Guercino

6.6 Guercino

Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino (Cento 1591-Bologna 1666) è forse il più famoso fra gli artisti emiliani cresciuti sotto l’influenza dei Carracci: il soprannome (da "guercio", ossia cieco) gli deriva da un difetto all’occhio destro che forse in parte influenzò la sua visione dello spazio. Trovato un protettore influente nella figura di Alessandro Ludovisi, arcivescovo di Bologna e poi cardinale, Guercino si reca a Roma nel 1621, all’epoca in cui il cardinale è divenuto papa col nome di Gregorio XV.

Nel 1623, all’improvvisa morte del papa, Guercino lascia Roma per ritornare nella sua città natale, Cento, dove diviene uno dei punti di riferimento per la pittura emiliana del secolo: rifiuta gli inviti a trasferirsi in Inghilterra e, chiamato da Luigi XIII, in Francia, e nel 1642 si trasferisce a Bologna.

Aurora Ludovisi

Fra le opere realizzate nei tre anni del soggiorno romano spicca la decorazione a tempera (cioè un affresco "a secco") con l’Aurora e la Fama (1621) sulla volta del villino di proprietà di Ludovico Ludovisi, nipote di papa Gregorio XV, e per questo da allora noto come Casino Ludovisi. Nella raffigurazione dell’Aurora (32), dipinta di sotto in su con un ardito scorcio memore degli illusionismi di Annibale Carracci nella Galleria Farnese, la divinità appare su un cocchio trainato da cavalli, ed è immaginata nell’ampia volta celeste luminosissima, mentre un genio in volo la incorona con i fiori, e un altro dal carro sparge fiori nel cielo. La composizione è inserita in una finta architettura, che pare aprirsi al passaggio della dea, in un modo che è insieme più naturale e più spettacolare rispetto ai quadri riportati della Galleria Farnese: l’opera rappresenta forse anche metaforicamente, con i suoi vivaci contrasti di luce e di ombra, l’alba di una nuova era artistica.

Et in Arcadia ego

Sempre per committenti romani fu eseguita l’enigmatica tela intitolata Et in Arcadia ego (33), entrata nella collezione Barberini nel quarto decennio del Seicento. Questo dipinto, tra i più famosi della produzione del Guercino, allude con evidenza al memento mori (cioè un monito sull’ineluttabilità della morte), sottolineato dalla presenza del teschio con il verme e dal moscone, tradizionali simboli di morte, che si accompagna alla scritta «Et in Arcadia ego», vale a dire "Anche io [cioè la morte] sono in Arcadia". L'Arcadia era un'antica regione del Peloponneso centrale, in Grecia, popolata da pastori e divenuta nella mitologia greca un luogo idilliaco governato da Pan, in cui pastori e satiri vivevano in armonia. Anche nel mondo arcadico, dunque, pare ricordare Guercino, non si sfugge alla morte. La tavolozza si fa progressivamente più scura, rischiarata da improvvisi bagliori di luce che indicano il momento immediatamente precedente all'alba, e la natura è osservata con freschezza e sobrietà. 
GUIDA ALLO STUDIO
Guercino
  • Pittore emiliano attivo a Roma e Bologna
  • Uso dello scorcio ardito
  • Contrasti vivaci di luce e ombra
  • Colori scuri rischiarati da bagliori di luce

Contesti d’arte - volume 2
Contesti d’arte - volume 2
Dal Gotico internazionale al Rococò