La scultura dedalica

5.8 La scultura dedalica

Nel corso del VII secolo a.C., durante la fase Orientalizzante (680-610 a.C.), alla piccola plastica in terracotta, avorio e bronzo si affianca la grande scultura in pietra, che si sviluppa prevalentemente a Creta e nelle isole. Tale produzione viene convenzionalmente definita dedalica perché i Greci ne attribuivano l’origine al mitico scultore Dedalo, creatore del Labirinto di Cnosso.
L’immagine umana a tutto tondo, e di dimensioni maggiori rispetto ai modellini a carattere votivo, era originariamente realizzata in legno oppure in terracotta, ma viene ripresa nella nuova scultura in pietra, che è caratterizzata da due princìpi fondamentali: l’astrazione e la monumentalità. La figura umana pertanto è rappresentata rigidamente e risulta adatta a una visione frontale; la testa pare un triangolo rovesciato, le acconciature richiamano i modelli egizi, con linee verticali e orizzontali a simulare trecce. La struttura del corpo già presenta le caratteristiche che connoteranno le figure umane del periodo successivo.
La scultura della fase dedalica può essere ben esemplificata da due statue femminili in pietra e da un piccolo bronzo che rappresenta una figura maschile.

Dama di Auxerre

La cosiddetta Dama di Auxerre (dalla cittadina francese dove era conservata) (38), scolpita in pietra calcarea, rappresenta probabilmente un’ offerente e, nonostante sia alta soltanto 75 centimetri, emana un senso di forte monumentalità. La figura, rigidamente frontale, è rappresentata attraverso il filtro di forme geometriche: la testa è composta da tre triangoli, uno centrale rovesciato che dà la forma al volto, e altri due che costituiscono la capigliatura, divisa in trecce regolari. Il viso presenta grandi occhi, un naso sottile e una bocca che accenna il sorriso. La simmetria generale è rotta soltanto dal braccio destro piegato a toccare il petto con una grande mano dalle proporzioni esagerate; il braccio sinistro corre invece lungo il fianco. L’abbigliamento è curato nella resa dei dettagli: il peplo, l’abito lungo femminile, è fermato ai fianchi da un’alta cintura, conferendo al corpo una forma a clessidra; incisioni ortogonali e a meandro suggeriscono la ricchezza del tessuto della veste che conserva ancora tracce di colore; una corta mantellina copre le spalle creando continuità tra capigliatura e corpo e minimizzando la sproporzione della testa.

Kóre di Nikandre

La Kóre di Nikandre (39) prende il nome da un’offerente di Naxos che la dedicò al Tempio di Artemide sull’isola di Delo, ed è ritenuta la più antica scultura marmorea giunta fino a noi. Alta più del doppio della Dama di Auxerre e scolpita nel duro marmo, non presenta la stessa resa delle forme, che qui risultano ancora più piatte e squadrate, mentre le braccia lungo il corpo accentuano la  staticità della posizione: il materiale non ha permesso una completa modellazione dell’opera.

Koúros di Delfi

Le caratteristiche dello stile dedalico si colgono anche nei piccoli bronzi che rappresentano le figure maschili nude, anticipando il tipo del koúros dell’Età Arcaica. Nonostante le piccole dimensioni, il Koúros di Delfi, che non raggiunge i 20 centimetri, presenta le caratteristiche di una statua monumentale (40).
Il corpo, dal modellato abbastanza dolce, è caratterizzato da vita stretta, fianchi e spalle larghi; la capigliatura a bande orizzontali ricopre la testa a forma di trapezio.


CONFRONTI E INFLUENZE

La posa rigida del koúros di Delfi, con la gamba sinistra avanzata e le braccia stese lungo i fianchi con i pugni chiusi, ricorda da vicino i modelli egizi ( pp. 52-53), cui rimanda anche il decorativismo della capigliatura.

Contesti d’arte - volume 1
Contesti d’arte - volume 1
Dalla Preistoria al Gotico