ANALISI D'OPERA - L’Apollo e l’Eracle di Veio

Analisi D'opera

L’Apollo e l’Eracle di Veio

  • 510 a.C.
  • terracotta dipinta, h 181 cm
  • Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia (dal Tempio di Menerva a Portonaccio)

L’Apollo e l’Eracle di Veio, rinvenuti agli inizi del Novecento nella località di Portonaccio, presso l’antica Veio, sono considerati tra i massimi capolavori dell’arte etrusca. Si tratta di figure acroteriali in terracotta policroma, datate alla fine del VI secolo a.C. Le due statue erano poste sulla trave di colmo del Tempio di Menerva e facevano parte di un gruppo scultoreo che raffigurava il mito della contesa tra Apollo ed Eracle per catturare la cerva di Cerinea, animale sacro alla dea. A eccezione dell’Apollo, le altre statue del gruppo ci sono giunte frammentarie.
Al restauro della fine del secolo scorso, a cui l’Apollo è stato sottoposto e che ne ha messo in evidenza la policromia, è seguito un lavoro di ricostruzione dell’intero gruppo acroteriale, che permette oggi di cogliere la maestosità del tempio veiense.
Secondo gli studiosi, il maestro che plasmò la statua era sicuramente di formazione ionica. Potrebbe essere Vulca, il famoso coroplasta al quale il primo etrusco di Roma, Tarquinio Prisco, commissionò la statua di culto del dio del Tempio di Giove Capitolino, oppure un artista della bottega veiente da lui fondata.

Forma, funzioni e idee

Il santuario era collocato all’esterno di una delle porte della città ed era destinato ai riti che segnavano il passaggio alla vita adulta dei giovani delle famiglie aristocratiche di Veio, sotto la protezione della dea Menerva. Il tempio era frequentato, in particolare, da esponenti dell’alto rango, come testimoniano i nomi che ricorrono nelle dediche alla dea incise su ceramiche in bucchero, qui rinvenute.
La raffigurazione acroteriale – la contesa con Eracle, da cui Apollo uscirà sconfitto – merita di essere esaminata da un punto di vista tematico. Analizzando il contesto in cui il tempio si inserisce comprenderemo meglio le ragioni della scelta iconografica: si tratta di un soggetto che mostra un legame indiretto con il tema della caccia, attività tradizionalmente connessa al ceto aristocratico, e all’educazione dei suoi giovani, che avevano un legame particolare con il santuario. Eracle inoltre è una figura strettamente legata alla dea Menerva (fu lei a introdurlo tra gli dei dell’Olimpo), ma è anche, e soprattutto, una figura cara alla committenza. Il santuario fu eretto, infatti, con tutta probabilità, per volere di un ignoto re-tiranno della città di Veio. Al culto di Eracle erano particolarmente dediti i tiranni, secondo una tradizione inaugurata da Pisistrato (più volte tiranno di Atene negli anni intorno alla metà del VI secolo a.C.), per esprimere la legittimità del proprio dominio sulla città. Eracle è simbolo di forza e di coraggio, è l’eroe che riesce a raggiungere l’Olimpo e a farsi accettare dagli dèi, nonostante la sua natura mista (è un semidio). Il tiranno condivide con lui il carattere di eccezionalità: è un aristocratico che va contro uno dei princìpi fondamentali dell’ideologia aristocratica, cioè l’uguaglianza tra pari, e che dunque trova l’opposizione dei suoi “simili”, esattamente come Eracle aveva trovato l’ostilità degli dèi che non lo riconoscevano a loro affine. Infine, come Eracle (che affronta le dodici fatiche come prezzo della sua immortalità), il tiranno dovrà lottare perché sia approvata la sua ascesa e sia riconosciuto come sovrano legittimo.

Contesti d’arte - volume 1
Contesti d’arte - volume 1
Dalla Preistoria al Gotico