Augusto, il primo imperatore
L’incapacità del sistema repubblicano di risolvere la divisione interna tra popolari e patrizi finisce per favorire l’ascesa al potere dei generali dell’esercito. Dopo la congiura che porta all’uccisione di Cesare (44 a.C) emergono le due figure di Marco Antonio, console collaboratore di Cesare, e Gaio Giulio Cesare Ottaviano, pronipote e figlio adottivo di Cesare. In seguito alla vittoria di Azio, nel 31 a.C., Ottaviano ottiene il potere proconsolare su tutte le province, il comando delle forze armate e la carica di princeps senatus, da intendersi come primo cittadino dello Stato (primus inter pares, ovvero “primo tra pari”). Egli decide tuttavia, nel 27 a.C., di confermare l’autorità del Senato rinunciando ai poteri dittatoriali, atto che gli valse l’attribuzione dell’appellativo di Augusto (da augere, “accrescere”, ovvero colui che è in grado di accrescere il benessere e il prestigio della patria). Mantenendo in vita, anche se solo formalmente, l’ordinamento repubblicano, Ottaviano si assicura il favore sia dei patrizi sia delle classi popolari, cosa che gli consente di impadronirsi di fatto di tutte le funzioni dello Stato: nel 23 a.C. assume infatti la carica di tribuno della plebe, che gli dà il diritto di veto su qualsiasi deliberazione del Senato, mentre nel 12 a.C. diviene pontefice massimo (pontifex maximus) ovvero capo del collegio sacerdotale.