L’Europa tra espansionismo e questione sociale
Negli ultimi decenni del XIX secolo all’Europa rurale si va sostituendo un’Europa industriale, i cui protagonisti sono da un lato la borghesia dei nuovi professionisti, che tende ad affermarsi sempre più come ceto dirigente, dall’altro la classe operaia che, in modo sempre più consapevole, porta avanti importanti rivendicazioni e battaglie egualitarie attraverso movimenti organizzati, i sindacati. In generale si riforma tutto il comparto della politica: al vecchio modello del “partito dei notabili” (organizzazione elitaria e chiusa) si sostituisce il cosiddetto partito di massa per dar voce a una fetta più larga della popolazione che vuole ora partecipare in modo attivo alle scelte che riguardano il futuro dei Paesi.
Un altro fenomeno che si definisce nel tardo Ottocento è l’imperialismo: gli Stati europei, spinti dal desiderio di allargare il proprio giro d’affari e di affermare la propria potenza al di fuori dei confini nazionali, si lanciano alla conquista di vasti territori e fondano nuove colonie. Si assiste a una vera e propria corsa di spartizione, cui prende parte anche l’Italia.
Secondo alcuni studiosi si tratta di una strategia che, mettendo insieme necessità diverse, ha il merito di riversare all’esterno le forti tensioni sociali (ovvero le disparità economiche e le rivendicazioni del ceto operaio) che avrebbero potuto compromettere l’equilibrio interno. Il fenomeno si delinea progressivamente come nazionalismo sempre più evidente e aggressivo, che avrà un ruolo non secondario tra le cause che porteranno allo scoppio della Prima guerra mondiale.