Laboratorio delle competenze

T13

L’abbraccio di Odisseo e Penelope

  • Tratto da Odissea, libro XXIII, vv. 163-246

Compiuta la vendetta sui Proci (libro XXII), a Odisseo resta la prova più difficile: farsi riconoscere dalla moglie Penelope dopo venti anni di attese e illusioni. Nonostante le parole della nutrice Euriclea, che ha riconosciuto sulla gamba di Odisseo una cicatrice risalente alla giovinezza, Penelope non riesce subito a credere di avere davanti a sé il marito. Ha bisogno di una prova decisiva.

Egli uscì dalla vasca simile agli immortali nel corpo;

di nuovo sedette sul trono da cui s’era alzato,

165 di fronte a sua moglie e le disse:

«Disgraziata! a te fecero il cuore molto più duro

che alle deboli donne quelli che hanno l’Olimpo.

Nessuna altra donna starebbe con cuore ostinato lontana

così dal marito, che avendo sofferto molte sventure

170 tornasse a lei, al ventesimo anno, nella terra dei padri.

Su, balia, stendimi il letto perché, anche solo,

mi corichi: costei ha nel petto un cuore di ferro».

Gli disse allora la saggia Penelope:

«Sciagurato! non sono altezzosa o sprezzante

175 né sono attonita: so molto bene come eri

salpando da Itaca sopra la nave dai lunghi remi.

Orsù, Euriclea, stendigli il solido letto

fuori del talamo ben costruito che fece lui stesso;

portate fuori il solido letto e gettatevi sopra il giaciglio,

180 pelli e coltri e coperte lucenti».

Disse così per provare il marito; e Odisseo,

sdegnato, disse alla moglie solerte:

«Donna, è assai doloroso quello che hai detto.

Chi mise altrove il mio letto? sarebbe difficile

185 anche a chi è accorto, se non viene e lo sposta,

volendolo, un dio in un luogo diverso, senza difficoltà.

Nessun uomo, vivo, mortale, neppure giovane e forte,

lo smuoverebbe con facilità: perché v’è un grande segreto

nel letto lavorato con arte; lo costruii io stesso, non altri.

190 Nel recinto cresceva un ulivo dalle foglie sottili,

rigoglioso, fiorente: come una colonna era grosso.

Intorno ad esso feci il mio talamo, finché lo finii

con pietre connesse, e coprii d’un buon tetto la stanza,

vi apposi una porta ben salda, fittamente connessa.

195 Dopo, recisi la chioma all’ulivo dalle foglie sottili:

sgrossai dalla base il suo tronco, lo piallai con il bronzo,

bene e con arte, e lo feci diritto col filo,

e ottenuto un piede di letto traforai tutto col trapano.

Iniziando da questo piallai la lettiera, finché la finii,

200 rabescandola d’oro e d’argento e d’avorio.

All’interno tesi le cinghie di bue, splendenti di porpora.

Ti rivelo, così, questo segno. Donna,

non so se il mio letto è fisso tuttora o se un uomo,

tagliato il tronco d’ulivo alla base, altrove lo mise».

205 Disse così, e lì le si sciolsero ginocchia e cuore,

nel riconoscere i segni che Odisseo le rivelò, sicuri.

Piangendo gli corse incontro, gettò le braccia

al collo di Odisseo, gli baciò il capo e gli disse:

«Odisseo, non essere irato con me, dopoché anche in altro

210 fosti assai saggio tra gli uomini: ci diedero pene gli dèi,

che a noi negarono di vivere insieme e insieme

goderci la giovinezza e toccare la soglia della vecchiaia.

Non essere, ora, adirato, non essere offeso

se non t’ho detto, appena ti vidi, il mio affetto.

215 Il mio animo aveva sempre timore

nel petto che qualche mortale venisse a ingannarmi

con chiacchiere: molti tramano, infatti, astuzie malvage.

