L’età classica

6.2 L’età classica

Intorno alla metà del V secolo a.C. si colloca il passaggio dallo stile severo alla vera e propria arte classica. Secondo gli storici antichi, questa svolta sarebbe avvenuta grazie all’operato innovatore e al genio individuale di grandi personalità creatrici. Questa visione risulta oggi evidentemente schematica, dal momento che l’importanza del contesto in cui operavano gli artisti del tempo non può essere sottovalutata. È comunque vero che il fermento culturale del periodo, il cosmopolitismo di una città fiorente come Atene, lo sviluppo parallelo di altre discipline e forme di pensiero come la filosofia, la scienza e l’urbanistica fanno emergere figure di artisti sempre più consapevoli del valore della propria arte.

Policleto

Nella statuaria, il processo di perfezionamento nella resa della figura umana e del movimento nello spazio, iniziato con la scultura arcaica dei koúroi e proseguito nel periodo severo, arriva al suo compimento con l’opera del grande bronzista Policleto.
Nato intorno al 490 a.C. ad Argo, nel Peloponneso, Policleto si dedica in primo luogo alla resa della figura maschile atletica nuda, ereditando l’interesse per questo soggetto dallo stile severo e iscrivendosi bene nel clima di ammirazione per la bellezza del corpo sano e allenato, testimoniato dal grande interesse dei Greci per i Giochi olimpici (molte opere perdute di Policleto ritraevano proprio i vincitori dei Giochi) e dalla diffusione della pratica ginnica nelle palestre.
Policleto parte da un’attenta osservazione del reale, ma il suo vero interesse è la ricerca della perfezione, ossia della raffigurazione di una bellezza ideale in cui si possano vedere realizzati i princìpi dell’armonia, della simmetria e dell’equilibrio. Egli ritiene infatti che, per ottenere una figura umana dalle proporzioni perfette, occorra applicare ad essa rapporti numerici predeterminati, e intorno al 450 a.C. affida i criteri da lui elaborati a un trattato quasi interamente perduto, il Canone. Questi intenti programmatici sono perfettamente applicati nella sua opera più famosa, il Doriforo. Datata anch’essa intorno al 450 a.C., la statua sarà a lungo imitata e definita essa stessa "canone" ( pp. 126-127).

Diadumeno 

Intorno al 430 a.C. Policleto realizza il Diadúmeno (“colui che si cinge con la benda”), considerato la creazione più matura dello stile policleteo (20). La statua raffigura un giovane atleta, dal fisico muscoloso e dall’atteggiamento naturale, che si cinge la testa con la benda della vittoria. Il ritmo scultoreo definito dal canone diventa qui più complesso: la benda tenuta dall’atleta tra le mani e stretta intorno alla testa inclinata, infatti, crea un semicerchio che fa da contrappunto alla flessione del torso (21). L’accentuata inclinazione delle spalle è bilanciata dallo spostamento dell’asse del bacino, dovuto al fatto che la gamba destra è tesa, mentre la sinistra è flessa e lievemente retrocessa; in virtù di questa posizione delle gambe, il baricentro si trova esattamente al centro dei due arti, a differenza di quanto accade nel Doriforo (il cui baricentro è spostato sulla gamba destra). Rispetto inoltre alle ciocche aderenti alla testa del Doriforo, la benda del Diadúmeno sottolinea la morbidezza dei riccioli, resi più naturalmente.

LE FONTI

Una testimonianza indiretta sul Canone è fornita da Galeno, medico e filosofo nato a Pergamo intorno al 130 a.C.: «Crisippo [filosofo e storico ateniese del III secolo a.C.] ritiene che la bellezza consista non nell’adattamento degli elementi, ma nell’armonia delle membra, del dito in relazione al dito, della somma delle dita in relazione al metacarpo e al carpo, e di questi con l’avambraccio, e dell’avambraccio rispetto al braccio, e di tutti essi rispetto al tutto, secondo quanto appunto è scritto nel Cànone di Policleto» (Sulle opinioni di Ippocrate e Platone, 5, 3-162).

Contesti d’arte - volume 1
Contesti d’arte - volume 1
Dalla Preistoria al Gotico