Il Simbolismo in Europa

5.9 Il Simbolismo in Europa

Gustave Moreau

Il Simbolismo ha il suo centro nevralgico a Parigi dove artisti, scrittori e musicisti – in particolare dagli anni Ottanta ma già con avvisaglie fin dai Sessanta – si confrontano sulla modalità di dare forma a ciò che non appare. «Credo solo a ciò che non vedo e unicamente a ciò che sento» sostiene Gustave Moreau (Parigi 1826-1898) che, dopo una formazione canonica all’Accademia di Belle Arti di Parigi, sviluppa una pittura basata sulla precisione disegnativa di Ingres, sul colorismo di Delacroix e sulla forza visionaria degli artisti romantici, Füssli in primis.

Salomé (L’apparizione)

Tutto ciò si riflette nella celebre Salomé (39), acquerello esposto a Parigi nel 1876, nel quale Moreau dà una libera interpretazione dell’episodio evangelico. L’opera rappresenta la giovane principessa giudea, figlia della regina Erodiade che aveva sposato il cognato Erode. La fanciulla è raffigurata con un abito sfarzoso, disegnato secondo l’ immaginario ottocentesco erotico-orientaleggiante e alludente alla “danza dei sette veli”, per assistere alla quale Erode aveva accondisceso a decapitare Giovanni Battista. La testa del Battista, grondante sangue, si materializza come un’apparizione terrificante e diviene il simbolo del rimorso con il quale la principessa dovrà convivere in futuro. Non è chiaro se il dipinto ritragga il momento in cui Salomé conclude la sua danza oppure quello posteriore all’uccisione del predicatore. Mentre la madre ed Erode siedono su un trono disposto sullo sfondo, la principessa arresta la sua danza indicando, quasi a volerla esorcizzare, l’orrenda visione che tiene il centro della scena: le due figure, colte in una posa statica, sono inscrivibili in un triangolo che concentra al suo interno la luminosità del dipinto. La dimensione onirica stempera la drammaticità e ne ribadisce l’appartenenza a un contesto simbolista. Anche i colori assumono un valore specifico: il rosso scarlatto allude infatti al sangue e alla morte, mentre il dorato – inteso come una contaminazione del bianco, simbolo dell’innocenza – richiama l’universo onirico e assume una connotazione negativa per la relazione con un’opulenza corruttrice. Moreau mescola citazioni differenti, dall’interno orientaleggiante della reggia di Erode, ricostruita sul modello dell’Alhambra di Granada (Spagna), al capo del Battista che richiama la celebre testa di Medusa brandita dal Perseo di Cellini conservato a Firenze, nella Loggia dei Lanzi. La generale piattezza dell’immagine è dovuta sia all’occhieggiare alle stampe giapponesi sia a una tecnica estremamente complessa che all’acquerello, dalle tinte chiare e trasparenti, alterna l’abrasione della superficie pittorica: effetto che accentua la luminosità sofisticata e suggestiva.

CONFRONTI E INFLUENZE

Edipo, vestito da viandante, ascolta l’enigma della sfinge di Tebe: chi non rispondeva correttamente veniva da lei divorato, in caso contrario era la creatura mostruosa a morire. Il tema affrontato da Moreau affonda le proprie radici nella tradizione greca, non si tratta quindi di un soggetto insolito né originale, ma appartenente alla tradizione occidentale. Nonostante ciò, l’artista francese riesce a presentarlo in modo inconsueto, inserendolo in un’atmosfera di mistero. Questa operazione è possibile grazie all’attenzione nella resa dei dettagli e a una tecnica pittorica che è al tempo stesso sfumata e precisa. Si tratta di una soluzione formale largamente impiegata dai pittori simbolisti: la suggestione e il mistero sono amplificati dalla precisione descrittiva.

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Pierre Puvis de Chavannes

Di due anni più vecchio, Pierre Puvis de Chavannes (Lione 1824-Parigi 1898) condivide con Moreau una formazione basata sui medesimi modelli pittorici, quali il disegno ingresiano e il romanticismo di Delacroix, del quale sviluppa l’aspetto più monumentale.

Fanciulle sulla riva del mare

La pittura di Puvis de Chavannes è caratterizzata da un fermo controllo della composizione, da evidenti rimandi a forme classicheggianti, da passaggi cromatici lievi e ben calibrati e da un senso di generale sospensione: la scena appare dunque inevitabilmente distante dal reale, divenendo simbolo di un messaggio universale che va oltre il soggetto stesso. Quando infatti Fanciulle sulla riva del mare (40) appare al Salon del 1879, viene accolto dalla critica come «fuori dal tempo, fuori dalla vita». Le tre bagnanti sono ritratte in atteggiamenti differenti e senza che interagiscano tra loro, come se non appartenessero allo stesso dipinto; sembra addirittura che sia la stessa fanciulla a essere ripresa in pose differenti. La piattezza delle figure stempera l’aspetto sensuale del nudo: i corpi sono sagome che, senza una vera carnalità, si muovono contro uno scenario silenzioso in cui il dato naturalistico è solo apparente. L’insieme è avvolto da un profondo mistero che destabilizza lo spettatore, attratto dal rigore formale e dalla semplicità del soggetto che non riesce però a svelare per intero. Il dipinto si è prestato infatti a differenti interpretazioni: quella più accreditata suggerisce che le tre donne potrebbero rappresentare altrettante differenti attitudini verso la vita (attiva, passiva e contemplativa). La tecnica pittorica di Puvis de Chavannes è sperimentale quanto moderna: la stesura del colore avviene per grandi superfici piatte, senza ombreggiature, che definiscono a loro volta le sagome delle figure per contrasto, mentre il tocco denso dei fiori in primo piano è ancora di derivazione postimpressionista. Grande estimatore di Chavannes, Émile Zola scrive di lui che la sua arte «è fatta di ragione, passione, e volontà» a ribadire ancora una volta come le sue immagini siano il frutto di un’attenta elaborazione intellettuale.