Neanche Elena Argiva, nata da Zeus,

si sarebbe congiunta con uno straniero in amore e nel letto,

220 se avesse saputo che i bellicosi figli degli Achei

l’avrebbero portata di nuovo a casa e in patria.

Ma certo la spinse un dio a compiere l’ignobile azione:

non da prima ebbe chiaro nell’animo l’accecamento

funesto, da cui venne il primo dolore anche a noi.

225 Ma ora che hai elencato i segni chiarissimi

del nostro letto, che non ha veduto alcun altro mortale,

ma soli tu ed io e un’altra ancella,

Attoride, che mio padre mi diede allorché venni qui,

colei che a noi custodiva le porte del solido talamo,

230 ora hai convinto il mio animo, benché tanto duro».

Disse così e in lui suscitò ancor più la voglia di piangere:

piangeva stringendo la sposa diletta, accorta.

Come appare gradita la terra a coloro che nuotano

e di cui Posidone spezzò la solida nave,

235 sul mare, stretta dal vento e dal duro maroso:

e pochi sfuggirono all’acqua canuta nuotando

alla riva, e la salsedine s’è incrostata copiosa sul corpo,

e toccano terra con gioia, scampati al pericolo;

così le era caro lo sposo, guardandolo.

240 Non gli staccava più le candide braccia dal collo.

Aurora dalle rosee dita sarebbe spuntata che ancora piangevano,

se la dea glaucopide Atena non avesse pensato altre cose:

fece lunga alla fine la notte, trattenne

Aurora dall’aureo trono vicino all’Oceano, non le fece aggiogare

245 i cavalli dai piedi veloci che portano agli uomini il giorno,

Lampo e Fetonte, i puledri che portano Aurora.


Omero, Odissea, libro XXIII, vv. 163-246, trad. di G.A. Privitera, Mondadori, Milano 2015

 >> pagina 271 

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. L’episodio ci offre uno spaccato dei rapporti tra moglie e marito nel mondo omerico. Che atteggiamento ha Odisseo nei confronti di Penelope restia a riconoscerlo?

  •     Deluso. 
  •     Comprensivo. 
  •     Affettuoso. 
  •     Indifferente. 


Individua i versi da cui puoi dedurlo.


2. La risposta iniziale di Penelope a Odisseo, nella prima parte del brano, non è tenera. Come gli si rivolge?


3. In che cosa consiste la prova cui Penelope sottopone Odisseo?


4. Una volta riconosciuto il marito, Penelope

  •     esprime tutta la sua collera per i vent’anni di assenza. 
  •     chiede comprensione per l’esitazione e la diffidenza iniziale. 
  •     gli chiede conto delle sue infedeltà coniugali. 
  •     è adirata perché non si è presentato subito a lei. 


5. In che cosa consiste l’intervento finale di Atena?

ANALIZZARE E INTERPRETARE

6. Il brano contiene un excursus: individualo.


7. A quale altro personaggio femminile fa riferimento Penelope? Che cosa emerge dal confronto tra le due donne?


8. La critica più recente ha spesso messo in rilievo il carattere enciclopedico dei poemi omerici, depositari di tutto il sapere di una comunità. Secondo te, questo brano offre del materiale che può essere letto da questo punto di vista?


9. Individua gli epiteti formulari riferiti a Penelope.


10. Quale figura retorica è impiegata per esprimere la gioia del riconoscimento? Essa acquista un significato particolare in relazione alle peripezie di Odisseo?

COMPETENZE LINGUISTICHE

11. Lessico. Che cosa significa attonita (v. 175)?

  •     Impressionata. 
  •     Indifferente. 
  •     Adirata. 
  •     Amareggiata. 


12. Lessico. Sinonimi e contrari. L’aggettivo copiosa (v. 237) deriva dal termine latino copia, “abbondanza” (per esempio: copia di viveri, gran copia di gente, larga copia di denaro). Trova un sinonimo e un contrario per l’aggettivo copioso e scrivi una frase per ciascuno (3 frasi in tutto).


