La scultura arcaica

5.9 La scultura arcaica

L’influenza dei modelli egizi è visibile anche nella tendenza al gigantismo e alla staticità che caratterizza la scultura greca arcaica, come è definita la statuaria greca realizzata tra la fine del VII e l’inizio del V secolo a.C. Nel VI secolo a.C. si afferma una tipologia statuaria che caratterizza tutto il periodo arcaico, nota in particolare attraverso i tipi del koúros per la raffigurazione del giovane uomo nudo e della kóre per quella della giovane donna vestita.

La resa della figura umana

Gli esemplari di queste due tipologie statuarie giunti fino a noi, interi o frammentari, sono molto numerosi (circa 500 koúroi e 350 kórai) ed è difficile individuarne una destinazione comune. Gran parte di essi possono essere considerati doni votivi dedicati alle divinità nei santuari, altri invece appartengono a contesti funerari. Nel primo caso gli studiosi si sono chiesti se queste figure umane idealizzate rappresentassero il dedicante dell’offerta oppure la divinità stessa. Questa distinzione forse non è rilevante: l’arte greca (così come le altre espressioni del pensiero greco quali la filosofia e la scienza) mostra di essere incentrata sull’uomo, inteso come misura di tutte le cose, e dunque il canone formale per arrivare a rappresentarne le fattezze, nella loro bellezza ideale e astratta, non cambia se rivolto alla figura umana o all’immagine  antropomorfizzata che i Greci avevano degli dèi.
Per lungo tempo è stata discussa anche una caratteristica peculiare del volto di gran parte degli esemplari statuari più antichi, il cosiddetto "sorriso arcaico". La resa della bocca con labbra rigonfie e angoli verso l’alto è stata interpretata in passato come elemento espressivo, simbolo o della benevolenza degli dèi, per le statue considerate immagini di divinità, o di serenità interiore, data anche dalla perfezione di un corpo sano, per quelle considerate immagini umane. Oggi si tende invece a dare una spiegazione più tecnica, anche se meno suggestiva, di questo elemento. Un sorriso così realizzato, in questi esempi di scultura ancora caratterizzata da soluzioni sperimentali, può essere infatti considerato il risultato della costruzione dell’immagine per vedute parallele: la profondità della bocca sarebbe resa dalla curvatura degli angoli verso l’alto.

Koúroi di Capo Sunio

I koúroi (41) rinvenuti nei pressi del Tempio di Poseidone a Capo Sunio, vicino ad Atene, attestano chiaramente l’influenza egizia: essi sono infatti caratterizzati da grandi dimensioni, posizione statica con le braccia distese lungo i fianchi e una gamba avanzata, e dal decorativismo della capigliatura. Tuttavia, essi già si affrancano dal modello orientale: quello che si va definendo è infatti uno spirito nuovo. La creazione del koúros è essa stessa un fatto sacrale e deve seguire ferree regole geometriche: il cosmo è ordine, e il suo più alto elemento è il corpo umano. Un koúros non rappresenta il visibile, ma questo microcosmo perfetto, creato per essere presentato alla divinità.

Koúroi gemelli Cleobis e Biton

I gemelli Cleobis e Biton (42), provenienti da Delfi e opera di Polymedes di Argo, testimoniano uno stile "dorico" del koúros, attestato nel Peloponneso, che continua a essere caratterizzato dalle grandi misure (sono alti circa 2 metri) e piuttosto massiccio nella resa del corpo: la fronte bassa, il volto piatto e le trecce geometriche traducono con efficacia l’immagine di due eroi del mito che erano simbolo della forza fisica e della giovinezza.
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Koúros di Melos

Ben diverso è l’impatto visivo di un koúros proveniente dall’isola di Melos (43): l’imponenza dei 2 metri e più di altezza è resa impercettibile dalle linee aggraziate del corpo e dai lineamenti sottili del volto. Lo stile ionico insulare predilige infatti modellati più armoniosi, con figure slanciate dalla vita sottile.

