Pierre-Auguste Renoir

4.3 Pierre-Auguste Renoir

Pierre-Auguste Renoir (Limoges 1841-Cagnes-sur-Mer 1919) cresce a Parigi; dopo un breve apprendistato come decoratore di ceramiche e alcuni corsi serali di disegno, nel 1862 entra all’Accademia di Belle Arti sotto la guida di Charles Gleyre (1806-1874), un pittore accademico di una certa apertura mentale. La classe di Gleyre è frequentata anche da Bazille, Sisley e Monet con i quali stringe una sincera amicizia, tanto da condividere un atelier e intrattenersi in appassionate conversazioni sul linguaggio pittorico.
Alla Prima Mostra degli impressionisti, nel 1874 da Nadar, espone ben sei dipinti: due di essi sono subito scelti dal mercante Paul Durand- Ruel (1831-1922) per un’esposizione a Londra, ampliando così la fama dell’artista oltremanica. Forte di un certo successo, anche economico, nel 1881 intraprende un lungo viaggio che lo porta prima in Algeria – terra che gli artisti francesi associavano alla svolta cromatica di Delacroix – poi a Madrid sulle tracce di Diego Velázquez e infine in Italia, che percorre interamente, da Venezia alla Sicilia. A Palermo, raggiunta nel gennaio del 1882, incontra il compositore Richard Wagner (1813-1883), che Renoir ritrae in pochi minuti per rapidi tocchi. All’immediatezza tipica della pittura impressionista, Renoir abbina una luce vibrante – appresa da Corot – restituita attraverso una pennellata fluida, dai colori densi.

L’interprete della gioia di vivere

Nel 1876 Renoir realizza due dipinti che presentano importanti affinità, Le Moulin de la Galette e L’altalena: entrambi mostrano infatti una tranche de vie parigina, colta dal vivo, nel tentativo di rappresentare la gaiezza della vita borghese; entrambi, inoltre, sono acquistati alla mostra del 1877 dall’artista-collezionista Gustave Caillebotte ( p. 154).

Ballo al Moulin de la Galette

Realizzato nel 1876 ed esposto l’anno successivo alla Terza Mostra degli impressionisti – l’ultima alla quale Renoir partecipa – Ballo al Moulin de la Galette (9) è considerato un manifesto dell’Impressionismo. Il soggetto della tela è l’omonimo locale alla moda nel quartiere di Montmartre: un bar e ristorante con spazio all’aperto per il ballo. Il nome deriva sia dalla tipologia dell’edificio, che in origine era un mulino, sia dal fatto che, con i 25 centesimi d’entrata, venivano offerti in omaggio dei dolcetti, le famose galette.
È un dipinto complesso che occupa l’artista per sei mesi e che, dunque, lo obbliga a una frequentazione pressoché quotidiana del locale per osservare dal vivo gli avventori: Renoir era solito trasportare la tela per poter lavorare direttamente en plein air e restituire con vivacità il senso di spensieratezza che aleggiava nel locale.
Dal punto di vista compositivo è un’opera di estrema modernità: Renoir pone in primo piano un uomo di spalle che sta amabilmente conversando con due fanciulle che si sono avvicinate al tavolo, sul quale sono appoggiate una bottiglia e alcune bibite. Lo schienale della panca, richiamato cromaticamente dal verde del tavolo, segna una diagonale che porta l’attenzione direttamente agli altri due giovani seduti e intenti ad ascoltare la conversazione, mentre altre tre figure guardano distante, portando l’asse visivo oltre la scena inquadrata.
I volti delle persone in primo piano sono ritratti piuttosto ben definiti di clienti del Moulin; man mano che i personaggi si allontanano divengono più foschi e scandiscono il passaggio dei piani in una prospettiva che si perde nel colore puro. Le pennellate si allungano in un andamento sinuoso che corrisponde allo stesso del ballo e che confonde suolo e abito delle signore. L’orizzonte si chiude con un intrico di teste in movimento che si mescolano alle fronde dell’acacia e all’arabesco delle lampade, rese con densi passaggi di bianco, quasi a dare forma fisica alla luce.

