CONFRONTI E INFLUENZE - Colonna Traiana, Colonna Aureliana

CONFRONTI E INFLUENZE

Oltre agli archi onorari e di trionfo, l’altro tipico monumento celebrativo romano è la colonna coclide, una colonna decorata da un fregio che si avvolge a spirale, con un movimento detto "a chiocciola". La prima grande colonna di questo tipo è quella di Traiano, seguita dopo quasi ottant’anni da quella di Marco Aurelio. Le due colonne – senza contare il basamento, il capitello e la piattaforma posta in cima – sono entrambe alte 29,77 metri, corrispondenti a 100 piedi romani.
Composte da rocchi in marmo, le colonne poggiano su un basamento e ospitano al loro interno una stretta scala a chiocciola, illuminata da feritoie lungo il percorso, che porta fino alla piattaforma superiore, dove era posta una statua bronzea. Il fregio si sviluppa continuo con un’altezza che cresce progressivamente, per compensare l’effetto ottico di rimpicciolimento dovuto alla progressiva distanza dell’osservatore.

Colonna Traiana

  • 110-113 d.C.
  • marmo lunense, h 29,77 m esclusi il basamento e il capitello
  • Roma


Colonna Traiana

In una piccola piazza tra la biblioteca greca e quella latina, all'interno dell’ultimo e più grande dei Fori pubblici imperiali di Roma, fatto costruire da Traiano su progetto all’architetto Apollodoro di Damasco, svettava la colonna coclide, costruita tra il 110 e il 113 d.C., con la statua bronzea di Traiano sulla sommità (sostituita nel Cinquecento con quella di san Pietro). All’interno dell’alto basamento cubico su cui poggia la colonna si trovava la camera funeraria con l’urna dell’imperatore. 

Descrizione  
Il suo fregio racconta le due vittoriose campagne di Traiano in Dacia (la regione che comprendeva territori delle attuali Romania, Ungheria e Bulgaria) ed è costituito da 2500 figure, distribuite in oltre 150 scene. Nel rilievo, molto basso, le vicende delle due guerre daciche sono poste in stretto ordine cronologico: all’inizio gli avvenimenti della prima spedizione, che si avvia con la costruzione del ponte di barche sul Danubio (101-102 d.C.); quindi quelli della seconda (105-106 d.C.).
Una Vittoria alata che, posta tra i trofei, scrive le gesta dell’imperatore, separa le due narrazioni.
Gli edifici, i paesaggi e le armi dei combattenti sono rappresentati con minuziosa attenzione. Le scene di combattimento sono intervallate da raffigurazioni di marce, costruzione di ponti, strade e accampamenti e da scene in cui compare lo stesso Traiano. L’imperatore è sempre raffigurato in classica compostezza e grande serietà, ma in proporzioni maggiori rispetto alle altre figure. Non mancano le rappresentazioni a volo d’uccello, cioè viste come dal cielo, con un’inclinazione di circa 45 gradi, espediente tipico dell’arte cosiddetta plebea che qui si integra con il naturalismo e l’equilibrio della tradizione classica. Per questo motivo, la Colonna Traiana è stata considerata da alcuni studiosi come il momento più alto dello sviluppo dell’arte romana.

Colonna Aureliana

  • 176-192 d.C.
  • marmo lunense, h 29,77 m esclusi il basamento e il capitello
  • Roma

Colonna Aureliana

Nel 176 d.C., per celebrare le vittorie di Marco Aurelio sul Danubio, si decide di innalzare nel Campo Marzio una nuova colonna coclide, secondo il modello di quella Traiana. Nel 180 d.C. sopraggiunge la morte dell’imperatore, e il progetto subisce dei rallentamenti: portati avanti dal figlio Commodo, i lavori si concluderanno solo nel 192 d.C. Sopra la colonna era posta anche in questo caso la statua di bronzo dell’imperatore, poi sostituita con quella di san Paolo. 

Descrizione

Nei 115 quadri in cui è diviso, il fregio illustra le guerre condotte da Marco Aurelio contro i Germani e i Marcomanni (171-173), e poi quelle contro i Quadi e i Sarmati (174-175). Come nella Colonna Traiana le due narrazioni sono separate da una Vittoria posta tra trofei, che annota sullo scudo le imprese dell’imperatore, e anche qui le scene di battaglia sono alternate a trasferimenti delle truppe e ad altri episodi. Il rilievo però è molto più alto e lo spazio più soffocato; si ricorre spesso alla ripetizione delle figure e dei gesti, e il frequente uso del trapano nelle barbe e nei particolari solca e contorna la volumetria delle figure. Le composizioni sono semplificate, con messaggi più immediati; la figura dell’imperatore è spesso frontale, in posizione centrale rispetto agli altri personaggi: un modo di rappresentare la dignità imperiale che si stava imponendo e che diverrà costante a partire da Costantino (312-337 d.C.).
Rispetto alla Colonna Traiana, è cambiato anche il modo di vedere i combattimenti. La guerra non è più un compito gravoso ma necessario: la si fa per sopravvivere, con tutta la ferocia possibile. Il racconto diventa crudele, senza alcuna pietà, tra scene di morte e distruzione. Compare per la prima volta l’intervento soprannaturale, indispensabile per vincere in uno scontro tremendo: il "miracolo della pioggia", narrato anche dalle fonti.

