Contesti d’arte - volume 2

Il contributo al riassetto di Piazza Navona

La fortuna di Bernini incontra qualche rallentamento alla morte di papa Urbano VIII, quando sale al soglio pontificio Innocenzo X Pamphili, la cui famiglia aveva vecchie inimicizie con i Barberini; il nuovo papa, complice la grave crisi economica che il Vaticano sta attraversando, è inizialmente abbastanza cauto nella promozione delle arti e addirittura ostile nei confronti dello stesso Bernini, protetto del suo predecessore. Proprio negli anni del suo pontificato, infatti, trova finalmente riconoscimento ufficiale del suo talento Francesco Borromini (► pp. 410-411), cui tra le altre cose viene affidato il restauro di San Giovanni in Laterano.
Nel suo programma di risistemazione di piazza Navona tuttavia Innocenzo X non può trascurare il progetto di Bernini per la Fontana dei Fiumi, che lo colpisce al punto da mettere in ombra il disegno, più semplice, del suo prediletto Francesco Borromini cui pure era stato affidato l'incarico di redigere una proposta. L'intera piazza infatti, costruita sul sito dell'antico stadio di Domiziano dell'85 d.C., di cui ancora oggi ricalca la forma (4), era oggetto di riflessione da parte del papa, che voleva trasformarla nell'occasione per celebrare la magnificenza della sua famiglia operando a scala urbana oltre che architettonica; così per il riassetto vengono abbattuti alcuni isolati e alla Fontana dei Fiumi (1648-1651) fanno da corollario la costruzione di Palazzo Pamphili (Borromini, dal 1646), della Chiesa di Sant'Agnese in Agone (Girolamo Rainaldi e Francesco Borromini, dal 1652) e la risistemazione delle altre due fontane del Moro e del Nettuno, costruite da Giacomo della Porta nel secolo precedente.

Fontana dei Fiumi

La fontana di Bernini è pensata per collocarvi il grandioso obelisco, copia romana di un originale egizio, ritrovato nel 1647 nei pressi del circo di Massenzio. Il gigantesco complesso in travertino si erge su una vasca ellittica e sostiene il peso che vi grava sopra mettendo in scena un paradosso statico tipicamente barocco, essendo cavo al centro proprio in corrispondenza dell'asse verticale dell'obelisco (5). L'architetto e scultore aveva approntato diversi modellini in terracotta e legno, tuttora esistenti e dai quali si evince che probabilmente la fontana doveva essere in bronzo, con una struttura compositiva ancora più slanciata; un aneddoto rivela che, accusato di aver progettato un'opera non sicura, Bernini abbia risposto ironicamente fissando quattro esili (e inutili) cordicelle dalla base del complesso alle facciate dei palazzi circostanti. Alla base dello sperone roccioso che sorregge l'obelisco ci sono le statue di quattro grandi fiumi, allegoria dei continenti allora conosciuti: il Danubio per l'Europa, il Gange per l'Asia, il Rio de la Plata per le Americhe (6), il Nilo per l'Africa (7). Le statue, solo disegnate da Bernini e poi realizzate da altri artisti, sono animate da un vigore plastico e dinamico tipico del pieno Barocco; attorno a esse, animali e piante in stretta relazione tra loro movimentano il tutto e nascondono i condotti da cui fuoriesce l'acqua, che zampilla tra le rocce producendo un effetto scenografico che suscita meraviglia e stupore nello spettatore. Alla sommità dell'obelisco è posta una colomba, simbolo dello Spirito Santo e stemma di papa Pamphili.
Numerosi sono ancora oggi gli interrogativi sui motivi per cui il papa sceglie quest'opera invece che quella del suo protetto; tralasciando i curiosi aneddoti riportati dai contemporanei, probabilmente la verità sta nella scelta iconografica che nasconde un codice comunicativo molto complesso. Per la sua opera Bernini si avvale della collaborazione del tedesco Athanasius Kircher (Geisa 1602-Roma 1680), fine intellettuale e padre gesuita che concorre alla definizione di un monumento-immagine costruito ad hoc per rivendicare e promuovere la sovranità della Chiesa cattolica sul mondo. Basti fare l'esempio dei fiumi designati a rappresentare l'Europa e le Americhe, per i quali ci si sarebbe aspettati il più "locale" Tevere e il Mississippi: forse si è trattato di una scelta politica, volta a focalizzare l'attenzione su due aree "calde" dell'universo cristiano: il Nord Europa, interessato dalla Riforma luterana, e il Sud America, da poco cristianizzato dalle missioni gesuite.