13. Figure retoriche. Costei ha nel petto un cuore di ferro (v. 172): di che figura retorica si tratta?

  •     Similitudine. 
  •     Anastrofe. 
  •     Metonimia. 
  •     Metafora.

PRODURRE

14. Scrivere per esprimere. Immagina di riscrivere il racconto del riconoscimento di Odisseo da parte di Penelope dal punto di vista della donna. Omero riferisce i dettagli della costruzione del letto attraverso le parole di Odisseo, ma non ci dà conto della reazione immediata di sua moglie, se non quando la storia è conclusa e Penelope, piangendo, ha già gettato le braccia al collo del marito. Scrivi un testo, anche in prima persona, che sveli la psicologia di Penelope, i pensieri non detti e le parole espresse, dal rimprovero di Odisseo fino all’abbraccio conclusivo (massimo 20 righe).

 >> pagina 272 

invito allA visione

L’Odissea di Franco Rossi e altro ancora

Dal marzo al maggio del 1968 la Rai trasmise uno sceneggiato in otto episodi sull’Odissea destinato a fare storia: coprodotto da vari paesi (Italia, Francia, Jugoslavia, Germania), realizzato con forti investimenti e accolto da ascolti impressionanti per l’epoca, l’adattamento cinematografico del poema omerico diretto da Franco Rossi si avvalse persino della collaborazione di Mario Bava, esperto di horror che curò la regia dell’episodio di Polifemo. Ciascuna puntata era introdotta dal poeta Giuseppe Ungaretti, che leggeva i versi di Omero.

Il ruolo di Odisseo fu affidato a Bekim Fehmiu, attore iugoslavo di etnia albanese, mentre l’attrice greca Irene Papas interpretò Penelope. Le riprese furono realizzate perlopiù in studi cinematografici romani, mentre quelle esterne si svolsero in Jugoslavia. A rendere il film particolarmente ben riuscito era, oltre alla sapiente regia e alla scelta di un cast artistico molto valido, la sceneggiatura, basata sulla traduzione di Rosa Calzecchi Onesti, adottata quasi senza interventi. Una scelta interessante fu l’impiego di una voce narrante, che introduceva i personaggi commentando i passaggi significativi, per cedere spazio talora a un inedito coro, che interveniva in momenti di particolare tensione tragica.

Tra le licenze prese rispetto all’originale, vi è per esempio la scelta di dare maggiore spazio a Nausicaa e al suo amore nei confronti dell’eroe; così, il riconoscimento di Odisseo da parte di Telemaco in Omero avviene in assenza di Eumeo, che invece nello sceneggiato è presente. Inoltre la trasposizione cinematografica tende a far emergere con maggior enfasi la differenza di Odisseo rispetto ai suoi compagni, che spesso lo contestano, mentre ciò nel poema non avviene mai, se non quando l’eroe non può controllarli.

Nonostante alcune debolezze, soprattutto negli effetti speciali, all’epoca ancora “rudimentali”, nei trucchi, nella scelta degli oggetti di scena e nelle ricostruzioni di ambienti, l’Odissea di Rossi resta una delle rese cinematografiche meglio riuscite. Un precedente illustre era stato l’Ulisse diretto da Mario Camerini (1954), con una memorabile interpretazione di Ulisse da parte di Kirk Douglas e singole trovate geniali, come il canto delle Sirene affidato alle voci camuffate di Penelope e Telemaco. A ritroso nel passato, si segnala un film muto, l’Odissea dei registi Giuseppe De Liguoro, Francesco Bertolini e Adolfo Padovan, realizzato in occasione dell’Esposizione internazionale di Torino del 1911, per il 50° anniversario dell’unità d’Italia.

L’emozione della lettura - volume C
L’emozione della lettura - volume C
Epica