La situazione italiana
A seguito delle guerre di successione spagnola (1700-1714), polacca (1733-1738) e austriaca (1740-1748) si produce in Italia un totale mutamento dell’assetto politico. La corona di Spagna, estinto il ramo spagnolo degli Asburgo, passa ai Borbone (la stessa casata del re di Francia). Il Regno di Napoli passa sotto il controllo dei Borbone di Spagna mentre il ducato di Parma e Piacenza sotto quello dei Borbone di Francia. Nella sfera d’influenza francese è anche la Repubblica di Genova mentre la Lombardia e il Granducato di Toscana (dove si era estinta la casata dei Medici ed era salito al trono Leopoldo di Lorena, marito di Maria Teresa d’Austria) passano sotto il controllo austriaco. Venezia rimane sostanzialmente estranea agli eventi bellici del primo Settecento ma all’autonomia politica di cui gode fa da contraltare una lenta e inesorabile decadenza economica.
Tale situazione non impedisce la prosecuzione di una grande tradizione artistica che diviene in questo periodo la più apprezzata e diffusa in tutta Europa. Il genere del paesaggio trova i suoi grandi interpreti in Canaletto, Bernardo Bellotto e Francesco Guardi. Le loro vedute di Venezia riscuotono un enorme successo specialmente tra i ricchi viaggiatori inglesi che le acquistano come souvenirs del loro viaggio in Italia. Tra Seicento e Settecento si afferma, infatti, la moda del grand tour, il viaggio formativo compiuto dai giovani gentiluomini accompagnati dai loro precettori. Insieme ai dipinti di paesaggio, questi colti viaggiatori richiedono spesso la realizzazione di ritratti, genere nel quale si specializza Rosalba Carriera. A Venezia trova la sua ultima espressione anche la grande tradizione italiana dei cicli affrescati: Giambattista Tiepolo viaggerà tra Germania e Spagna per realizzare monumentali e magniloquenti allegorie dipinte nei più importanti palazzi reali. Accostabile invece alla pittura di Chardin è quella di Pietro Longhi che ci offre veri e propri spaccati della società veneziana del tempo i cui costumi vengono descritti non senza una vena ironica e moralizzante.
Anche lo Stato pontificio vive una situazione di sostanziale isolamento politico, simile a quello veneziano, ma alcuni papi si fanno promotori di iniziative mirate a vivificare la produzione artistica, sostenendo per lo più la continuità con la rivisitazione in chiave scenografica della tradizione classica fornita dal Barocco romano nel secolo precedente. A questo scopo papa Clemente XI (1700-1721) fonda nel 1710 a Bologna una nuova Accademia che avrebbe dovuto, secondo le sue intenzioni, rinnovare il Classicismo della grande scuola emiliana del Seicento. In città, tuttavia, i risultati più interessanti non nascono dall’Accademia clementina ma dall’eredità di quel realismo che Annibale Carracci aveva sviluppato nella sua attività precedente al soggiorno romano e che adesso viene raccolta da Giuseppe Maria Crespi. Il Classicismo romano trova invece piena attuazione in campo architettonico, come ci testimonia il rinnovamento urbanistico di Roma sostenuto dallo stesso Clemente XI con la costruzione del Porto fluviale di Ripetta e della maestosa scalinata di piazza di Spagna (► p. 487). Clemente XII (1730-1740) prosegue su questa linea promuovendo la costruzione della Fontana di Trevi (► p. 488) ma soprattutto aprendo al pubblico, nel 1734, le collezioni papali di arte antica conservate nei palazzi del Campidoglio (costituendo così un fondamentale precedente per il nuovo rapporto con l’Antico che troverà piena attuazione nella seconda metà del secolo anche grazie alla fondazione dei musei pubblici). Nel 1738 Carlo III di Borbone (figlio di Filippo V e futuro re di Spagna) sconfigge le truppe austriache e sale al trono del Regno di Napoli. Egli sceglie la via dell’autonomia politica rispetto alla Spagna e avvia importanti riforme legislative, finanziarie e commerciali sostenendo direttamente la produttività mediante l’apertura delle manifatture reali degli arazzi, delle pietre dure e della porcellana fra il 1737 e il 1739. Il nuovo regime borbonico rimarca la discontinuità con quello asburgico promuovendo la costruzione di importanti edifici urbani, come il Teatro San Carlo (► p. 490), e suburbani come la grandiosa Reggia di Caserta (► p. 493) progettata da Luigi Vanvitelli. Lo Stato che più di tutti ha tratto beneficio dalla partecipazione alle tre guerre di successione è tuttavia il ducato di Savoia, che vede ampliati i propri confini mediante l’annessione delle Langhe, delle città di Novara, Tortona, Voghera e Vigevano e della Sardegna. A progettare e sovrintendere le imponenti commissioni edilizie dei duchi sabaudi è l’architetto d’origine siciliana Filippo Juvarra, che prosegue il profondo rinnovamento del volto di Torino in chiave barocca già avviato dal Guarini.