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Odilon Redon

Con una formazione certo meno accademica Odilon Redon (Bordeaux 1840-Parigi 1916) è uno dei protagonisti del Simbolismo francese.

La maschera della morte rossa

Abile disegnatore, tra il 1882 e il 1883 realizza una serie di litografie dedicate ai racconti dello scrittore inglese Edgar Allan Poe, le cui poesie erano state recentemente tradotte in Francia da Mallarmé e Baudelaire: come bene evidenzia La maschera della morte rossa (41), più che mere illustrazioni, le immagini create da Redon sono visioni. Egli dà forma visiva ai toni cupi, al senso di angoscia e claustrofobia del racconto di Poe. L’artista raffigura l’orologio che scandisce lo scorrere del tempo e l’approssimarsi della morte degli ospiti del principe Prospero che, durante una festa in costume, ricevono la visita di un misterioso invitato dalla maschera insanguinata e dalle sembianze di un cadavere, che si rivelerà essere la personificazione dell’epidemia di colera alla quale stavano cercando di sfuggire barricati nel palazzo del principe. Tecnicamente Redon tiene in evidente considerazione la lezione di Goya ed enfatizza i chiaroscuri ad accentuare la dimensione onirica dell’immagine e dunque la sua presa emotiva sull’osservatore. Redon ottiene il meritato riconoscimento come artista solo a partire dal 1884, con l’illustrazione del celebre romanzo di Joris-Karl Huysmans, À rebours, che racconta il tentativo del ricco Des Esseintes di vivere “controcorrente”.

Gli occhi chiusi

Abile acquarellista e grafico, Redon mantiene un forte senso del disegno anche in pittura e persino nel pastello, tecnica alla quale si consacra quasi esclusivamente a partire dal 1890, momento in cui partecipa attivamente anche al gruppo dei Nabis. Proprio nel 1890 realizza Gli occhi chiusi (42), un olio che mantiene il carattere palpabile e le sfumature dolci del pastello. Non è chiaro perché la donna, che ha i tratti di sua moglie Camille Falte, tenga gli occhi chiusi: l’artista potrebbe aver voluto rappresentare il sonno o una metafora della morte oppure, semplicemente, immortalare un momento di riflessione su pensieri e visioni “altre” precluse allo spettatore.
Redon dimostra di attingere da fonti rinascimentali: la figura ha infatti la plasticità e la pulizia formale dei busti femminili di Francesco Laurana, nonché dello Schiavo morente di Michelangelo, anch’esso con gli occhi chiusi e da poco esposto al Louvre. La pennellata, talmente diluita da far intravedere la trama della tela sottostante, sospende il soggetto in uno spazio indefinito, trasfigurando il volto della donna nella sua stessa anima.

CONFRONTI E INFLUENZE

Gli occhi chiusi della figura realizzata da Redon sono una citazione esplicita che rimanda a quelli della statua michelangiolesca dello Schiavo morente di Michelangelo, allora esposto al Louvre da pochi anni.

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Il Simbolismo in Germania e nel Nord dell’Europa

Il vento del Simbolismo soffia anche sul resto dell’Europa con esiti piuttosto differenti nella forma, ma identici nella volontà di andare oltre la resa epidermica e la rappresentazione del soggetto per rivelare l’ignoto. In tutta l’area tedesca e mitteleuropea il concetto di Simbolismo alla fine del secolo si sovrappone, confondendosi talvolta, con quello di secessione, ovvero del movimento di rottura con le regole imposte. Monaco di Baviera, con la sua salda Accademia e un ottimo sistema di mostre annuali, è un’alternativa possibile a Parigi. Primo maestro indiscusso del Simbolismo tedesco è Arnold Böcklin ( pp. 212-213). Dal 1897 Franz von Stuck (Tettenweis 1863-Monaco di Baviera 1928), che già da due anni è docente di pittura all’Accademia, mette a punto una pittura che, attraverso un sapiente uso del contrasto chiaroscurale e una stesura piuttosto fluida, eleva i soggetti presi dalla mitologia a simboli universali o precetti moraleggianti. È il caso del celebre Il peccato (43), sul quale Von Stuck comincia a riflettere a partire dal 1891 e del quale esistono almeno undici versioni, tra cui quella conservata alla Galleria Civica di Palermo che l’artista aveva esposto alla Biennale di Venezia nel 1909. Il soggetto, che per la prima volta compare alla Mostra della Secessione di Monaco nel 1893, suscita grande stupore e curiosità; la critica resta colpita dalla «liscia freddezza e flessuosa forza di serpe a riposo sul morbido tepore del corpo bianco, risplendente di allettanti promesse». L’erotismo della figura femminile ammaliò il pubblico: Von Stuck delinea infatti una giovane donna le cui nudità sono appena coperte dall’ombra e dalle spire di un insidioso serpente.
Il rimando è naturalmente alla vicenda biblica di Adamo ed Eva, con una forte accentuazione dell’aspetto del proibito che sposta la lettura del dipinto nel campo della morale e, inevitabilmente, anche sul concetto di memento mori.

Contesti d’arte - volume 3
Contesti d’arte - volume 3
Dal Neoclassicismo a oggi