accesi e violenti di artisti come Henri Matisse, Maurice de Vlaminck, André Derain, Georges Rouault e Kees van Dongen, pare che il critico Louis Vauxcelles abbia esclamato: “Ecco Donatello fra le belve” (in francese fauves). Il giorno successivo, nella recensione della mostra pubblicata sul quotidiano “Gil Blas”, Vauxcelles riprende la polemica, parlando della sala come di una “cage aux fauves” (gabbia di belve). A sconvolgere gli animi sono gli allievi dell’Accademia del pittore simbolista Gustave Moreau, con la loro pittura di grande espressività, determinata dall’utilizzo di colori puri e saturi che diventano l’elemento principale del dipinto, a discapito dell’utilizzo del disegno.
La data ufficiale dell’avventura fauve coincide dunque con il 1905, sebbene questo nuovo spirito dell’arte sia andato formandosi negli anni precedenti, sin dall’inizio del secolo. Al 1900 risale infatti l’incontro tra Derain e De Vlaminck; l’anno successivo Derain presenta Matisse a De Vlaminck. Nell’estate del 1905 Matisse e Derain passano un’intensa stagione di lavoro a Collioure, località sulla costa meridionale della Francia: è in quest’occasione che si ritraggono vicendevolmente, avviando una nuova, entusiasmante fase della pittura francese. Come si può vedere sia in La Senna a Chatou di De Vlaminck (1) sia nel Ritratto di Matisse di Derain (2), le forme sono tratteggiate con una pennellata di colore scuro anziché attraverso il disegno e l’utilizzo del chiaroscuro. Gli artisti fauves rifiutano inoltre la spazialità classica ed esaltano la loro libertà espressiva, opponendosi all’arte accademica, cioè a quell’arte tradizionalista che ancora trionfava ai Salon.
Ciascun artista fauve segue un percorso individuale di ricerca stilistica, ma possiamo individuare come elemento comune a tutti l’esaltazione del colore attraverso l’utilizzo di tinte calde capaci di comunicare un intenso vitalismo che si propaga in una traiettoria circolare dall’uomo alla natura, come energia pulsante e in divenire. È infatti assente nella ricerca degli artisti francesi quella carica di denuncia sociale e politica che caratterizza invece il coevo clima espressionista tedesco ( pp. 255-258).
La pittura fauve si colloca in una dimensione di superamento della vibrazione atmosferica e del sensibilismo ottico della pittura impressionista. Si alimenta di fonti contrapposte, come il Neoimpressionismo di Seurat e Signac, le ricerche di Cézanne, Van Gogh e Gauguin, il quale – con le sue tinte piatte e la sua vocazione simbolica – aveva suggerito una nuova via di esplorazione del colore, trasformando la veduta in una visione interiore, totalmente soggettiva.

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Henri Matisse

Figura di riferimento e maggior teorico del gruppo fauve è Henri Matisse (Le Cateau-Cambrésis 1869-Nizza 1954).
Formatosi presso l’Accademia parigina nella classe di Gustave Moreau, Matisse studia e copia la grande pittura del passato al Louvre. Oltre alle opere presenti all’interno del museo, inizia a guardare con interesse le ricerche allora trionfanti nell’ambiente artistico della capitale francese, come l’Impressionismo e il Postimpressionismo, schiarendo sempre più la propria tavolozza e sperimentando la scomposizione del colore sulla scia del pointillisme, come si può osservare nel dipinto Lusso calma voluttà (3).

Lusso calma voluttà

Il titolo di quest’opera è ripreso da un distico di Baudelaire tratto dall’Invito al viaggio. Il soggetto, un pic-nic in riva al mare, è ancora legato alle tematiche impressioniste, ma l’atmosfera è sospesa in una dimensione innaturale, o per meglio dire simbolica. Matisse utilizza la scomposizione del colore in chiave molto libera rispetto alle teorie scientifiche di Seurat, giungendo altresì a esplorare una peculiare esaltazione della linea che si fa morbida e sinuosa.
Siamo alle soglie della svolta fauve, dato che nell’estate del 1905, come già anticipato, a Collioure, Matisse – accanto a Derain – scopre la forza dirompente del colore. Del sodalizio dei due artisti, Matisse ricorda: «Abbiamo vissuto un po’ di tempo insieme a Collioure, dove abbiamo lavorato senza tregua, stimolati tutti e due allo stesso modo: i metodi usati in pittura dai nostri predecessori non potevano in nessun modo rendere la rappresentazione delle nostre sensazioni; quindi ci siamo messi a cercare metodi nuovi».

