T8 - Un canto ammaliante: Odisseo e le Sirene

T8

Un canto ammaliante: Odisseo e le Sirene

  • Tratto da Odissea, libro XII, vv. 165-200

Dopo gli incontri con le anime dei defunti alle soglie dell’Ade, la nave di Odisseo ripassa da Eea, l’isola di Circe, e poi, grazie ai venti propizi inviati dalla maga, giunge presso gli scogli delle Sirene, seducenti creature che attirano con il canto i marinai per poi lasciarli morire. Il vento cala e Odisseo comunica ai compagni che cosa aveva appreso da Circe: ordina loro, pertanto, di tapparsi le orecchie con la cera, mentre lui solo potrà ascoltare le dolci voci delle Sirene, dopo essere stato legato con nodi robusti all’albero della nave.

165 Dicendo così io spiegavo ogni cosa ai compagni:

intanto la solida nave rapidamente arrivò

all’isola delle Sirene: la spingeva un vento propizio.

Subito dopo il vento cessò, successe una calma

senza bava di vento, un dio assopiva le onde.

170 I compagni, levatisi e piegate le vele,

le deposero nella nave ben cava e postisi

ai remi imbiancavano l’acqua con gli abeti piallati.

Io invece, tagliato col bronzo aguzzo un grande

disco di cera a pezzetti, li premevo con le mani robuste.

175 Subito la cera cedette, sollecitata dalla gran forza

e dal raggio del Sole, del signore Iperionide:

la spalmai sulle orecchie a tutti i compagni, uno a uno.

Essi poi mi legarono per le mani ed i piedi

ritto sulla scassa dell’albero, ad esso eran strette le funi,

180 e sedutisi battevano l’acqua canuta coi remi.

Ma appena distammo quanto basta per sentire chi grida,

benché noi corressimo, non sfuggì ad esse la nave veloce

che s’appressava e intonarono un limpido canto:

“Vieni, celebre Odisseo, grande gloria degli Achei,

185 e ferma la nave, perché di noi due possa udire la voce.

Nessuno mai è passato di qui con la nera nave

senza ascoltare dalla nostra bocca il suono di miele,

ma egli va dopo averne goduto e sapendo più cose.

Perché noi conosciamo le pene che nella Troade vasta

190 soffrirono Argivi e Troiani per volontà degli dèi;

conosciamo quello che accade sulla terra ferace”.

Così dissero, cantando con bella voce: e il mio cuore

voleva ascoltare e ordinai ai compagni di sciogliermi,

facendo segni cogli occhi: ma essi curvi remavano.

195 Subito Perimede ed Euriloco alzatisi

mi legarono e strinsero di più con le funi.

Ma quando le superarono e più non s’udiva

la voce delle Sirene né il loro canto,

subito i fedeli compagni la cera levarono

200 che gli spalmai sulle orecchie, e dalle funi mi sciolsero.


Omero, Odissea, libro XII, vv. 165-200, trad. di G.A. Privitera, Mondadori, Milano 2015

 >> pagina 238 

a TU per TU con il testo

Che cosa cantavano di così irresistibile le Sirene ai marinai di passaggio davanti al loro scoglio? Purtroppo le parole con cui esse cercano di allettare Odisseo restano troppo vaghe perché possiamo conoscere il contenuto del loro canto: ancora oggi i lettori conservano una insoddisfatta curiosità, nonostante abbiano tentato di razionalizzare l’episodio, prosaicamente ricondotto da alcuni ai rischi della navigazione nel mar Tirreno.

Il canto delle Sirene, mito intramontabile del pericolo mortale connesso a certa seduzione femminile, rappresenta un inalterato mistero. L’unica cosa certa è la tenacia di Odisseo, desideroso di affrontare l’ennesima prova della sua vita avventurosa e capace di vincere, oltre alle avversità, anche le seduzioni. Anche la nostra vita ci pone infinite volte davanti a tentazioni pericolose: Omero sembra dirci che le lusinghe non devono essere scansate o rimosse, ma affrontate. L’autocontrollo e la disciplina interiore sono i mezzi per uscire indenni dalle “tempeste” della nostra navigazione terrena.