Le ragioni del confronto

La Colonna Traiana rappresenta una delle massime realizzazioni di un’arte che può essere definita compiutamente e propriamente romana. In essa troviamo infatti un equilibrato concorso tra il gusto greco e la cosiddetta arte plebea di origine schiettamente italica. Tipicamente attici sono per esempio il rilievo molto basso, quasi disegnato, oltre che una generale compostezza delle pose e degli atteggiamenti riscontrabile perfino nelle scene di battaglia. In alcuni episodi possiamo individuare una resa della profondità spaziale per via prospettica, applicando cioè alla scultura espedienti tipicamente grafici, mentre in altri vi troviamo la rappresentazione “a volo d’uccello”, che adotta cioè un punto di vista rialzato di circa 45 gradi rispetto ai personaggi raffigurati, tipica della corrente plebea. È importante chiarire che un simile espediente, come anche quello della leggera gerarchia proporzionale della quale gode la figura dell’imperatore, è utilizzato volontariamente nell’arte romana per facilitare la comprensione degli eventi narrati e la riconoscibilità dei diversi personaggi.
Nella Colonna Aureliana invece, percepiamo l’influenza di una diversa espressività che giunge dalle province orientali. Mediante un massiccio utilizzo del trapano vengono creati aggetti molto profondi capaci di generare un chiaroscuro dai contrasti potenti. La profondità spaziale viene quasi del tutto abolita e le figure, schiacciate in primo piano, si affollano in un groviglio di pose drammatiche e gesti concitati. La pacatezza lascia il campo alla rappresentazione cruda della violenza, e fa la sua comparsa la divinità, il soprannaturale, come possiamo osservare nella personificazione della figura di Giove che compie il miracolo della pioggia. Ben più decisa rispetto ai rilievi della Colonna Traiana risulta infine l’applicazione della gerarchia proporzionale.

I rilievi della Colonna Traiana
L'esercito romano passa il Danubio su un ponte di barche, dando inizio alla prima campagna in Dacia. La disposizione delle figure e la cura dei particolari consentono di cogliere l'ordine e la disciplina con i quali i diversi reparti si accingono alla guerra.
Una scena mostra lo scontro tra la cavalleria romana e i cavalieri barbari, dei quali sono minuziosamente indicate le caratteristiche armature a scaglie (catafratti).
Traiano, all'interno di un castrum in muratura che i legionari stanno costruendo, accoglie con atteggiamento di clemenza la resa dei capi dei Daci. In basso, vecchi, donne e bambini barbari giungono supplici, mentre da destra altri soldati conducono i barbari prigionieri.
I rilievi della Colonna Aureliana
Un episodio noto anche dalle fonti letterarie: Giove, qui rappresentato come un fiume, con le braccia aperte dalle quali grondano fiotti d'acqua, interviene miracolosamente a salvare i soldati romani accerchiati dai Quadi, con una pioggia che provoca annegamenti e distruzioni nelle file nemiche.
I prigionieri barbari vengono condotti in fila, con le mani legate dietro alla schiena, dal carnefice, che mozza loro la testa.
I corpi giacciono scompostamente sul terreno, accanto alle teste mozzate: un orrore, sottolineato dai forti chiaroscuri e dalle ripetizioni, che esclude ogni pietà per il vinto.
L'imperatore, chiuso nel forte, è al centro, contornato simmetricamente dai due dignitari che volgono a lui lo sguardo. Fanno corona, ai lati, oltre il semicerchio delle mura, figure di barbari e di militari.
Da una porta in basso un messaggero gli porta notizie, accentuando l'assialità della scena.

MATERIALI E TECNICHE

Il rilievo in età antoniniana

La tecnica del trapano corrente 

L’uso del trapano, accanto all’impiego dello scalpello, nella lavorazione della pietra è testimoniato già nella Grecia arcaica. Il trapano usato allora era uno strumento ad arco, cioè formato da un’asta con una punta che, grazie a un piccolo arco e a un pressore, veniva fatta girare in senso rotatorio alternato. Risale invece alla prima metà del IV secolo a.C. l’introduzione del trapano corrente, uno strumento in grado di funzionare non solo in senso assiale rispetto alla superficie della pietra o del marmo, ma in tutte le direzioni volute.
È comunque in epoca ellenistica e romana, soprattutto dall’età di Adriano in poi, che gli scultori cominciano a usare su larga scala questo trapano, realizzando opere che dimostrano un grande virtuosismo tecnico. Si tratta sia di sculture a tutto tondo sia di opere in rilievo; l’uso del trapano corrente favorisce tra l’altro il passaggio dal bassorilievo all’altorilievo, dove le figure e gli elementi decorativi si staccano in maniera decisa dal fondo, con alcune parti a tutto tondo.
Le sculture e i rilievi realizzati col trapano si distinguono per gli accentuati contrasti chiaroscurali. Difficile è poter stabilire se furono la nuova tecnica – usata anche perché sveltiva il lavoro, permettendo di rispondere alla crescente richiesta di monumenti in marmo – e i risultati con essa ottenuti a influenzare il nuovo gusto artistico o se, viceversa, i cambiamenti di gusto portarono all’impiego di questo strumento, che offriva soluzioni eccellenti nella resa del chiaroscuro.

Contesti d’arte - volume 1
Contesti d’arte - volume 1
Dalla Preistoria al Gotico