La stanza rossa

Un’opera come La stanza rossa (4) fa emergere in tutta la sua evidenza la forza energetica del colore e la dimensione decorativa della linea, che sinuosamente muove il ritmo della tela con una valenza quasi musicale. In questo dipinto si cancellano le gerarchie fra primo piano e sfondo, grazie alla continuità dei motivi decorativi blu che si propagano dalla tovaglia alla tappezzeria della parete. La spazialità tradizionale è annullata mediante l’uso di colori saturi, forti, accesi e complementari, il cui contrasto genera una forte emozione. In primo luogo il rosso della stanza richiama naturalmente il verde del prato. Un unico accenno alla scansione spaziale dei piani è determinato dalla posizione della sedia e dal taglio della finestra, ma in realtà interno ed esterno, natura e presenza umana sono posti sullo stesso piano, come se fossero attraversati dalla stessa prorompente energia. È quel moto in eterno divenire che trova visualizzazione in altre due opere capitali dell’artista, nell’affascinante parabola che si dipana dalla Gioia di vivere alla Danza.

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CONFRONTI E INFLUENZE

Matisse, negli anni della sua formazione, studia la pittura fiamminga, in particolare il genere della natura morta. Confrontando La bottiglia di Schiedam con La stanza rossa (dipinto a dodici anni di distanza) possiamo osservare il passaggio dalla resa volumetrica alla bidimensionalità, ovvero all’esaltazione del puro valore decorativo della pittura.

Gioia di vivere

Realizzata fra il 1905 e il 1906, Gioia di vivere (5) rappresenta il momento di sintesi fra la ricerca sul colore fauve e l’espressività della linea, originale interpretazione moderna del disegno non più accompagnato dal chiaroscuro, che si presenta in tutta la sua valenza moderna di segno. Il soggetto richiama Lusso calma voluttà, ovvero un’atmosfera paradisiaca e primitiva. L’energia si propaga attraverso le figure in primo piano e culmina nel cerchio di figure danzanti poste sullo sfondo che sembra raffigurare quel concetto di élan vital, slancio vitale, proprio del pensiero di Henri Bergson (1859-1941). Secondo questo filosofo, il tempo non è più concepibile come una serie indistinta di attimi, ma come una dimensione fluida in cui il passato si unisce al presente, in un processo in divenire imprescindibile dalla dimensione della memoria. In quest’ottica lo slancio vitale è quella forza energetica e creatrice che si propaga dall’uomo alla natura immettendo il tempo in una dimensione fluida, dove il passato si riflette nel presente; passato e presente, quindi, si prolungano naturalmente nel futuro in una sorta di moto ciclico che può dunque essere rappresentato proprio con l’immagine del cerchio.

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Danza

Da elemento di sfondo in Lusso calma voluttà, il cerchio dunque si fa assoluto protagonista della Danza (6), capolavoro di Matisse e dell’arte del Novecento tout court. Rispetto a Gioia di vivere le figure si riducono da sei a cinque: le sagome si adattano con il loro movimento sinuoso e musicale al limite del formato della tela dando vita, nella loro sintesi e monumentalità – che rimanda all’essenzialità e al primitivismo delle figure raffigurate nei vasi greci o nelle stoffe egizie – a un moto energetico eterno, comunicando quella gioia di vivere che è l’essenza stessa dell’arte. In questa prospettiva l’Espressionismo di Matisse, come pure degli altri artisti fauves, riflette una dimensione lirica, emozionale, gioiosa e ottimistica e non, come avviene per le ricerche del contesto tedesco, la condizione tragica e drammatica dell’uomo contemporaneo. La naturale vocazione del quadro è dunque l’armonia e la musicalità cui l’arte può attingere attraverso linea e colore che si si essenzializza in una gamma ridottissima di tre tinte stese in grandi campiture piatte: l’arancione-rosso per i corpi, il blu per il cielo e il verde per il prato. Svela a tal proposito Matisse: «L’espressione, per me, non risiede nella passione improvvisa che si esprime violentemente. È in tutta la composizione del mio quadro: il posto che occupano i corpi, i vuoti che li circondano, le proporzioni […]. La composizione è l’arte di disporre decorativamente i vari elementi che il pittore ha a disposizione per esprimere i propri sentimenti».

