Il ritratto è uno dei generi prediletti dell’arte romana, nel cui ambito diviene espressione del desiderio di affermazione individuale. Nel II secolo a.C. si affermano a Roma due tipologie di ritratto: quello di tradizione ellenistica e quello di tradizione italica.
Il ritratto di tradizione ellenistica, imitazione dei ritratti dei principi, è più
idealizzato, cioè reso il più possibile armonico, pur conservando i tratti fisionomici che consentono l’immediata identificazione della persona rappresentata. Compare soprattutto nei ritratti ufficiali, fatti eseguire dallo Stato e pubblicamente esposti a gloria dei cittadini meritevoli, patrizi o plebei.
Il ritratto di tradizione italica, più realistico, vuole esprimere invece i valori tipici dell’antico patriziato attraverso la voluta ricerca di severità e sobrietà. Non è un caso che la grande diffusione dei ritratti di questo tipo sia contemporanea al trionfo del partito aristocratico, negli anni di Silla, tra il 90 e l’80 a.C. Il ritratto realistico riproduce l’aspetto della persona, colta con l’espressione che più ne evidenzia le qualità morali; in alcuni casi però, dato che tali caratteristiche vengono selezionate e messe in evidenza, il soggetto non appare più come nella vita quotidiana, ma presenta delle esasperazioni che lo rendono più significativo, più "vero" di come appare normalmente. Uno stile ben diverso da quello della tradizione greca, che preferiva rendere più distesi e più armonici i volti dei personaggi, togliendo i segni dei turbamenti momentanei, delle contrazioni dei muscoli facciali, delle imperfezioni.
Già all’epoca di Cesare, e poi con Augusto, si arriverà a una sintesi, a una mediazione tra i diversi generi; con la fine della Repubblica, poi, si esaurirà anche il ritratto aristocratico e i ritratti privati dell’epoca imperiale prenderanno a modello unicamente quelli degli imperatori.
Il ritratto
9.5 Il ritratto
Ritratto di Gneo Pompeo Magno
Ritratto di ignoto di Osimo
Un esempio caratteristico di esasperazione dei tratti della fisionomia umana è invece il Ritratto di ignoto di Osimo del I secolo a.C. (38): l’abbondanza di rughe esprime l’abitudine alla fatica, tipica dell’antica tradizione contadina, anche se la persona rappresentata non apparteneva a questo ceto; le rughe, inoltre, sono estremamente marcate, in quanto considerate gli elementi più significativi del volto e perciò più profondamente veri.
CONFRONTI E INFLUENZE
La cura per la descrizione fisiognomica e psicologica che possiamo osservare nel ritratto di Pompeo è la stessa che si riscontra nelle opere di Lisippo. L’artista greco del IV secolo a.C. contribuì notevolmente alla nascita e al successivo sviluppo del genere del ritratto. Fu tra i primi a voler esprimere le qualità morali e il ruolo svolto nella società dei personaggi da lui effigiati.
Ritratto di ignoto da Palestrina
Ritratto di patrizio romano
Rilievo funerario dei cosiddetti "Catone e Porcia"
Togato Barberini
La statua generalmente nota come Togato Barberini (42), dall’antica collezione di provenienza, rappresenta bene l’attaccamento del patriziato romano al culto degli antenati. La figura indossa una toga, segno della cittadinanza romana, e tiene fieramente nelle mani due busti-ritratto dei suoi progenitori. La testa originaria del togato, andata perduta, è stata sostituita in epoca moderna da un altro ritratto antico. A giudicare dalla toga – simile a quella dell’Augusto Pontefice Massimo (► p. 237) – la statua potrebbe in realtà essere posteriore all’età repubblicana, collocandosi già in piena età augustea o nella prima età tiberiana; la testa attuale, invece, è probabilmente anteriore, forse della fine del I secolo a.C. circa. Le caratteristiche sobrie e armoniche conferiscono al volto un’aria distesa, avvicinandolo al ritratto di tradizione ellenistica. I busti degli antenati presentano tratti fisionomici simili tra loro: fronte alta e arrotondata, volto pieno; forma e dimensioni degli occhi, del naso e delle labbra ne testimoniano la parentela. Senza dubbio anche la testa originale del togato doveva essere caratterizzata dagli stessi tratti fisionomici dei due progenitori. I due busti furono copiati, al momento della realizzazione dell’intera opera, da originali più antichi: quello tenuto con la mano destra potrebbe ricalcare un esemplare creato tra il 50 e il 40 a.C., mentre l’altro ricorda lo stile più luminoso della generazione successiva (ma le opinioni degli studiosi in merito non sono concordi).
LE FONTI
A proposito dell’uso delle maschere di cera degli antenati, le imagines maiorum – che sembrano aver giocato un ruolo importante nella nascita del ritratto romano – lo storico greco Polibio (200 a.C. ca.-120 a.C. ca.) scrive: «Dopo la laudatio funebris, il morto si seppellisce con gli usuali riti funebri e la sua immagine, chiusa in un reliquiario di legno, viene portata nel luogo più visibile della casa. L’immagine è una maschera di cera che raffigura con notevole fedeltà la fisionomia e il colorito del defunto. In occasione di pubblici sacrifici espongono queste immagini e le onorano con ogni cura; e quando muore qualche illustre parente le portano in processione nei funerali, applicandole a persone che sembrano maggiormente somiglianti agli originali per statura e aspetto esteriore. Costoro, se il morto è stato console o pretore, indossano le toghe preteste [cioè orlate di porpora], se censore toghe di porpora, e ricamate in oro se ha ottenuto il trionfo o qualche altra onorificenza del genere.» (Polibio, Storia, I, VI, 53)
GUIDA ALLO STUDIO
Tipologie di ritratto
Tradizione ellenistica
- Funzione celebrativa e committenza ufficiale da parte dello Stato
- Idealizzazione dei volti ma con tratti che consentono la riconoscibilità
- Nessuna espressione dei sentimenti o delle virtù
Tradizione italica
- Funzione celebrativa
- Resa realistica dei volti e tendenza all’esasperazione dei lineamenti
- Espressione delle qualità morali e delle virtù civili
Contesti d’arte - volume 1
Dalla Preistoria al Gotico