Trionfo della Divina Provvidenza
Il tema degli affreschi della volta, che consacrano Pietro da Cortona rappresentante indiscusso della pittura barocca romana, è il Trionfo della Divina Provvidenza (35). La Provvidenza, infatti, aveva voluto l’elezione al soglio pontificio di Urbano VIII, chiamandolo a governare e rigenerare la Chiesa e la cristianità tutta. L’affresco si articola in una grandissima scena centrale e in una serie di scene laterali e traduce in pittura molte delle idee di Bernini, tipicamente barocche, sulla meraviglia e lo stupore che le opere d’arte devono suscitare nell’osservatore. La volta, nel suo insieme, è popolata da una tale quantità di personaggi, sacri e mitologici, che è quasi impossibile dire quante figure vi siano presenti. Dovendo rappresentare la salita verso l’ultraterreno di Urbano VIII e la buona sorte che scende sulla Terra, l’artista toscano abolisce completamente la verosimiglianza naturalistica della scuola caravaggesca e concepisce l’opera come una vera e propria favola in cui i personaggi si assomigliano tra loro e sono tutti belli, giovani e sorridenti, perché tutti appartenenti a un mondo fantastico. L’immediato precedente è la decorazione della Galleria Farnese di Annibale Carracci (► pp. 374-375), ma a differenza del bolognese qui la partitura architettonica della grande cornice illusionistica centrale appare continuamente annullata dai personaggi che vi si sovrappongono. Il papa non appare, ma è evocato attraverso la rappresentazione delle api
(36) emblema araldico dei Barberini, che salgono verso il cielo: scopo dell’affresco è infatti quello di trasformare una monumentale macchina decorativa in un enfatico elogio del suo committente. L’immagine della Divina Provvidenza, verso la quale tutti gli sguardi convergono, è al centro della composizione, e intorno a lei si genera un vero e proprio vorticoso movimento accresciuto dalle api in volo. Intorno alla scena principale si vedono storie antiche e mitologiche come quella di Minerva che abbatte i giganti ribelli volando su di loro, o della Fucina di Vulcano
(37) dove si forgiano le armi di Achille: mitologia greca e iconografia cristiana si mescolano in un inno alla classicità santificata dal Cristianesimo.
Si concretizza qui la nuova idea, che i posteri chiameranno Barocco, di un’arte libera dai vincoli della verosimiglianza e che crea una specie di "effetto speciale", svelando mondi immaginari e spingendo l’osservatore a guardare in modo diverso questa pittura, composta da una miriade di figure su cui l’occhio non riesce a riposare ma scorre di continuo per cercare di dominare l’insieme.