MATERIALI E TECNICHE: La lavorazione e le forme della ceramica
MATERIALI E TECNICHE
La lavorazione e le forme della ceramica
La realizzazione dei vasi
I vasi erano modellati dal ceramista e dipinti dal ceramografo, ma alcuni di questi artigiani svolgevano entrambe le attività. Con lo sviluppo dell'arte ceramica, i prodotti creati in alcune botteghe assunsero grande fama: ceramisti e ceramografi, consci delle proprie capacità, cominciarono a lasciare la propria firma sulle opere realizzate.Dalla metà dell'VIII secolo a.C., i vasi furono lavorati al tornio, un pesante disco (in legno, terracotta o pietra) montato su un perno e fatto girare direttamente dal vasaio.
Ottenuta la forma desiderata, si aggiungevano gli elementi eseguiti a parte e fatti seccare. Oltre alle anse, che venivano attaccate nella fase finale, negli esemplari più grandi anche la base e il collo erano lavorati separatamente.
Una volta assemblato, il vaso finito era sottoposto a levigatura e lucidatura per mezzo di un utensile di pietra o di legno (stecca). A questo punto, il ceramografo tracciava lo schizzo delle figure sulla superficie pulita e asciutta con un bastoncino di carbone o di piombo, di cui in alcuni casi sono ancora visibili le tracce.
Le fasi di cottura erano determinanti per la riuscita del manufatto (e, come vedremo, per la qualità delle decorazioni): la temperatura non corretta o non adeguatamente controllata poteva determinare la rottura del vaso o lasciare segni di bruciatura.
Forme e funzioni
I vasai modellavano i loro prodotti in relazione alla funzione cui erano destinati. Alcune forme derivano da quelle dei vasi in bronzo, ma con il passare del tempo tendono a evolversi, divenendo più allungate e sottili e rispondendo, in alcuni casi, a scopi puramente estetici.A seconda della funzione che dovevano svolgere, le forme ceramiche possono essere divise in tre gruppi principali: le forme da banchetto, da trasporto e conservazione e da toeletta.
Le forme da banchetto
II principale protagonista del banchetto (e del simposio) era senz'altro il vino, e sono molte le forme destinate alla preparazione, alla mescita e alla consumazione di questa bevanda. Il cratere è un contenitore di grandi dimensioni a bocca larga, il cui nome deriva dal greco keránnymi, che significa "mescolare": gli antichi Greci, infatti, bevevano usualmente vino mescolato con acqua. Il vino mescolato veniva poi servito ai commensali attingendo direttamente dal cratere o versandolo con appositi contenitori, come l'oinochóe (plurale oinochóai, da oínos, "vino", e chóo, "versare"), una brocca con ansa verticale e orlo spesso a tre lobi (detta perciò trilobata), oppure con l'ólpe (plurale ólpai), di simile fattura. Le forme potòrie, usate cioè per bere, potevano essere di diversa foggia: la kýlix (plurale kýlikes) è una coppa bassa e larga, che poggia su un piede ed è dotata di due anse orizzontali; lo skýphos o kotýle (plurale skýphoi e kotýlai) è invece una tazza profonda con piccole anse orizzontali; il kántharos (plurale kántharoi) è anch'esso un recipiente profondo con piede e anse verticali.Le forme da trasporto e conservazione
Il contenitore da trasporto per antonomasia è l'anfora, usata di solito per i liquidi (acqua e vino), ma anche per derrate alimentari (uva, olive, miele, granaglie). È dotata di collo stretto, due anse per il trasporto a due mani e, a volte, di un fondo a punta, per potere essere stivata nelle navi o conficcata nel terreno dei magazzini. L'hydría (plurale hydríai) è un vaso per attingere e trasportare acqua, dotato di tre manici: due per il trasporto e uno, verticale sul collo, per versare il contenuto. Lo stámnos (plurale stámnoi) è una grande giara per liquidi, con piccole anse, corpo tozzo e coperchio. La pelíke (plurale pelíkai) è una specie di anfora panciuta.Le forme da toeletta
Si tratta di contenitori di piccole dimensioni per profumi e unguenti. Tra questi vi è l'arýballos (plurale arýballoi), dalla forma globulare o allungata, con largo labbro, collo stretto e un'unica ansa verticale; l'alábastron (plurale alábastra) – che prende il nome da piccoli vasi di origine orientale in alabastro –, simile al precedente ma dalla forma più allungata e senza manici; la lékythos (plurale lékythoi), con corpo a forma di cilindro, collo lungo e bocca svasata. Per contenere sostanze cremose o oggetti preziosi vi erano poi le pissidi, scatole con coperchio di diverse forme e dimensioni.
Contesti d’arte - volume 1
Dalla Preistoria al Gotico