GUIDA ALLO STUDIO
I fauves (le “belve”)
  • Nuovo movimento espressionista francese
  • Distacco dalla tradizione accademica ed esaltazione della libertà espressiva
  • Celebrazione della gioia di vivere e dell’ottimismo
  • Abbandono del disegno e del chiaroscuro
  • Uso di colori puri e saturi

Henri Matisse

  • Principale esponente della pittura fauves
  • Abbandono della prospettiva e della resa naturalistica delle figure
  • Libera scomposizione del colore
  • Uso di colori caldi, saturi, accesi e complementari

Analisi D'opera

Henri Matisse

Donna con cappello

  • 1905
  • olio su tela, 80,65x59,69 cm
  • San Francisco, Museum of Modern Art

© Succession H. Matisse/SIAE 2018

Presentato al Salon d’Automne del 1905, il ritratto Donna con cappello è uno dei dipinti che maggiormente suscitano scandalo e sollevano le polemiche della critica, tanto da essere pubblicato sulle pagine della rivista “L’Illustration française” del 4 novembre 1905 con commenti e didascalie molto ostili.
Pur deriso dalla critica tradizionalista e dal pubblico, questo dipinto catalizza l’attenzione di due fra i più importanti collezionisti americani di inizio Novecento, Leo e Gertrude Stein. Grazie al sostegno di questi estimatori, Matisse potrà realizzare il suo sogno di aprire una propria accademia artistica, alternativa a quella ufficiale, che rimarrà attiva dal 1908 al 1911, con lo scopo di fornire agli allievi una formazione libera e anticonformista.

Descrizione

Il ritratto raffigura la signora Matisse con un grande cappello piumato. Ciò che scandalizza il pubblico è il completo svincolamento da una resa naturalistica della figura, che viene al contrario delineata unicamente dal colore, con una pennellata urgente e riassuntiva, di grande forza ed espressività. Il ritratto si riduce pertanto a macchie di colore: la fronte e il naso sono tratteggiati da una pennellata verde, quello stesso verde che è posto come una macchia sullo sfondo a esaltare l’incarnato; i capelli sono rosso scarlatto e affiorano dal grande copricapo che, come il vestito e il ventaglio, è un tripudio di colori sgargianti.

Forma, funzioni e idee

Durante gli anni di formazione Matisse frequenta il Louvre, dove studia i grandi capolavori della pittura del passato. Una sua peculiarità è l’attenzione verso i generi tradizionali dell’arte, come il ritratto e il nudo, di cui tuttavia fornisce un’interpretazione di grande libertà e rottura.
«Il volto umano mi ha sempre interessato […]. Ho finito per scoprire che la somiglianza di un ritratto deriva dall’opposizione esistente tra il volto del modello e gli altri visi, in una parola dalla sua particolare asimmetria. Ogni figura ha il suo ritmo particolare ed è questo ritmo a creare la somiglianza. Per gli occidentali, i ritratti più caratteristici sono quelli dei tedeschi: Holbein, Dürer e Lucas Cranach. Questi pittori giocano con l’asimmetria».