GUIDA ALLO STUDIO
Bernini: la Fontana dei Fiumi
  • Si inserisce in un luogo di alto valore simbolico per il committente: papa Innocenzo X Pamphilj
  • Complesso gigantesco
  • In travertino
  • Grandioso obelisco centrale (copia romana di uno egizio)
  • Struttura compositiva slanciata
  • Statue dei quattro fiumi alla base (Danubio, Gange, Nilo, Rio de la Plata) che corrispondono ai quattro continenti conosciuti
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Tra scultura e architettura in San Pietro

L'immagine complessiva dell'interno della Basilica di San Pietro, monumento romano importantissimo e edificio simbolo della cristianità controriformata, è fortemente legata al nome di Bernini, che è intervenuto nelle navate e ha creato statue e monumenti funebri, organizzando una riconfigurazione completa della decorazione dell'immensa chiesa. A partire dal monumentale Baldacchino, Bernini lavora a più riprese per il principale complesso religioso romano, in un arco di tempo di oltre cinquant'anni. Tra il 1628 e il 1647 realizza la tomba per Urbano VIII, nel 1656 dà inizio ai lavori per la risistemazione della piazza, nel 1666 completa la cattedra per l'interno e la Scala Regia, ed entro il 1678 esegue la tomba del suo ultimo patrono, papa Alessandro VII.

Baldacchino di San Pietro 

Nel corso della sua vita Bernini riesce quasi sempre a mantenere la prestigiosa posizione di un artista di successo, conscio del proprio ruolo, al diretto servizio del papa regnante e dei maggiori personaggi della Curia. Urbano VIII, dotto e sensibile, lo chiama il "Michelangelo del suo tempo" e lo sceglie quale suo prediletto: come Michelangelo un secolo prima, Bernini è scultore, pittore e architetto e si distingue anche quale esperto in settori particolari come per esempio gli allestimenti teatrali, gli apparati effimeri per le feste e le grandi cerimonie che di frequente si tenevano a Roma. Il suo percorso artistico è tale che ben presto assume la supremazia assoluta nella Roma del tempo, un talento in grado di creare un nuovo clima culturale.
Per Urbano VIII il maestro realizza il Baldacchino (8) che impreziosisce l'altare maggiore di San Pietro (1624-1633) e lo consacra come l'inventore di nuove forme di "spettacolarizzazione" delle sacre immagini. Questa incredibile opera è concepita come un gigantesco arredo processionale trasformato in monumento ed è il simbolo di una decisiva svolta nella cultura artistica del Seicento: la ricchezza dei materiali, il dinamismo della composizione e la compenetrazione fra scultura e architettura sono caratteri distintivi dei nuovi indirizzi dello stile che viene chiamato "Barocco". Per la morfologia delle colonne l'artista si ispira a quelle, antichissime, dalla tipica forma a spirale conformate a modo di pergola di vite, simbolo di vita eterna. Colonne di questo tipo erano presenti nel presbiterio dell'antica basilica costantiniana (9-10). Bernini concepisce l'idea di realizzare le colonne del baldacchino ingigantendo a dismisura le proporzioni e utilizzando un materiale prezioso, il bronzo, ottenuto in parte, tra feroci polemiche, dalla fusione delle travi del pronao del Pantheon.
La figura del committente è evocata nel baldacchino dalla presenza delle api sulle colonne, emblema della famiglia di Urbano VIII. Il baldacchino, che si erge maestoso nel  centrocroce” della basilica, si confronta con la sovrastante cupola di Michelangelo e si pone come elemento di mediazione visiva e spaziale fra l'immensità dell'architettura e la dimensione dell'osservatore.
Per concludere la struttura, dove una copertura rettilinea avrebbe mortificato lo slancio possente, Bernini attinge alla capacità progettuale di un giovane genio che collaborava al cantiere, Francesco Borromini, nipote del primo architetto di San Pietro, Carlo Maderno (Capolago 1556-Roma 1629); a questo si doveva la facciata della basilica (1607-1614) e l'intenzione dell'allungamento delle navate che stravolgeva l'originario progetto michelangiolesco, basato sull'idea iniziale di Bramante della pianta centrale. Il giovane Borromini è probabilmente il responsabile dell'invenzione di un sistema di copertura a grandi archi che si proiettano nello spazio e non chiudono ma definiscono la forma pur lasciandola aperta e aerea: un'idea che segna l'avvio della carriera di uno dei più straordinari progettisti dell'età moderna. 

