ANALISI D'OPERA - Antonio da Sangallo il Giovane, Palazzo Farnese
Analisi D'opera
Antonio da Sangallo il Giovane
Palazzo Farnese
- 1514-1554
- Roma
Nel 1514 il cardinale Alessandro Farnese incarica Antonio da Sangallo il Giovane, allora aiutante di Bramante nel cantiere di San Pietro, della costruzione di un nuovo palazzo sul sito del preesistente Palazzo Ferriz e di alcuni edifici limitrofi da lui acquistati tra la fine del Quattrocento e il primo decennio del Cinquecento. L’intenzione originaria del cardinale era di destinare il palazzo ai due figli Ranuccio e Pierluigi, dunque Sangallo lavora sulla planimetria dividendo l’edificio in due appartamenti omologhi, uno che affacciava sulla piazza e l’altro sul retro. I lavori, interrotti nel 1527 a causa del Sacco di Roma, riprendono nel 1541 ma con condizioni diverse: nel frattempo Alessandro Farnese è diventato papa col nome di Paolo III e il figlio Ranuccio è morto. La suddivisione originaria ora non occorre più e il palazzo deve diventare una residenza adatta a celebrare la magnificenza della famiglia papale. Davanti alla fabbrica viene aperta una grande piazza, pavimentata a mattoni nel 1544.
Descrizione
Sangallo costruisce un edificio imponente, libero su tutti e quattro i lati (perciò fu chiamato “il dado Farnese”) e con uno spazio retrostante affacciato su via Giulia, l’asse stradale disegnato da Bramante nel 1508 per volere di papa Giulio II. L’ampia facciata principale, in mattoni, si sviluppa su tre ordini divisi da cornici marcapiano, dallo spiccato andamento orizzontale dovuto al succedersi omogeneo di tredici finestre per piano, con l’unica variabile dei timpani alternati (triangolari e curvilinei) al piano nobile. Gli spigoli del “dado” sono caratterizzati dalla presenza di conci bugnati in travertino che diventano “pilastri” con base e plinto al primo e secondo piano. Varcato l’ingresso, colonne di granito provenienti dalle terme di Caracalla suddividono l’atrio in tre navate, di cui quella centrale voltata a botte decorata in stucco di marmo, con una tecnica recuperata dall’età romana.
L’architetto dà un’impronta determinante al cortile interno, impostandolo su arcate “teatrali” doriche al pianterreno (ovvero archi su pilastri inquadrati da semicolonne, al modo del Teatro Marcello di epoca romana classica) sormontate da altri due registri di aperture, rispettivamente ioniche e corinzie al primo e secondo piano. Il cortile tuttavia viene terminato dopo il 1580, con il contributo di altri architetti (Michelangelo, Vignola, Della Porta), e anche altre parti dell’edificio subiscono cambiamenti dopo la morte del Sangallo, avvenuta nel 1546.
Contesti d’arte - volume 2
Dal Gotico internazionale al Rococò