ANALISI D'OPERA - Arnold Böcklin, L’isola dei morti

Analisi D'opera

Arnold Böcklin

L’isola dei morti

  • 1880
  • olio su tela, 111x155 cm
  • Basilea, Kunstmuseum

Arnold Böcklin (Basilea 1827-Fiesole 1901) si forma all’Accademia di Belle Arti di Düsseldorf, scuola marcata dal linguaggio romantico, e nel 1848 trascorre qualche tempo a Parigi, dove ha l’occasione di scoprire il paesaggismo di Corot. Dal 1850 soggiorna sovente in Italia e, nel 1874, si stabilisce a Firenze: qui nasce la sua terza figlia Beatrice, che muore però l’anno successivo ed è seppellita nel Cimitero Svizzero a Firenze, detto “degli inglesi”. Nel 1885 trasloca a Zurigo, progetta egli stesso la propria abitazione che lascia però nel 1893 quando, colpito da una paralisi, decide di rientrare definitivamente a Firenze, forte di una fitta rete di mercanti che gli assicurano la vendita delle opere.
L’isola dei morti è un dipinto che replica in cinque versioni. L’artista tiene per sé la prima, oggi conservata a Basilea; la seconda versione viene acquistata dalla giovane vedova Marie Berna, futura contessa di Oriola, che gli aveva chiesto un dipinto «per sognare» (oggi al Metropolitan Museum di New York). La terza è nota per essere entrata a far parte della collezione di Adolf Hitler, ammiratore della pittura di Böcklin (oggi all’Alte Nationalgalerie di Berlino). Una quarta versione è andata distrutta durante la Seconda guerra mondiale. L’ultima, infine, del 1886, è conservata nel Museum der Bildenden Künste di Lipsia.

Descrizione

L’isola dei morti è innanzitutto un paesaggio, misterioso e suggestivo. Alcune falesie di roccia rossastra si ergono sul mare scuro: l’intensa luminosità permette all’architettura di emergere e accentua il contrasto del profilo dell’isola contro un cielo notturno. Le rocce poste a emiciclo si aprono alla vista e lasciano svettare un gruppo di cipressi, albero per tradizione legato alla commemorazione e ai luoghi consacrati. La linea dell’orizzonte, estremamente bassa, accompagna lo sguardo in lontananza enfatizzando il senso d’isolamento e d’abbandono. Una piccola barca, con due figure a bordo, si avvicina all’isola; la posa dei remi, entrambi sospesi sopra l’acqua, lascia intendere lo scorrere silenzioso dell’imbarcazione verso l’isola e accentua il senso mistico della scena.
Il titolo, suggerito probabilmente dal suo mercante d’arte Alexander Günther, evoca una dimensione metafisica. Il 19 maggio 1880 Böcklin gli scrive: «Infine l’Isola dei morti è terminato nella misura in cui credo che produrrà l’impressione voluta».

Forma, funzioni e idee

Con L’isola dei morti l’artista intende toccare le corde più intime dello spettatore attraverso una delle immagini più seduttive ed enigmatiche dell’Ottocento. Benché la veduta non possa essere identificata con un luogo reale, essa ripropone con vivacità atmosferica alcuni aspetti del paesaggio del Mediterraneo ben noto all’artista. Al contempo il soggetto è stato sovente accostato al Cimitero degli inglesi di Firenze che, con i suoi alti ed esili cipressi, si erge come un’isola nel centro della città e dove era sepolta anche la figlia dell’artista.
Le fonti visive di Böcklin vanno però oltre il mero aspetto topografico e hanno un sostrato letterario da ricercare nella cultura romantica. In primis nella fascinazione ottocentesca per la Divina Commedia dantesca, nella quale Caronte traghetta il poeta verso il mondo dei morti. L’isola diviene dunque la sublimazione stessa della dimensione di solitudine che è dimensione necessaria per la creazione artistica. Il tema dell’isola come luogo di distacco, dove lo stato d’isolamento consente all’uomo di trovare le grandi risposte all’esistenza o al vate di prendere visione del futuro, ha numerosi precedenti ottocenteschi, come il celebre Giovane uomo nudo seduto sul bordo del mare (1836) del francese Hippolyte Flandrin (1809-1864). E restando in area tedesca, il filosofo Friedrich Nietzsche (1844-1900) scriveva che gli artisti, come i filosofi, sono dei «grandi solitari». Secondo Erwin Rohde, filologo classico e amico di Nietzsche, il dipinto metterebbe in scena un personale e solenne addio dell’artista che si sarebbe autorappresentato mentre sta raggiungendo l’isola degli eletti.
Nella tradizione antica infatti i morti riposerebbero in due luoghi differenti: gli esseri comuni nell’Ade e gli eroi e i favoriti degli dèi su un’isola.

CONFRONTI E INFLUENZE

Nello stesso 1880 Böcklin dipinge anche Rovina sul mare, che è in realtà lo sviluppo dello stesso tema ma in chiave meno enigmatica. In apparenza il soggetto potrebbe qui apparire come un semplice paesaggio, realizzato con soluzioni stilistiche ancora piuttosto vicine al Romanticismo tedesco.
Il tema della rovina, del resto, che era stato introdotto in letteratura a fine Settecento, poi ampliamente sviluppato dal Romanticismo come rievocazione delle memorie del passato, diviene in Böcklin un “calvinistico” memento mori, un esplicito riferimento alla caducità della vita e alla vacuità di tutto quanto è umano. Filo comune tra i dipinti böckliniani è il cipresso, trattato come una presenza solenne e austera che accentua il carattere cimiteriale del soggetto con un possibile rimando biografico alla scomparsa prematura della figlia.
Nella quinta e ultima versione, realizzata nel 1886 su espressa richiesta del Museo di Lipsia, Böcklin ha mantenuto i colori cupi delle versioni iniziali ma ha avvicinato ulteriormente l’imbarcazione all’approdo dell’isola, definendo con maggior chiarezza la bara, decorata con alcuni festoni, e la figura del moro che porta la barca.

Contesti d’arte - volume 3
Contesti d’arte - volume 3
Dal Neoclassicismo a oggi