CONFRONTI E INFLUENZE

Per la Basilica di San Pietro Bernini progetta un’architettura che fa parte del tradizionale arredo liturgico: si tratta della rielaborazione della struttura del ciborio, pensata per dare risalto all’altare maggiore, fulcro simbolico e spaziale della chiesa. Confrontando l’opera con un esempio gotico, il ciborio realizzato da Arnolfo di Cambio, ci rendiamo conto delle novità introdotte da Bernini per assolvere alle nuove esigenze: da un lato la spettacolarizzazione del rituale liturgico ma anche, nello specifico, la necessità di avere in un ambiente così vasto un elemento che funzionasse da raccordo spaziale.

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Monumento funebre di Urbano VIII

In questo contesto spicca il monumento al papa che tanto lo aveva amato e protetto, Urbano VIII. L'opera stabilisce un nuovo modello di tomba a parete (11), seguìto per secoli sia in Italia sia all'estero, specie in Francia e in Inghilterra. Misto di marmo e bronzo, il monumento rappresenta il pontefice benedicente attorniato dalle gigantesche statue allegoriche della Giustizia e della Carità.
La statua di Urbano VIII è realizzata in bronzo, cosi come lo scheletro: l'immagine, che dovrebbe richiamare il dramma della morte, diventa quasi vitale perché è colta nell'atto di scrivere l'epitaffio del papa su un gigantesco cartiglio. Le due allegorie invece sono di marmo: nella compenetrazione tra diversi materiali si realizza un vivace effetto pittorico e coloristico, che sembra far dimenticare il contesto funebre e macabro del monumento. Bernini trasforma così la tomba in un teatro sacro, suggerendo una concezione della morte e dell'ultraterreno mondana e ambigua: l'idea meditativa tipica delle tombe rinascimentali – che tanta fortuna aveva avuto nella Toscana del Quattrocento e del Cinquecento – è sostituita da un'idea spettacolare, dove sacro e profano trovano un punto di incontro sconcertante ma di fascino duraturo.

Cattedra di San Pietro 

La Cattedra (12) collocata nell'abside della basilica è il simbolo dell'ultraterreno che solo parzialmente è raggiungibile attraverso i sensi dell'uomo. Secondo la tradizione la cattedra era un trono ligneo, appartenuto a san Pietro, primo papa e primo vescovo di Roma: in realtà il sedile risale al IX secolo. È del 1656 l'idea di inserirlo, come una preziosa reliquia, all'interno di una grandiosa struttura scenografica. L'opera di Bernini, capolavoro insieme di architettura e scultura, è collocata nell'abside di fondo della basilica vaticana: un trono in bronzo dorato monumentalizza e insieme occulta al suo interno la cattedra lignea vera e propria.
Su un drappo frontale è rappresentata la Consegna delle chiavi, ovvero l'atto secondo cui, nella dottrina cattolica, Cristo conferisce a Pietro il primato papale. Sopra il trono, in una raggiera di stucchi dorati contornata da angeli, si trova un finestrone in alabastro raffigurante una colomba, simbolo dello Spirito Santo, che illumina il gruppo con spettacolari effetti luministici. Bernini pensa questo "oggetto" come circonfuso di luce: i raggi divini sono in realtà dure lame di bronzo dorato, attorno a cui si accalcano le figure dei Dottori della Chiesa greca e latina che sembrano fermare il volo della cattedra, librata verso il cielo su nuvole di stucco. I materiali pesantissimi creano così un insieme di impossibile leggerezza, secondo un'idea già contenuta in nuce nelle statue giovanili come l'Apollo e Dafne, in cui il marmo pareva smaterializzarsi.