 >> pagina 239 

Analisi

L’avvicinamento della nave di Odisseo allo scoglio delle Sirene è introdotto da un cambiamento climatico improvviso: il declinare rapido e inatteso del vento, che determina un mare piatto, inadatto alla navigazione (il vento cessò, successe una calma / senza bava di vento, un dio assopiva le onde, vv. 168-169). La bonaccia non è gradita ai naviganti, perché impedisce ogni tipo di movimento alle imbarcazioni; gli antichi la associavano, inoltre, all’azione di un qualche dio. Odisseo ne approfitta per preparare i tappi di cera per le orecchie ai suoi compagni in modo che non possano ascoltare il canto delle Sirene, ambigue creature di cui Omero non descrive l’aspetto e che infliggono la morte a quanti non resistono alle loro voci melodiose (vv. 173-177).

Ciò che emerge ancora una volta nell’episodio è la curiosità del protagonista del poe­ma, eroe dell’intelligenza (metis) e della curiosità, così diverso dai suoi compagni, uomini comuni, privi del medesimo afflato conoscitivo. Odisseo, legato all’albero della nave, non può fare a meno di vivere un’esperienza della quale conosce i rischi, ma che sa affrontare con le dovute precauzioni e da cui uscirà più forte e ricco di prima.

Quello delle Sirene è un canto dolce come il miele, che promette di aumentare la conoscenza dell’ascoltatore, un canto al quale nessuno ha mai saputo sfuggire. I soli riferimenti tematici precisi che esse accampano, tuttavia, sono relativi alla guerra di Troia, il sapere universale dei Greci dell’epoca (Perché noi conosciamo le pene che nella Troade vasta / soffrirono Argivi e Troiani per volontà degli dèi, vv. 189-190).

Secondo il biografo Svetonio (I-II secolo d.C.), ancora in età romana l’imperatore Tiberio interrogava i suoi grammatici per cercare di decifrare che cosa fossero solite cantare le Sirene. Per alcuni interpreti moderni non può che trattarsi del sapere d’amore, l’arte della seduzione; per altri il canto delle Sirene riguardava le confidenze femminili sugli uomini, ovvero i discorsi che non sarebbero mai arrivati a un uomo nel mondo antico, a causa della rigida separazione tra i sessi.

Al di là dell’aspetto letterario e della bellezza del mito, le Sirene dovevano assolvere soprattutto una precisa funzione storica e geografica nella coscienza dei Greci. Localizzate nel Tirreno, secondo lo storico Domenico Musti, le Sirene evocavano paesaggi diversi e affascinanti per la loro lontananza, ma anche per la loro somiglianza con il paesaggio insulare greco.

Simbolo dell’insidia del canto e del piacere della poesia, le Sirene esprimono pertanto le paure ancestrali di un popolo di naviganti nei confronti della tentazione del non ritorno. Un popolo come quello greco, innamorato della memoria e delle proprie origini, non poteva che temere e condannare ogni invito all’oblio dell’identità, della patria, della famiglia e degli affetti.

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Che cosa accade all’arrivo della nave di Odisseo all’isola delle Sirene?


2. Chi prepara i tappi di cera per le orecchie dei naviganti?


3. In che modo Odisseo pensa di superare l’ostacolo delle Sirene senza rinunciare alla curiosità di ascoltare il loro canto?

  •     Gettandosi in acqua per ascoltare più da vicino il loro canto.
  •     Facendosi legare all’albero della nave per evitare di cedere alle loro lusinghe.
  •     Legando i compagni all’albero mentre naviga con le orecchie tappate.
  •     Colpendo a morte le Sirene.


4. Come viene definito l’eroe dalle Sirene?

 >> pagina 240 

ANALIZZARE E INTERPRETARE

5. Individua gli epiteti relativi agli elementi elencati nella tabella.


nave  
acqua  
nave  
terra  


Che tipo di conoscenze si vantano di trasmettere le Sirene agli incauti avventori?


6. Nella traduzione di Aurelio Privitera il canto delle Sirene è definito limpido (v. 183). Alla luce delle conoscenze acquisite, secondo te, che cosa significa?


7. Secondo te, la tentazione rappresentata dall’ascolto del canto delle Sirene è soprattutto di tipo

  •     erotico.
  •     conoscitivo.
  •     religioso.
  •     economico.

COMPETENZE LINGUISTICHE

8. I complementi. Al v. 184 l’espressione grande gloria degli Achei è

  •     attributo del vocativo.
  •     apposizione del vocativo.
  •     attributo del soggetto.
  •     apposizione del complemento oggetto.