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L’altalena

Come abbiamo detto, nello stesso anno Renoir licenzia anche L’altalena (10), in cui immortala una fanciulla che si sta dondolando allegramente – colta mentre tiene le corde dell’altalena allargate per darsi la spinta – e chiacchiera con un uomo rapppresentato di spalle. Nel volto della protagonista si riconoscono i tratti di Jeanne Samary (1857-1890), giovane attrice che aveva posato anche per il Ballo al Moulin de la Galette dove danza con lo stesso abito; l’uomo di spalle ha i tratti di Edmond Renoir (1857-1890), fratello dell’artista, mentre quello che fa capolino dietro l’albero è Norbert Goeneutte (1854-1894), un amico pittore.
I toni del dipinto sono in prevalenza l’ocra, il verde e il blu, mentre lo spumeggiare dell’abito è affidato a un bianco intenso ombreggiato di grigio. La pennellata è densa perché la materia cromatica è essa stessa carica di luminosità. La fusione tra luce e atmosfera permette alle figure di integrarsi con l’ambiente, restituendo l’impressione di aver colto un istante di vita.

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La calda luminosità di Bougival

Renoir apre gli anni Ottanta con un capolavoro che ha per soggetto ancora i passatempi della borghesia parigina.

Colazione dei canottieri a Bougival

Nella tela (11) un gruppo di giovani parigini si ritrovano, dopo la voga, al ristorante La Fournaise a Chatou, un villaggio sulle rive della Senna e non lontano da Bougival, dove sono raggiunti a colazione da alcune amiche.
La tavola – una straordinaria natura morta con i resti del pasto appoggiati su una tovaglia d’un bianco cangiante – occupa il primo piano della tela, che ancora una volta si sviluppa secondo un andamento diagonale. Il canottiere in piedi sulla sinistra segna la  direttrice visiva del dipinto verso gli altri tavoli, dove alcuni giovanotti chiacchierano amabilmente, sino a chiudere la scena con una ragazza in nero che, forse vittima di un lieve malore, viene soccorsa dagli amici. Le fronde degli alberi in lontananza e la Senna con le sue imbarcazioni, diventano la quinta scenica sulla quale si muovono i personaggi in primo piano.
La trattazione luministica è raffinata: la luce filtra dalla tenda a righe e riscalda i toni accentuando il contrasto dei colori. Le grandi dimensioni del dipinto permettono a Renoir di realizzare delle figure appena più piccole del vero, in modo che lo spettatore senta una vicinanza pressoché fisica col gruppo di canottieri. I volti sono ancora una volta riconoscibili; l’artista ritrae persone a lui care, prima fra tutte Aline Charigot (1854-1915), sua futura moglie, che gioca con il cane sulla sinistra del dipinto. L’immediatezza della scena presuppone l’assenza del disegno, quanto meno della sua percezione, anche per le figure in primo piano, rese attraverso campiture ben contenute.
Nella Colazione dei canottieri a Bougival l’artista fonde con grande maestria tre generi differenti di pittura: il ritratto, la natura morta e la narrazione della vita moderna parigina che stava a cuore alla poetica impressionista. Il dipinto è infatti anche l’orgogliosa risposta di Renoir a un articolo di Émile Zola che, dopo aver sostenuto per anni gli impressionisti, li accusa in seguito di non essere più capaci di rappresentare davvero la complessità dell’esistenza.

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La parabola del nudo

Parallelamente all’interesse per la vita urbana, Renoir porta avanti con costanza, fin dall’inizio della sua carriera, un’attenta speculazione sul nudo femminile; l’analisi del soggetto è inevitabilmente un buon parametro per comprendere l’evoluzione della sua pittura.

