Laboratorio delle competenze

T5

Apollonio Rodio

Gli Argonauti e le Arpie

  • Tratto da Argonautiche, libro II, vv. 178-240
  • Lingua originale greco antico

Nel brano seguente gli eroi greci diretti in Colchide approdano nella terra dell’indovino Fineo, sulla quale grava una maledizione scagliata dagli dèi. Gelosi delle capacità profetiche di quest’ultimo, lo hanno reso balbuziente e cieco e hanno inviato alla sua mensa le mostruose Arpie, esseri repellenti con viso di donna e corpo d’uccello, che insudiciano il cibo con i loro escrementi.

Su quella riva abitava Fineo, figlio di Agenore,

che fra tutti gli uomini subì le pene più atroci,

180 per l’arte profetica che gli donò un tempo il figlio di Leto;

non ebbe alcun ritegno nemmeno a rivelare agli uomini

precisamente il sacro pensiero del figlio di Crono.

E perciò il dio gli assegnò una vecchiaia lunghissima,

e gli tolse la dolce luce degli occhi e non gli permise

185 di gustare i molti cibi che gli portavano a casa i vicini,

chiedendogli una profezia; perché, piombando

attraverso le nuvole, le Arpie glieli strappavano sempre

dalle mani e dalla bocca coi loro rostri e talvolta

non gli lasciavano nulla, talaltra pochissimo cibo,

190 perché continuasse a vivere e a soffrire.

Però vi spargevano un odore schifoso e nessuno poteva

non solo portarlo alla bocca, ma sopportarlo

da lontano, tale fetore esalavano i resti del pranzo.

Ma quando sentì la voce, il frastuono di un gruppo di uomini,

195 capì ch’eran giunti quelli che gli avrebbero dato,

secondo i vaticini di Zeus, la gioia del cibo.

Si alzò dal suo letto, come un fantasma nel sogno,

appoggiato al bastone, coi piedi contratti giunse fino alla porta,

tastando i muri, e camminando le membra tremavano

200 di fragilità e di vecchiaia: il corpo era secco, e duro di sudiciume,

e la pelle teneva insieme soltanto le ossa.

Uscito di casa, piegò le ginocchia sfinite e sedette

sulla soglia dell’atrio; l’avvolse una scura vertigine

e gli parve che la terra girasse intorno a lui dal profondo;

205 senza parole cadde in un torpore spossato.

Come lo videro, gli eroi gli si raccolsero intorno

stupiti, ed egli, traendo a fatica il respiro

dal profondo del petto, disse parole profetiche:

«Ascoltatemi, voi che siete i più prodi di tutta la Grecia,

210 se siete davvero quelli che per un duro comando regale,

sulla nave Argo, Giasone porta al vello d’oro.

Ma certo lo siete; ancora la mia mente conosce tutte le cose

per scienza divina: ti ringrazio, signore, figlio di Leto,

pure in mezzo ai miei dolorosi travagli.

215 In nome di Zeus protettore dei supplici, e punitore implacabile

dei malvagi, in nome di Febo, in nome di Era stessa,

che più di tutti gli dèi ha cura del vostro viaggio, vi supplico,

datemi aiuto, salvate dalla rovina un uomo infelice,

e non partite lasciandomi abbandonato così come sono.

220 Non soltanto l’Erinni mi ha calpestato gli occhi

ma a questi mali si aggiunge un altro male più amaro.

Le Arpie mi rapiscono il cibo di bocca

piombando da non so dove, da qualche nido funesto,

e non ho modo di difendermi. Più facilmente

225 quando ho voglia di cibo, potrei celarlo a me stesso

che a quelle, tanto veloci attraversano l’aria.

Se talvolta per caso mi lasciano un poco di cibo,

manda un odore tremendo, che non si può sopportare.

Nessuno degli uomini potrebbe mai avvicinarsi,

230 neppure un momento, neppure se avesse il cuore di acciaio.

Ma la necessità mi costringe, amara, insaziabile,

a restare, e non solo, a mettere nel mio maledetto ventre quel cibo.

La profezia divina dice che le cacceranno

i figli di Borea, e non mi sono estranei i miei salvatori,

235 se è vero che io sono Fineo, un tempo famoso tra gli uomini

per la ricchezza e per l’arte profetica, e mio padre fu Agenore,

e se quand’ero signore dei Traci condussi nella mia casa

quale mia sposa, coi doni nuziali, la loro sorella Cleopatra».

Così disse Fineo, e una profonda pietà prese ciascuno di loro,

240 ma più di tutti gli altri i due figli di Borea.


Apollonio Rodio, Argonautiche, libro II, vv. 178-240, trad. di G. Paduano, Rizzoli, Milano 1999

 >> pagina 86 

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Chi è Fineo?

  •     Il fratello di Giasone. 
  •     Un indovino. 
  •     Un pastore. 
  •     Un Argonauta. 


2. Per qual motivo Fineo è stato punito dagli dèi?


3. In che consiste la sua pena?


4. Che cosa chiede Fineo agli Argonauti?


5. Quali dèi nomina nella sua supplica? Perché?


6. Chi salverà Fineo dal suo tormento?

  •     Era. 
  •     I figli di Borea. 
  •     Giasone. 
  •     Agenore.

ANALIZZARE E INTERPRETARE

7. Come è descritta la reazione di Fineo quando sente il rumore degli uomini giunti da lui? Riporta nella tabella i dettagli fisici riferiti nel brano e riassumi in breve il ritratto che emerge dai vv. 197-208.


Andatura  
Vista  
Corpo  
Ginocchia  
Membra  


8. Secondo te, che effetto produce la descrizione del vecchio Fineo?


9. Come sono invece descritte le Arpie?


10. Perché Fineo ringrazia Apollo nonostante le sue sventure?

COMPETENZE LINGUISTICHE

11. Lessico. In italiano si usano ancora la parola arpia e la parola erinni come nome comune in contesti diversi ma riconducibili al mito greco; quali significati sono attribuiti a questi due termini? Aiutandoti con il dizionario, scrivi due frasi per ciascuna parola.

PRODURRE

12. Scrivere per argomentare. L’episodio di Fineo e delle Arpie dimostra la centralità che hanno il cibo e l’alimentazione nella mitologia greca, e non solo. Il non poter mangiare o vedere il proprio cibo insozzato è davvero un supplizio atroce, anche in un’epoca come la nostra che affronta problemi di malnutrizione, obesità e drammatica assenza di cibo in alcuni paesi del mondo. Scrivi un breve testo argomentativo (massimo 15 righe) in cui illustri la funzione, più o meno importante, che ha il motivo dell’alimentazione nella tua quotidianità, nel nostro modo di esprimerci e, in generale, nella nostra cultura.

L’emozione della lettura - volume C
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