9. Lessico. La situazione descritta all’inizio del brano, con la cessazione improvvisa dei venti, corrisponde al fenomeno atmosferico della bonaccia, lo stato del mare calmo e senza vento. Il lessico relativo alla navigazione si è prestato da sempre, non solo in italiano, a un grande numero di metafore diventate di impiego corrente: basti pensare che i termini di ambito politico governare e governatore originariamente facevano riferimento proprio alla guida delle navi. Con l’aiuto dell’insegnante individua altre metafore riconducibili al mondo della navigazione e scrivi una frase per ciascuna.

PRODURRE

10. Scrivere per raccontare. Immagina di trovarti al posto di Odisseo, ma davanti a ipotetiche Sirene del mondo contemporaneo. Che cosa potrebbero cantare di così irresistibile, secondo te, per gli esseri umani di oggi? Quale verità reputeresti attraente e allettante (per esempio, conoscenze relative al mondo extraterrestre)? Scrivi un breve brano che attualizzi l’episodio omerico (massimo 20 righe).

LETTERATURA E NON SOLO: SPUNTI DI RICERCA INTERDISCIPLINARE

storia dell’Arte

L’immagine della Sirena è ormai parte del nostro immaginario. Svolgi una ricerca iconografica su questa figura nella storia dell’arte o nel cinema, valorizzando in particolare le rivisitazioni che preferisci.

SPUNTI PER DISCUTERE IN CLASSE

Odisseo risolve una situazione potenzialmente pericolosa mettendo in atto uno stratagemma che lo costringe a dominare i propri desideri e le proprie passioni: ritieni che l’autocontrollo sia una qualità importante in una persona? Credi di possederne? Confrontati con i tuoi compagni.

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PASSATO E PRESENTE

Il mito delle Sirene

L’immagine delle Sirene è oggi associata a creature meravigliose, dall’aspetto di avvenenti ragazze nella metà superiore del corpo e di pesci in quella inferiore. Le Sirene degli antichi, in realtà, erano ben diverse: metà donne e metà uccelli, avevano artigli e, nel complesso, una natura decisamente aggressiva.

Figlie di una Musa e del dio-fiume Acheloo, oppure delle divinità marine Forco e Ceto, abitavano sull’isola di Antemoessa (in greco “fiorita”), localizzata ora a sud della penisola di Sorrento, ora vicino allo stretto di Messina. I marinai che cedevano al fascino del loro canto venivano divorati dalle Sirene che lasciavano poi le loro ossa biancheggiare al sole.

L’origine del mito sarebbe connessa con il culto di Persefone, la dea degli Inferi: le Sirene dovevano essere originariamente delle belle fanciulle che accompagnavano la dea nella piana di Enna prima che fosse rapita da Plutone. La trasformazione in donne con la metà del corpo d’uccello sarebbe stata voluta da Demetra, madre di Persefone, come punizione per non aver impedito il rapimento della figlia.

La fine del mondo antico avrebbe segnato un cambiamento anche nella concezione delle Sirene. Nel commento all’Eneide di Servio (IV secolo d.C.) si dava un’interpretazione moraleggiante del mito. Queste creature divennero così il simbolo delle prostitute che seducono i marinai con il canto e parole melliflue. Di lì a poco si costituì l’iconografia delle Sirene con una lunga coda di pesce al posto delle gambe, ricorrente nel Medioevo. Una sirenetta del folklore europeo, per esempio, è Melusina, protagonista di varie leggende.

Il mondo slavo conosce, invece, le Rusalki, divinità femminili simili alle Sirene cui siamo abituati, legate all’acqua e alla primavera e capaci di influire sulla fecondità delle donne, sui raccolti, sulla guarigione dalle malattie. Esse sarebbero le anime di giovani donne morte suicide oppure annegate o uccise in prossimità di un lago o di un fiume. Nel folklore polacco e ucraino si mantiene l’usanza di festeggiarle in primavera e all’inizio dell’estate, gettando corone di fiori nelle acque di fiumi e laghi.

La fortuna moderna e contemporanea del mito delle Sirene, tuttavia, si deve alla fiaba La Sirenetta dello scrittore danese Hans Christian Andersen, pubblicata la prima volta nel 1837, alla quale è dedicata la celebre statua collocata all’ingresso del porto di Copenaghen sin dal 1913.

L’emozione della lettura - volume C
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