Forma, funzioni e idee
La struttura sociale delle tribù italiche dalle quali nasce l’identità romana si basava sulla famiglia; a regolarne la vita comunitaria era una serie di norme non scritte dette mores (costumi), nate dalla consuetudine e molto prossime al precetto religioso, che venivano tramandate oralmente dai sacerdoti. Tali regole riflettevano l’identità stessa della comunità e si concretizzavano nel mos maiorum, traducibile come “costume degli antenati”, ovvero l’essenza della morale romana che si basava su fides (fedeltà), pietas (devozione e patriottismo), virtus (coraggio militare e impegno civile) e gravitas (dignità, autorità, rispetto delle tradizioni).
L’adozione dell’ordinamento repubblicano porta la popolazione a una sempre maggiore partecipazione alla vita civile, dalla quale discende la dimensione pubblica dell’arte romana. È proprio dalla necessità di trasmettere i valori della romanità, di fissare moniti per le generazioni future, di tramandare la memoria degli antenati più valorosi e meritevoli che nascono le maggiori novità dell’arte romana, le sue caratteristiche distintive e peculiari, individuabili in primo luogo nell’architettura e nei generi figurativi del ritratto e del rilievo storico.
Sin dalla primissima età repubblicana prende forma il Foro, luogo centrale della vita politica, religiosa e amministrativa, vero e proprio simbolo della romanità. Si tratta di una nuova tipologia urbanistica, un intero quartiere nel quale agli edifici religiosi (il tempio e la casa del pontifex maximus, il primo tra i sacerdoti) si affiancano piazzali con tribune per le assemblee e nuove tipologie architettoniche, prima tra tutte la basilica.
È proprio nel Foro che, già dall’inizio del V secolo a.C. , sono sistemati i ritratti scultorei dei cittadini più illustri. Quella probabilmente è la collocazione originaria del Bruto capitolino, una delle maggiori realizzazioni della ritrattistica romana. La testa, unica parte superstite dell’originale figura intera, colpisce per l’estremo realismo: a differenza del ritratto greco-ellenistico, quello romano si allontana definitivamente dal processo di idealizzazione per mantenere la riconoscibilità del personaggio, le cui accidentalità diventano il mezzo per esprimere il suo carattere e le virtù civili che lo contraddistinguono.
La centralità occupata dalle istituzioni repubblicane è alla base anche della nuova tipologia del rilievo storico. Alle scene mitologiche, che erano tipiche delle decorazioni a rilievo degli edifici greci, a Roma si affianca la narrazione di fatti storici contemporanei. È in particolare in questo genere figurativo che possiamo osservare lo svilupparsi di quel filone espressivo noto come “arte plebea” il quale, proprio nel momento in cui Roma è invasa dalle opere provenienti dalla Grecia appena conquistata, resta fortemente ancorato alle origini italiche. Le opere riconducibili a questa particolare tendenza mostrano infatti di non assorbire la rivoluzione dell’arte greca del periodo classico, continuando a preferire modi della rappresentazione tipici di una concezione simbolica piuttosto che naturalistica, quali la gerarchia proporzionale, la frontalità (anziché la varietà delle pose) o la semplice disposizione paratattica delle figure (invece della resa spaziale prospettica). Sebbene questo tipo di linguaggio sia prevalentemente adottato nelle opere commissionate dalle classi mercantili o imprenditoriali (al contrario dello stile greco, preferito, per ragioni di prestigio, dalle famiglie patrizie), non bisogna incorrere nell’equivoco di considerare l’arte plebea come un fenomeno artistico minore che riflette semplicemente la differenza di censo o il grado di educazione del committente.
La sua vitalità è riconducibile anche alla volontà di preservare i valori originari e fondativi della cultura romana rispetto a quella greca, percepita come troppo incline al piacere, alla contemplazione, alla speculazione astratta e all’edonismo. Le iniziali resistenze nei confronti della cultura greca e della sua arte (che trovarono il suo più celebre rappresentante nel censore Marco Porcio Catone) cadono definitivamente quando si inizia a intravedere nella raffinata arte greca un potente mezzo per aumentare il prestigio dello Stato.
Nel I secolo a.C. termina dunque il lungo periodo di formazione dell’arte romana, la quale nasce dall’assorbimento del modello greco (inizialmente nella versione mediata dalle altre popolazioni italiche e successivamente in modo diretto) che però, una volta utilizzato per veicolare messaggi e valori tipicamente romani, dà vita a generi figurativi del tutto nuovi.