Il grido
Licenziato solamente un anno dopo il ritratto della sorella, il celeberrimo Il grido (37) presenta uno stile radicalmente cambiato. La scelta di dare forma a un grido di dolore, un soggetto astratto quanto evocativo, porta Munch a una scelta cromatica completamente antinaturalistica: i colori non corrispondono al vero, ma sono specchio di una situazione interiore. È l’artista stesso che in alcuni appunti descrive l’esperienza da cui prende le mosse l’opera. «Camminavo lungo la strada con due amici – quando il sole tramontò. I cieli diventarono improvvisamente rosso sangue e percepii un brivido di tristezza. Un dolore lancinante nel petto. Mi fermai – mi appoggiai al parapetto, in preda a una stanchezza mortale. Lingue di fiamma come sangue coprivano il fiordo nero-blu e la città. I miei amici continuarono a camminare – e io fui lasciato tremante di paura. E sentii un immenso urlo infinito attraversare la natura». Munch sembra tradurre quasi alla lettera la sua visione: il fiordo, le lingue di fiamma, il rosso sangue, i compagni lontani e il grido infinito che ha forma umana, per quanto distorta, e che l’artista ha la capacità di sentire. Attraverso l’ondeggiare inquietante delle linee, la prospettiva vertiginosa del ponte e le figure distorte Munch dà forma visiva alla perdita dell’equilibrio. Il taglio del dipinto, che omette la parte inferiore, fa sì che venga coinvolto anche il mondo di chi osserva.