L’artista d’avanguardia e la società del tempo
Nei primi anni del XX secolo un nutrito numero di artisti, riuniti in gruppi nati in un breve arco di tempo nelle più vivaci capitali europee (oltre che a New York), dà avvio a ricerche espressive che giungono a soluzioni formali rivoluzionarie, alcune delle quali si distaccano totalmente dall’intera eredità figurativa occidentale. La variegata molteplicità dei percorsi di ricerca intrapresi da tali gruppi, oggi indicati con il nome di Avanguardie storiche, si raccoglie in cinque tendenze principali: l’Espressionismo, il Cubismo, il Futurismo, l’Astrattismo e il Dadaismo. Analizzeremo più avanti le specificità di queste tendenze: qui ci soffermiamo sulle questioni di fondo che costituiscono la base dell’intero fenomeno delle Avanguardie. Per comprendere come si sia potuto verificare un così rapido e dirompente cambio di direzione nella ricerca artistica, è necessario anzitutto mettere in luce gli obiettivi che questi artisti si sono posti e le modalità con le quali hanno operato. In primo luogo vi è la chiara volontà di reagire alla società capitalistica, alla massificazione della cultura e all’alienazione dell’individuo. Tale atteggiamento produce inevitabilmente un difficile inserimento nei circuiti consueti del mercato dell’arte e della promozione culturale in genere. È questa una delle ragioni per cui questi artisti si raccolgono in gruppi, aumentando così la loro forza e la possibilità di creare occasioni per divulgare il proprio lavoro. Paradigmatica in questo senso è la presenza di un teorico, solitamente un letterato, che funge da mentore e guida, dando un contributo fondamentale alla stesura di un manifesto nel quale sono proclamati gli assunti basilari della poetica del gruppo (poetica spesso sostenuta e divulgata dalle riviste vicine ai vari gruppi, come per esempio «Lacerba» per i futuristi, o «391» per i dadaisti).