I GENERI E LE FORME: La natura morta

I GENERI E LE FORME

La natura morta

È chiamata natura morta quel tipo di rappresentazione che in inglese si definisce, con un ribaltamento concettuale, Still life, "vita immobile". Si tratta di rappresentazioni composte soltanto da oggetti inanimati, che possono essere frutta, fiori, cacciagione, cibi, stoviglie, vasi, maioliche, porcellane, specchi, libri, strumenti musicali e altro. Anche se la natura morta si impone come genere autonomo soltanto agli inizi del Seicento, essa è già nota nell'antichità come rappresentazione complementare in opere sacre e profane. Basti pensare alla tipica raffigurazione ellenistica a mosaico chiamata asarotos (ossia "casa non spazzata") in cui sui pavimenti delle ville erano rappresentati, in misurato disordine, resti di cibo come scorze di limone, bucce di frutta, lische di pesce.
Nella seconda metà del Cinquecento le nature morte cominciano ad accompagnare, soprattutto nella pittura fiamminga, scene  della vita di Cristo in cui erano previsti interni domestici. Parallelamente, la diffusione di scene di mercato consente a pittori fiamminghi e poi italiani (soprattutto lombardi e bolognesi) di dare importanza alle merci. Non è un caso che proprio nelle Fiandre la natura morta inizi a configurarsi come genere autonomo: la riforma protestante, infatti, tendeva a sconsigliare la raffigurazione di episodi sacri e soggetti religiosi, mentre la nuova borghesia imprenditoriale e mercantile amava la riproduzione di scene della propria vita quotidiana, legate al mercato, alle osterie e al cibo o alle attività commerciali.

La natura morta come genere autonomo

Le prime nature morte italiane si trovano nella scuola lombarda tra Cinquecento e Seicento; a Roma il genere si sviluppa subito all'inizio del Seicento. Caravaggio ne dà un esempio memorabile e precoce nella Canestra di frutta che inserirà poi anche in altre composizioni e la cui raffigurazione sembra solo un pretesto per scandagliare acutamente ogni aspetto della realtà.

Lo sviluppo del genere in Italia

A partire dall'esempio precoce fornito da Caravaggio – esempio quasi inimitabile perché la perfezione della Canestra sembra sfuggire alle definizioni di genere – le nature morte in Italia si sviluppano oscillando tra due concetti fondamentali: l'interesse scientifico per la rappresentazione analitica della natura e la creazione di raffigurazioni dai significati simbolici o allegorici, in cui la presenza del teschio, del fiore appassito, del frutto marcito rimandano esplicitamente alla fragilità dell'esistenza.
Nella scuola fiorentina spicca la figura di Jacopo Chimenti detto l'Empoli (Firenze 1551-1640), pittore di solenni cucine che hanno il ritmo maestoso di scene mitologiche e si compongono di volumi nitidi e luminosi. Il genere ottiene un successo così vasto che alcuni artisti, come Mario Nuzzi detto Mario dei Fiori (Penne 1603-Roma 1673), esuberante e magnifico autore di lussureggianti composizioni floreali (da cui il soprannome), si specializzano esclusivamente in composizioni di questo tipo. Mario dei Fiori crea soprattutto nature morte autonome e talvolta ribalta l'equilibrio già cinquecentesco tra scene figurate e decorazioni inanimate. Il tema dei fiori diventa così cornice di altri soggetti, sacri e profani.
Nella seconda metà del Seicento emerge la figura di Evaristo Baschenis (Bergamo 1617 ca.-1677), specializzato nella rappresentazione illusionistica degli strumenti musicali, sovente raffigurati in ambienti solitari e abbandonati su cui si deposita la polvere del tempo. I suoi dipinti hanno un'atmosfera misteriosa e sembrano, a dispetto del tema musicale, emanare un'idea di inquietante silenzio.
In questo variegato contesto spicca il più grande pittore di natura morta della fine del secolo, il fiammingo italianizzato Abraham Brueghel (Anversa 1631-Napoli 1697), che trascorse nella Penisola italiana quasi tutta la sua esistenza. Questo artista, attivo prima a Roma e poi a Napoli, dipinge quasi esclusivamente composizioni di fiori: le sue nature morte sono adatte a nobilitare ricche dimore, a stimolare gli intenditori e gli osservatori più acuti, capaci di riconoscere le cose rappresentate e il sottile significato, sovente segreto, che vi è sotteso.

Contesti d’arte - volume 2
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