CONFRONTI E INFLUENZE

Donna con cappello consente di mettere in luce il rapporto di Matisse con la tradizione e, allo stesso tempo, la sua rivoluzionaria forza dirompente. Mettendolo a confronto, per esempio, con due grandi ritratti come la Velata di Raffaello e la Contessa di Chinchòn di Goya e osservando la peculiare posa di tre quarti di queste figure, è evidente come Matisse si ispiri a questo genere di ritrattistica per realizzare Donna con cappello.
Proprio per questo il dipinto genera scandalo, in quanto sembra che ironizzi con piglio irriverente sull’arte del passato e in generale sulla tradizione accademica.

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La Scuola di Chatou

I pittori Maurice de Vlaminck e André Derain sono stati spesso accomunati sotto la definizione di “Scuola di Chatou” derivante dal nome della località lungo la Senna – uno dei luoghi privilegiati anche dagli impressionisti – dove i due amici si recavano a dipingere.
Il paesaggio, declinato in vedute fluviali, marine e scorci della campagna, è uno dei soggetti prediletti di questi artisti francesi. Oltre a essere un retaggio della pittura impressionista, l’attrazione per i luoghi agresti e della periferia risponde a una propensione per la ricerca di una dimensione primitiva e incontaminata.

Maurice de Vlaminck

Fra gli artisti fauves il più dirompente e violento è Maurice de Vlaminck (Parigi 1876-Rueil-la-Gadelière 1958). Di origine fiamminga, “il barbaro tenero e pieno di violenza”, com’egli stesso si definisce, esaspera la pennellata, che si fa più tormentata e vorticosa, di radice vangoghiana.

Paesaggio con alberi rossi

Come possiamo vedere nel Paesaggio con alberi rossi (7), i suoi colori sono sempre accesi e infuocati, densi e pastosi, stesi talvolta spremendo il colore direttamente dal tubetto. L’urgenza della pennellata rivela una forte istintualità, al contrario della ricerca di Matisse o di Derain, più pensata e meditata. La visione dell’arte di De Vlaminck è pertanto più concitata e tormentata rispetto a quella dei suoi compagni di strada e ben stigmatizzata in alcune riflessioni che evidenziano la sua peculiare prospettiva espressionista: «Che cos’è il fauvismo? Sono io. È il mio essere in quest’epoca, il mio modo di ribellarmi e liberarmi nello stesso tempo, di rifiutare la scuola, il gruppo: i miei blu, i miei rossi e gialli, i miei colori puri senza mescolanze di toni».

André Derain

Nella pittura di André Derain (Chatou 1880-Garches 1954) l’energia della pennellata e la forza del colore sono invece contenute in forme più definite e plastiche, che rivelano una maggior dimensione costruttiva dell’immagine, come si osserva nel paesaggio di L’Estaque, località del golfo di Marsiglia.

L’Estaque

Questo dipinto (8) evidenzia una particolare attenzione verso la lezione di Cézanne e un fascino per la luce derivato dalle suggestioni neoimpressioniste, coniugato con un’esaltazione del colore che tuttavia non raggiunge mai l’essenzialità e la purezza del colore di De Vlaminck. Derain rappresenta uno scorcio della pineta dell’Estaque oltre la quale si vede il mare in una giornata assolata d’estate. La luce e i colori comunicano un senso di forte energia: gli alberi diventano rossi e arancioni, svincolando la visione da una dimensione mimetica e facendo affiorare costantemente l’intenso vitalismo della natura e dell’animo umano di fronte alla contemplazione del paesaggio.
La stagione fauve costituisce per Derain un transito verso il Cubismo e, negli anni del Ritorno all’Ordine (► p. 370), verso una purificazione della forma – passaggio agevolato certamente dal forte interesse per le forme primitive ed essenziali dell’arte negra e dell’arte medievale francese.

GUIDA ALLO STUDIO
La Scuola di Chatou
  • Pittori fauves, dediti alla rappresentazione di paesaggi

Maurice de Vlaminck

  • Pennellata istintiva, che guarda a Van Gogh
  • Colori accesi e vivaci, densi e pastosi
  • Assenza dell’impianto costruttivo

André Derain

  • Pennellata controllata
  • Colori brillanti
  • Forme ben definite
  • Uso dell’impianto costruttivo

Contesti d’arte - volume 3
Contesti d’arte - volume 3
Dal Neoclassicismo a oggi