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Scala Regia

La presenza di Bernini nel complesso pontificio in Vaticano si evidenzia anche nell'episodio della costruzione della Scala Regia (13).
Il rifacimento della scala preesistente, promosso al fine di migliorare la funzionalità del collegamento fra gli appartamenti papali e la basilica, diviene l'occasione per l'artista di dimostrare la sua grande capacità di dominare un progetto complesso, dove scultura, architettura e artificio prospettico si fondono in una perfetta sintesi artistica. La rampa, coperta da una volta a botte, si restringe a cannocchiale verso l'alto creando un particolare effetto visivo e prospettico sottolineato dalla serrata teoria di colonne, ribattute nelle paraste che scandiscono le pareti.
L'inizio del percorso è monumentalizzato da una magniloquente serliana. La scala è realizzata in uno spazio molto angusto, che Bernini però riesce a dilatare grazie al doppio colonnato ionico e alla convergenza delle pareti, sfruttando un artificio molto simile a quello utilizzato dal suo rivale Borromini nella Galleria di Palazzo Spada ( p. 414).
Al termine della rampa Bernini colloca la statua equestre dell'imperatore Costantino (14), raffigurato dall'artista nel momento in cui ha la visione della Croce prima della battaglia di Ponte Milvio. È un'opera di intensa drammaticità e teatralità, sottolineata anche dal grande drappo in movimento che costituisce lo straordinario fondale della scultura. 

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Piazza San Pietro

Bernini esprime quest'idea di spettacolarizzazione delle arti anche negli altri due grandi progetti per la Basilica di San Pietro, nati sotto l'egida di papa Alessandro VII, della famiglia senese dei Chigi, che riprende con vigore la politica di mecenatismo papale che si era interrotta con Innocenzo X. Per lui Bernini realizza, oltre alla tomba, due opere simbolo della cristianità controriformata: la piazza antistante la basilica e la cattedra nell'abside della basilica stessa, cioè l'inizio e la fine della visita per ogni cristiano.
Fin dai progetti, la piazza (15) era destinata a diventare il luogo dell'accoglienza per antonomasia, incontro degli uomini in questo mondo terreno, uniti nella fede dall'abbraccio della Chiesa che tutti li contiene. Il grande vuoto davanti alla facciata della basilica è così progettato da Bernini come una sequenza di spazi geometricamente conformati: un'area trapezoidale, che enfatizza gli effetti prospettici, e la vasta ellisse, materializzata da due possenti colonnati in travertino (16) che evocano l'immagine delle braccia che si aprono, con una metafora che era ben chiara anche ai contemporanei. Si realizza così, in un vastissimo progetto scenografico, un'idea chiave della poetica di Bernini: lo spazio è insieme funzionale – perché guida i fedeli verso la basilica e accoglie le folle convenute a Roma per la benedizione papale – e destinato a suscitare meraviglia. Perfettamente adatto nelle sue dimensioni colossali alle esigenze devozionali e liturgiche e insieme incommensurabile per la selva di colonne che lo racchiudono, ha il suo fulcro reale e simbolico nella Loggia della Benedizione, immediatamente visibile da ogni punto della piazza. La successione dei due differenti spazi (17), la piazza esterna vera e propria e il sagrato, delimitato da due corpi di fabbrica divergenti, diventa una prospettiva perfetta che riporta al centro della visione la cupola di Michelangelo, la cui posizione era stata snaturata dal cambiamento di struttura della pianta della basilica: in questo modo Bernini, il Michelangelo rinato, paga il suo omaggio a uno dei riferimenti chiave della sua arte.
La forma scenografica – in questo profondamente barocca – della piazza è oggi snaturata dall'alterazione del tessuto viario che ha compromesso l'intervento urbanistico dell'architetto: il grande viale di accesso alla piazza è infatti una realizzazione novecentesca. Nel Seicento si accedeva invece al vasto spiazzo da due strette vie, in cui una serie di alti edifici impediva la visione della Basilica di San Pietro, che appariva all'improvviso, maestosa dietro la selva di colonne (18).