Koúros di Aristodikos

Progressivamente, con risultati locali diversi, il tipo del koúros greco perde le dimensioni colossali, mentre le braccia iniziano a staccarsi dal corpo e ad assumere la posizione in avanti tipica dell’offerente. La resa anatomica ne riduce la squadratura e anche la capigliatura diviene più naturale. Il koúros di Aristodikos proveniente da Atene (44) e datato intorno al 500 a.C. mostra come la scultura attica abbia già acquisito queste novità: le proporzioni del corpo e del volto conferiscono ormai alla statua maggiore naturalezza.

Kóre del peplo n. 679

I gesti rigidamente codificati contraddistinguono anche una kóre, con un peplo attillato fermato sulle spalle da fibule e in vita da una cintura (45). L’eccezionale vivacità del volto è ravvivata dalle tracce di colore ancora visibili nelle pupille, sulla bocca e sulla capigliatura, composta da lunghe trecce che ricadono sulle spalle e sulla veste.

Hera di Samo

Come nel caso dei koúroi, la produzione ionica della kóre si distingue per un maggiore arrotondamento dei piani e per la continuità dei contorni. La celebre kóre detta Hera di Samo (perché rinvenuta nel santuario dedicato alla dea sull’isola di Samo) – e purtroppo acefala (priva della testa) – ricorda il fusto di una colonna per la rotondità del corpo avvolto dal chitóne (l’abito femminile lungo di origine ionica, trasparente e pieghettato) e dall’himátion (il mantello drappeggiato che si indossa sopra il chitone). L’immagine risulta infatti concepita come un’unica superficie circolare, fluida e continua (46).

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La colmata persiana

Con l’espressione "colmata persiana" si intende la massa dei detriti provenienti dai monumenti dell’Acropoli di Atene distrutti dai Persiani nel 480 a.C. durante l’occupazione della città attica. Conclusa la guerra, gli Ateniesi utilizzarono i resti delle statue e degli edifici, irrecuperabili perché profanati dai nemici, per riempire i terrazzamenti che avrebbero allargato il pianoro dell’Acropoli. Per gli archeologi che nel XIX secolo rinvennero questi reperti si trattò di una scoperta di straordinaria importanza: non solo la data della sepoltura costituiva un sicuro terminus ante quem ("data prima della quale") quegli oggetti erano stati realizzati, ossia il 480 a.C., ma lo stato di conservazione dei resti risultava eccezionale, tanto che molti presentavano ancora tracce dei colori di cui originariamente erano coperti.
Tra i numerosi rinvenimenti (basti pensare alle 72 kórai dedicate alla dea Atena) si trovano anche alcuni esempi di scultura arcaica che si discostano dalla tipologia più frequente dei koúroi e delle kórai.

Moschóphoros

Tra i resti della colmata persiana è stato rinvenuto il Moschóphoros ("portatore di vitello"), che era dedicato ad Atena e raffigura un offerente con un vitello sulle spalle (47). Datata intorno al 560 a.C., questa scultura presenta delle peculiarità rispetto al tipo tradizionale del koúros: l’uomo che trasporta la propria offerta alla dea, non è completamente nudo, ma indossa un mantello aderente; il volto è incorniciato da una barba; ma soprattutto risulta particolare l’incrocio a X formato dagli avambracci del Moschóphoros e dalle zampe del vitello, il cui centro perfetto coincide con le mani dell’uomo, dando all’insieme un senso di equilibrio, di simmetria e di sacralità (48).
GUIDA ALLO STUDIO
La scultura dorica
La scultura ionica
La scultura attica
Polymedes di Argo, Koúroi gemelli Cleobis e Biton, 590 a.C. ca.

Corpi massicci

Volto piatto

Capigliatura a trecce geometriche

Koúros di Melos, 540 a.C.

Corpo dalle linee aggraziate

Volto dai lineamenti sottili

Moschóphoros, 560 a.C. ca.

Equilibrio e simmetria

Contesti d’arte - volume 1
Contesti d’arte - volume 1
Dalla Preistoria al Gotico