Annibale Carracci
6.5 Annibale Carracci
La Grande macelleria e il Mangiafagioli
Queste tre tele, eseguite dal solo Annibale tra il 1582 e il 1584, possono essere considerate veri e propri manifesti di questa prima fase dell’attività e della radicale volontà di rottura con l’arte del secondo Cinquecento. I tre dipinti denotano un accurato studio dei dati del mondo reale, nella raffigurazione di scene di genere ispirate alla vita quotidiana. Con questo intento, l’artista si tiene lontano dagli effetti del comico e grottesco che avevano caratterizzato precedenti esperienze cinquecentesche, per esempio quelle fiamminghe, impegnate nella resa delle immagini popolaresche. Annibale riesce invece a dare una misura monumentale ed eroica ai suoi protagonisti, grazie all’impiego del grande formato, solitamente adatto a scene di storia sacra o mitologica, come nella Grande macelleria (26), in cui l’attività umile dei macellai riceve un’inaudita monumentalità classica, alla pennellata virtuosa, attenta a rendere ogni dettaglio della realtà, la torta d’erbe bolognese e le unghie nere del protagonista nel Mangiafagioli (27).
CONFRONTI E INFLUENZE
Il confronto tra il Mangiafagioli di Annibale Carracci e la Cena in Emmaus di Caravaggio rende evidente la comune radice dei rispettivi linguaggi figurativi nella ricerca del vero. Se da un lato Carracci dona alla sua scena di genere una monumentalità solitamente riservata ai soggetti religiosi, dall’altro Caravaggio umanizza i personaggi sacri. Nel dipinto di Caravaggio è evidente l’abilità nella resa delle espressioni e dei gesti. Egli raffigura i due apostoli, seduti ai lati del tavolo, nel momento esatto in cui riconoscono Gesù, apparso loro in sembianze mutate: quello a sinistra sobbalza letteralmente dalla sedia (in un gesto assolutamente quotidiano e naturale) mentre l’altro, a destra, spalanca le braccia in segno di stupore (alludendo probabilmente anche al sacrificio che si compirà sulla croce).
Affreschi di Palazzo Magnani
Annibale Carracci a Roma
Gli affreschi monumentali di Bologna a Palazzo Magnani e in altre residenze signorili cittadine insieme alle altre opere emiliane diedero grande notorietà ad Annibale, tanto che il cardinale Odoardo Farnese, forse su consiglio del letterato reggiano Gabriele Bombasi che da anni conosceva bene il pittore, lo incaricò, con suo fratello Agostino, di decorare il piano nobile di Palazzo Farnese, a Roma. Il primo soggiorno di Annibale a Roma è del 1594, forse per stabilire i termini del contratto, ma il trasferimento ufficiale dei due fratelli risale agli inizi del 1596.
Camerino di Palazzo Farnese
Il tema iconografico della scena principale del ciclo del Camerino deriva da un testo greco: vi si narra di un adolescente Ercole, incerto se dedicare la vita alla virtù o al piacere, a cui apparvero due donne, la Virtù e la Felicità, ognuna delle quali espose al giovane eroe i vantaggi dell’una e dell’altra scelta di vita, tentando di convincerlo a seguire una delle due opposte strade. Nella tela di Annibale, Ercole, ossia il giovane committente Odoardo Farnese, è raffigurato pensoso tra le due figure femminili che indicano rispettivamente all’eroe una ripida salita, cioè il faticoso percorso della virtù e un cammino piano e fiorito, dove compaiono strumenti musicali e spartiti, carte da gioco e maschere teatrali, che alludono ai piaceri della vita, ma anche all’ingannevolezza di queste vacue occupazioni. Le figure, con la loro solidità scultorea, mostrano quanto l’arte classica abbia influenzato Annibale a Roma, ma anche quanto, nello stesso tempo, la sua arte si stia muovendo verso il recupero di un altro "classico", ovvero Raffaello.
Come attesta una famosa lettera di un allievo di Annibale, il rapporto del pittore con i Farnese non si limitò alla sola decorazione del palazzo, ma fu simile a quello di un pittore di corte. Stipendiato dal cardinale, anche se con una paga modesta, di cui il bolognese si lamenterà a lungo, viene incaricato di occuparsi di tutte le "esigenze figurative" della casata, realizzando quadri, disegnando suppellettili, stoviglie e paramenti sacri, e progettando apparati effimeri per le feste, ossia addobbi e festoni, talvolta di foggia molto complicata, in materiali non durevoli, come stoffa e cartapesta.
CONFRONTI E INFLUENZE
Fin dal suo ritrovamento (avvenuto nel 1546 presso le Terme di Caracalla) l’Ercole di età ellenistica ha rappresentato un modello importante per gli artisti ed è stato il principale motivo di ispirazione per Annibale Carracci nella rappresentazione della tela di soggetto mitologico, come si nota soprattutto nella potente muscolatura e nella torsione del busto. Gli studiosi hanno tuttavia individuato molti altri modelli antichi a cui ricondurre anche le figure femminili poste ai lati e perfino l’impianto compositivo generale. L’Ercole al bivio è infatti la prima opera romana di Annibale e testimonia il lavoro di studio dell’arte greco-romana che il pittore compie in questi anni.
Contesti d’arte - volume 2
Dal Gotico internazionale al Rococò