L’età classica
Durante l’età classica (V-IV secolo a.C.), che convenzionalmente ha inizio con la fine delle Guerre persiane, la città di Atene si impone come guida politica e riferimento culturale per tutte le póleis. Dal 461 al 429 a.C., Pericle consolida l’ordinamento democratico, avviato da Clistene nel 510 a.C., e si fa promotore di un’intensa attività artistica: la città è concepita come un monumento all’affermazione della propria identità. Le vittorie sui Persiani hanno risvegliato l’orgoglio delle póleis e molti artisti, provenienti da tutto il mondo greco, contribuiscono a questa impresa; primo tra tutti Fidia, il grande scultore e architetto, cui è affidata la progettazione e la decorazione scultorea del tempio dedicato alla dea protettrice della città, Atena Parthénos, il Partenone.
Non sono solo le arti figurative e monumentali a godere di una stagione di straordinaria fioritura, importanti novità si registrano anche in altri ambiti della cultura.
Il teatro è una delle espressioni più significative del mondo greco, che lo considera un’esperienza importante e non semplicemente un momento di puro divertimento e svago. Assistendo a spettacoli che raccontano i problemi dell’uomo e della società, lo spettatore prende parte a un rito collettivo che vuole avere, prima di tutto, un’importante valenza educativa. Lo Stato finanzia e sostiene il teatro, con il concorso anche dei cittadini più ricchi, e ne promuove la partecipazione da parte di tutti gli uomini liberi (a eccezione degli schiavi, esclusi anche dalle assemblee politiche). Per le donne non è previsto un divieto, ma è comunque considerato poco decoroso per loro partecipare alle rappresentazioni.
Anche il pensiero filosofico presenta caratteri nuovi: la ricerca di Socrate, trasmessa dal suo discepolo Platone, riguarda i problemi dell’etica e della ricerca del bene (quindi si interroga su quale debba essere l’agire dell’uomo nel mondo), mentre i sofisti (che praticano la retorica, ovvero l’arte di saper esporre e argomentare le proprie tesi) indagano i temi della conoscenza e del ruolo dell’uomo nel mondo. La tesi di Protagora, per esempio, secondo cui «l’uomo è misura di tutte le cose», conferma la centralità dell’uomo nella cultura greca e trova corrispondenza con la coeva ricerca artistica.
L’arte classica, e la statuaria in particolare, si concentra sulla rappresentazione della figura umana avviata in età arcaica. Esattamente come la filosofia del periodo, non si tratta dell’indagine sull’uomo inteso come singolo individuo (la caratterizzazione fisionomica e il genere del ritratto si affermeranno solo successivamente), ma sull’idea di uomo, l’unico essere dotato di razionalità, la cui perfezione si esprime attraverso la bellezza del corpo, a cui necessariamente corrisponde una “bellezza” morale, secondo l’antico principio della kalokagathìa (il corpo per i greci è lo specchio dell’anima, deve esistere dunque una identità tra virtù e bellezza).
Le influenze della scuola pitagorica continuano a farsi sentire. Una recente ipotesi attribuisce a un pitagorico del V secolo, piuttosto che allo scultore Policleto, il Canone, il celebre trattato secondo il quale la bellezza ideale di un corpo può essere raggiunta, in arte, attraverso l’individuazione di un modulo (misura base) e l’applicazione di rapporti matematici e proporzionali che creano una rete di corrispondenze tra le parti e il tutto (principio che Pitagora chiamava táxis). L’idea dunque che la bellezza risieda nell’ordine, nella simmetria e nelle proporzioni (concetto che si trova espresso anche negli scritti di Platone e Aristotele) continua a essere un principio forte dell’arte greca.