I GENERI E LE FORME: I ritratti in marmo

I GENERI E LE FORME

I ritratti in marmo

Nella produzione artistica di Gian Lorenzo Bernini, un particolare ruolo hanno i busti-ritratto, a cui si dedica, fin da giovane, per tutto il corso della sua carriera: essi rivelano non solo le eccezionali modulazioni a cui lo scultore è in grado di piegare il marmo, ma anche una straordinaria sensibilità di analisi psicologica. La galleria dei personaggi ritratti permette inoltre di ricostruire la rete di relazioni professionali e umane che segnarono la carriera dell'artista, con uno spaccato molto attendibile dell'ambiente aristocratico – soprattutto romano, ma non solo – di quegli anni.

Le istantanee in marmo di Bernini

Bernini sosteneva che per poter cogliere la vera essenza di una persona bisogna studiarla nella sua vita di tutti i giorni e nelle occupazioni e atteggiamenti abituali: da diverse testimonianze sappiamo infatti che, invece che mettere in posa i suoi soggetti, Bernini li frequentava per osservarli in movimento e in queste occasioni realizzava una serie di schizzi, studi, disegni e bozzetti in argilla dei suoi modelli, per familiarizzare con il soggetto, e comprenderne la personalità. I ritratti di Bernini possiedono così un dinamismo che non ha eguali nell'arte del Seicento: trasmettono il carattere dei personaggi, raffigurati con espressioni, modi di volgersi, di guardare e di atteggiarsi, da sembrare quasi delle immagini instabili, in movimento, come fossero moderne istantanee in marmo.
Il Busto del cardinale Scipione Borghese, eseguito da Bernini in giovane età, raffigura il religioso colto mentre sembra che stia parlando: la volumetria essenziale, la resa psicologica approfondita e la maggiore forza espressiva creano un nuovo modello di ritratto ufficiale, di dimensione più intima, quasi a colloquio con l'osservatore.
Diversa è l'immagine, vivace e spontanea, di Costanza Bonarelli, eseguita tra il 1636 e il 1638, con ogni probabilità un'immagine privata, che decorava l'abitazione di Bernini e che lo scultore, amante della donna moglie di un suo allievo, realizzò per se stesso. La leggenda romantica dell'amore per Costanza, che trova conferma nella biografia dell'artista scritta dal figlio, ha riscontro anche nella straordinaria vivacità con cui Bernini ritrae la donna, priva di ogni ufficialità: Costanza sembra colta in un momento di intimità quotidiana, con i capelli spettinati e la camicia aperta sul seno, lo sguardo fiero quasi stupito di essere stata sorpresa, le labbra appena dischiuse.
Più solenne e magniloquente è il Busto di Luigi XIV, unica opera che lo scultore realizzò in Francia prima di tornare a Roma, scolpito dal vivo in tre mesi nel corso di lunghe sedute, in cui il re fu invitato non solo a posare, ma anche a muoversi e chiacchierare, perfino giocare a tennis, secondo il metodo abituale dello scultore. Il re è raffigurato in armatura, con una ricca parrucca che sembra, come il drappo della veste, mossa dal vento: i suoi occhi però, come se non fossero turbati da queste distrazioni, guardano lontano, con fierezza. L'astratta nobiltà della figura si combina così con le precise caratteristiche individuali del soggetto in un perfetto equilibrio che evita sia la copia dal vero, sia l'astrazione classica. Si tratta di un ritratto celebrativo, che deve esaltare l'importanza e il rango del personaggio, e allo stesso tempo, restituirne, con grande capacità sintetica, un'immagine altera e viva.

Algardi tra indagine psicologica e classicismo

Inserendosi in questa ricca tradizione, anche Algardi è molto richiesto come scultore-ritrattista, interprete privilegiato delle intenzioni di una Chiesa che voleva dimostrarsi moderna e progressista, autore di busti che sono influenzati dalle creazioni di Bernini, ma insieme originali e indipendenti. Lo spiccato naturalismo "in presa diretta" berniniano è infatti sempre controllato dal freno della cultura e dello stile, classico e ispirato.
Alcuni suoi busti sono diventati celeberrimi, come quello di Olimpia Maidalchini Pamphilj, nobildonna romana, realizzato in puro marmo bianco di Carrara, che raffigura la famigerata cognata di papa Innocenzo X, ambiziosa e intrigante, conservato ancora in Palazzo Doria Pamphilj tra le collezioni di famiglia. Singolare e profonda – nella produzione dell'artista, in genere più composta e classicamente astratta – è la caratterizzazione psicologica dell'immagine che crea un indimenticabile ritratto di una donna che le fonti ci descrivono avida, volitiva, tessitrice di complesse trame nella Roma del Seicento.

Contesti d’arte - volume 2
Contesti d’arte - volume 2
Dal Gotico internazionale al Rococò