MATERIALI E TECNICHE: Bucchero e granulazione

MATERIALI E TECNICHE

Bucchero e granulazione

Il bucchero 

Molte sono le ipotesi sollevate nel corso degli anni su questa tipologia di ceramica, ma la più accreditata attribuisce la monocromia nera ottenuta al particolare metodo di cottura. La chiusura parziale del camino della fornace provoca una cattiva combustione della legna con conseguente produzione di fumo: in questo modo nella camera di cottura si crea una atmosfera “riducente”, cioè ricca di carbonio e povera di ossigeno. Se in presenza di ossigeno la cospicua quantità di ferro naturalmente presente nell’argilla si trasforma in ossido ferrico, dal quale deriva il tipico colore rosso della terracotta, in un’atmosfera riducente, cioè ricca di carbonio, si trasforma invece in ossido ferroso, dalla colorazione nera.
L’aspetto lucido, capace di riflettere la luce, era invece ottenuto levigando il manufatto ancora crudo (ma a uno stadio di essiccazione intermedia) con una stecca di legno in modo da limitare la porosità dell’argilla.

La granulazione 

La granulazione consiste nel creare un gioiello in oro la cui superficie è cosparsa di piccole sferette, i granuli appunto, distribuite secondo un motivo ornamentale definito. Comparsa nel corso del III millennio a.C. in Mesopotamia, questa tecnica orafa era conosciuta in Egitto e presso i Micenei; diffusa successivamente nel Mediterraneo grazie ai commercianti fenici, è stata portata al massimo livello tecnico ed estetico dagli Etruschi.
Ci si è a lungo interrogati su come facessero gli artigiani etruschi a ottenere sfere di eguale misura, così piccole e regolari, e come fosse possibile saldarle al supporto senza che esse perdessero la loro forma. È probabile che si procedesse tagliando un filo d’oro in piccoli segmenti e poi si mettessero questi frammenti in un contenitore pieno di polvere di carbone. Inserendo il contenitore in una fornace facevano poi fondere l’oro che, “galleggiando” nella polvere senza toccare alcuna superficie, assumeva in modo naturale la forma sferica. A questo punto le gocce d’oro venivano collocate sul supporto utilizzando un impasto di sali di rame e sostanze resinose (che Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis Historia, definisce crisocolla, ovvero “colla d’oro”). Scaldando il gioiello con la fiamma, le sostanze resinose bruciano e si volatilizzano mentre il rame si lega all’oro saldando i granuli al supporto.

Contesti d’arte - volume 1
Contesti d’arte - volume 1
Dalla Preistoria al Gotico