LE FONTI

Come afferma lo stesso Bernini, il colonnato doveva dimostrare di «Ricever a braccia aperte maternamente i Cattolici per confermarli nella credenza, gli Heretici per riunirli alla Chiesa, e gl’Infedeli per illuminarli alla vera fede».

GUIDA ALLO STUDIO
Bernini in San Pietro

Baldacchino di San Pietro (1624-1633)

  • Commissionato da papa Urbano VIII
  • Per arricchire e spettacolarizzare l’altare maggiore
  • Unione di scultura e architettura
  • Colonne a spirale che richiamano la vite, simbolo di vita eterna

Monumento funebre a Urbano VIII (1628-1647)

  • Modello di tomba a parete
  • Statua in bronzo del pontefice affiancata da Giustizia e Carità
  • Unione di materiali diversi
  • Vivace effetto coloristico

Piazza San Pietro (dal 1656)

  • Commissionata da papa Alessandro VII Chigi
  • Unione di due spazi: uno trapezoidale e l’altro ellittico
  • Delimitata da due possenti colonnati simbolo dell’abbraccio verso i fedeli

Cattedra di San Pietro (1656-1666)

  • Fusione di scultura e architettura
  • Simbolo dell’ultraterreno
  • Spettacolari effetti luministici

Scala Regia (completata nel 1666)

  • Collegamento tra gli appartamenti papali e la basilica
  • Sintesi di scultura, architettura e artificio prospettico
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Architettura e illusionismo

Effetti scenografici che si accompagnano a un rigoroso controllo dello spazio architettonico sono caratteri che si trovano anche nei progetti di Bernini per edifici religiosi. Sant'Andrea al Quirinale a Roma, San Tommaso a Castel Gandolfo, Santa Maria Assunta ad Ariccia sono architetture che esplorano il tema della pianta centrale, creando modelli duraturi per l'architettura europea della seconda metà del Seicento e del Settecento.

Sant'Andrea al Quirinale

La chiesa (19), edificata a partire dal 1658 e conclusa, nelle sue strutture architettoniche, nel 1661, fu costruita sulle fondamenta di una chiesa precedente grazie alla commissione del papa Alessandro VII e del cardinale Camillo Pamphili, nipote di papa Innocenzo X.
La facciata si apre su un piccolo sagrato dilatato da due ali concave, che ampliavano illusionisticamente lo spazio e sono state modificate da successivi progetti: il modello è quello, in scala ovviamente minore, degli effetti prospettici e scenografici del colonnato della basilica vaticana. Contribuiscono al senso di allargamento spaziale della piccola piazza anche la gradinata semicircolare e il portico monumentale, con il gigantesco stemma dei Pamphili sorretto da colonne ioniche.
L'invenzione forse più emblematica è però la creazione di un interno profondamente illusionistico, in cui il piccolo spazio a disposizione dell'architetto si allarga dando allo spettatore l'impressione di trovarsi in un ambiente assai più grande (20-21). La figura geometrica di base della pianta è l'ellisse, articolata in cappelle radiali disposte in modo da sottolineare la continuità spaziale. Lo spazio è così insieme unitario e dinamico.
Le due absidi laterali sono prive di arredi e hanno una semplice funzione strutturale: così lo sguardo del fedele si dirige verso il centro simbolico e spirituale costituito dall'altare maggiore, dove la pala d'altare è illuminata da una fonte di luce nascosta, secondo un espediente già utilizzato nella Cappella Cornaro a Santa Maria della Vittoria. 

In Francia

Protetto dai papi che si sono succeduti al soglio pontificio, Bernini ha ormai una fama internazionale: nel 1664 il ministro Colbert, per conto del re Luigi XIV, convince il papa a concedergli il suo artista prediletto e così il 29 aprile 1665 Bernini parte per la Francia, con l'intento di progettare la ristrutturazione della residenza reale del Louvre. È accolto come un principe, anche se l'esperienza francese è destinata a durare solo pochi mesi e i suoi sfarzosi progetti a rimanere sulla carta. Il 20 ottobre è di nuovo a Roma, dove lavora ancora per Clemente IX Rospigliosi, il nuovo papa, fino alla morte che lo coglie nel 1680.

Contesti d’arte - volume 2
Contesti d’arte - volume 2
Dal Gotico internazionale al Rococò