Nudo al sole

In Nudo al sole (12), esposto nel 1876 alla Seconda Mostra del gruppo impressionista, l’artista modella il corpo della fanciulla attraverso la sola contrapposizione del colore: questa permette alla figura di staccarsi dal fondo. Il torso è reso con un forte senso plastico e ha la presenza fisica di una statua che letteralmente emerge dal vorticoso accavallarsi dei flutti, resi attraverso il susseguirsi di lunghe pennellate dai toni dell’ocra, dei grigi e dei verdi. L’assenza di una definizione netta del volto della modella ne accentua l’espressione intensamente malinconica. La critica attacca duramente il dipinto, in particolare la resa dell’incarnato che non rispetta la colorazione naturale, ma è chiazzato di verde e di violaceo come fosse in “stato di completa putrefazione”.

Bagnante seduta

Qualche anno più tardi, successivamente al viaggio in Italia, Renoir dipinge la Bagnante seduta (1883) (13) nella quale invece riemerge l’elemento del disegno, che aveva contrassegnato la formazione dell’artista e che dà maggior consistenza ai contorni della figura. Ciò permette al corpo di emergere nettamente dal paesaggio, reso unicamente dall’incrocio di pennellate nervose che lasciano intuire un ambiente d’acqua e di roccia. La Bagnante ha una carnalità che ricorda il nudo femminile de La colazione sull’erba di Manet: Renoir però riscalda il tono dell’incarnato attraverso i lunghi capelli rossi che incorniciano il volto e scendono lungo la schiena. La luminosità del dipinto è dovuta alla presenza del telo su cui siede la giovane, per il quale Renoir ricorre a un bianco puro, denso e luminoso, ombreggiato appena da tocchi di grigio che, nel contrasto, ne intensificano ulteriormente la radiosità. Il dipinto viene ideato da Renoir durante un soggiorno nell’isola di Guernsey, nel canale della Manica, dove era usanza bagnarsi direttamente tra le rocce, senza utilizzare le cabine. Con buona probabilità l’artista esegue in quell’occasione numerosi bozzetti dal vero per terminare poi il dipinto nel suo studio, carico del ricordo di quel mare spumeggiante.
La Bagnante seduta è la prova che l’Impressionismo, inteso come indirizzo di ricerca pittorica condiviso da tutti i membri del gruppo, stava esaurendo la sua natura collettiva: ciascuno dei protagonisti, infatti, si orienta verso una propria via espressiva, declinata secondo sensibilità e modalità tecniche differenti.

LE FONTI

«Verso il 1883 si era verificata una sorta di frattura nella mia opera. Avevo esaurito l’“impressionismo” ed ero arrivato alla conclusione che non sapevo dipingere né disegnare. In una parola, ero in un vicolo cieco. [...]
Per concludere con quelle che sono state chiamate le “scoperte” degli impressionisti, gli antichi non potevano ignorarle, e se non ne hanno tenuto conto è perché tutti i grandi artisti hanno sempre rinunciato agli effetti. E facendo la natura più semplice, l’hanno resa più grande. Davanti alla natura si è “sconvolti” dallo spettacolo del tramonto; ma se questo effetto fosse eterno stancherebbe, mentre dove non c'è effetto non c'è niente che stanca. Allo stesso modo gli scultori antichi mettevano nelle loro opere il minor movimento possibile. Ma se le loro statue non fanno movimenti, si ha sempre la sensazione che potrebbero farne [...].»

(P.-A. Renoir, Conversazione con Ambroise Vollard, in Lettere e scritti teorici, a cura di E. Pontiggia, Milano 1995.)

GUIDA ALLO STUDIO
Pierre-Auguste Renoir
  • Pittore francese, interprete della vita parigina e della gioia di vivere
  • Uso vibrante della luce
  • Utilizzo di colori densi
  • Assenza di disegni preparatori
  • Resa dell’immediatezza dell’attimo
  • Marcato interesse per la vita urbana e il nudo femminile

Contesti d’arte - volume 3
Contesti d’arte - volume 3
Dal Neoclassicismo a oggi