T7 - La discesa agli Inferi: Tiresia e Achille

T7

La discesa agli Inferi: Tiresia e Achille

  • Tratto da Odissea, libro XI, vv. 90-137, 471-503

Prima che Odisseo lasci l’isola di Circe, la maga avverte l’eroe che dovrà recarsi nel regno dei morti, dove l’indovino Tiresia farà rivelazioni sul suo futuro. Una volta raggiunta la soglia dell’Oltretomba, per parlare con le anime dei defunti, Odisseo deve compiere i riti prestabiliti, sacrificare degli animali e offrirne il sangue alle anime perché esse possano trarvi forza e parole. Le anime gli si affollano attorno perché tutte vorrebbero bere il sangue offerto, al punto che l’eroe è costretto a tenerle a distanza, finché non sopraggiunge l’indovino Tiresia, l’unico a possedere una mente salda e la capacità del dono profetico, benché si trovi nell’Ade, luogo dove le anime non sono che ombre vaganti prive di coscienza e memoria.

90    «E venne poi l’anima del tebano Tiresia,

stringendo lo scettro d’oro. Mi riconobbe e mi disse:

“Divino figlio di Laerte, Odisseo pieno di astuzie,

perché mai, infelice, lasciata la luce del Sole,

sei venuto a vedere i defunti e questo tristissimo luogo?

95    Orsù, dalla fossa allontanati, togli l’aguzzo brando,

perché beva di questo sangue e ti dica parole veraci”.

Disse così ed io arretrando infilai nei fodero

la spada con borchie d’argento. Appena bevé il fosco sangue,

mi parlò allora con queste parole l’esimio veggente:

100 “Desideri un dolce ritorno, illustre Odisseo,

ma te lo farà aspro un dio. Perché credo che non sfuggirai

al dio scuoti terra, che con te nell’animo è in collera,

sdegnato perché gli accecasti suo figlio.

Ma anche così potresti arrivare, pur subendo sventure,

105 se sai trattenere l’animo tuo e dei compagni,

appena avrai spinto la nave ben costruita

sull’isola della Trinachia, sfuggito al mare viola,

e troverete le vacche al pascolo e le greggi pingui

del Sole, che vede ogni cosa e sente ogni cosa.

110 Se queste le lasci illese e pensi al ritorno,

potrete ancora arrivare ad Itaca, pur subendo sventure;

se però le molesti, allora prevedo rovina per te,

per la nave e i compagni: e tu, seppure ne scampi,

tardi ritorni e male, perduti tutti i compagni,

115 sopra una nave straniera; e a casa trovi dolori,

uomini prepotenti, che ti divorano i beni,

corteggiando la sposa divina e facendole doni.

Ma, tornato, tu punirai la loro violenza:

e quando, nelle tue case, i pretendenti li hai sterminati,

120 con l’inganno o a fronte con l’aguzzo bronzo,

prendi allora il maneggevole remo e va’,

finché arrivi da uomini che non sanno

del mare, che non mangiano cibi conditi col sale,

che non conoscono navi dalle gote purpuree

125 né i maneggevoli remi che sono per le navi le ali.

E ti dirò un segno chiarissimo: non potrà sfuggirti.

Quando un altro viandante, incontrandoti,

dirà che tu hai un ventilabro sull’illustre spalla,

allora, confitto a terra il maneggevole remo

130 e offerti bei sacrifici a Posidone signore,

un ariete, un toro e un verro che monta le scrofe,

torna a casa e sacrifica sacre ecatombi

agli dèi immortali che hanno il vasto cielo,

a tutti con ordine. Per te la morte verrà

135 fuori dal mare, così serenamente da coglierti

consunto da splendente vecchiezza: intorno avrai

popoli ricchi. Questo senza errore ti annunzio”».

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Nel seguito del racconto Odisseo riferisce l’incontro con la madre Anticlea e con molte donne famose, suscitando estremo interesse da parte dei Feaci, disposti ad ascoltarlo fino all’alba. Alla richiesta di dare notizia di altri eroi che avevano combattuto a Troia, racconta poi l’incontro con Agamennone, ucciso a tradimento al ritorno da Troia dalla moglie Clitemnestra e dal suo amante Egisto, e poi quello con Achille (vv. 471-503).

«Mi riconobbe l’anima del celere Eacide

e piangendo mi rivolse alate parole:

“Divino figlio di Laerte, Odisseo pieno di astuzie,

temerario, quale impresa più audace penserai nella mente?

475 Come ardisti venire nell’Ade, dove i morti

privi di sensi dimorano, le ombre degli uomini estinti?”.

Disse così e io rispondendogli dissi:

“Achille, figlio di Peleo, tra gli Achei il più valoroso,

son venuto per sentire Tiresia, se un consiglio

480 mi dava, come giungere nella ripida Itaca.

Non giunsi mai vicino all’Acaide, non toccai mai

la nostra terra, ma sempre ho sventure. Nessuno

di te più beato, o Achille, in passato e in futuro:

prima infatti, da vivo, ti rendevamo onori di dèi

485 noi Argivi, ed ora hai grande potere tra i morti

qui dimorando: non t’angusti, o Achille, la morte”.

Dissi così e subito rispondendomi disse:

“Non abbellirmi, illustre Odisseo, la morte!

Vorrei da bracciante servire un altro uomo,

490 un uomo senza podere che non ha molta roba;

piuttosto che dominare tra tutti i morti defunti.

Ma dammi qualche notizia del mio nobile figlio:

se è andato, o no, in guerra per essere un prode.

Dimmi del nobile Peleo, se hai saputo qualcosa:

495 se ha ancora la sua dignità tra i molti Mirmìdoni,

o se nell’Ellade e a Ftia non lo onorano più,

perché la vecchiaia lo opprime alle mani e ai piedi.

Magari io potessi in suo aiuto, sotto i raggi del sole,

– essendo così come quando nella vasta terra di Troia

500 facevo strage di eroi difendendo gli Argivi –

magari potessi andare così da mio padre, anche per poco:

odiose farei la mia forza e le irresistibili mani

per chi gli fa violenza e lo priva dell’onore dovuto”».


Omero, Odissea, libro XI, vv. 90-137, 471-503, trad. di G.A. Privitera, Mondadori, Milano 2015

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a TU per TU con il testo

Probabilmente è l’unica cosa che non si vorrebbe mai sapere: la circostanza della propria morte. Tuttavia, come negare quest’ultima rivelazione a un eroe che ha votato la propria vita alla ricerca dell’esperienza e di nuove conoscenze? Le parole enigmatiche e sibilline di Tiresia rispondono a tale domanda, non senza aprire contestualmente molti altri interrogativi. Una terra di uomini che non conoscono il sale e non riconoscono un remo, una morte destinata a venire dal mare... difficile decriptare il senso della profezia. È certo però che la morte non riserva alcuna consolazione: perfino Achille, il personaggio greco più famoso per onore e gloria, afferma che preferirebbe essere l’ultimo dei manovali sulla terra, ma vivo, che il primo degli eroi, ma morto. Emerge così l’altra faccia della medaglia dell’etica aristocratica, decisamente più prosaica. La morte annulla ogni potere e fa rimpiangere di aver perduto l’unico dono che merita di essere esaltato: la vita stessa.

Analisi

Il libro XI dell’Odissea è noto sin dall’antichità come nékyia, termine greco che si riferisce ai riti necessari a evocare le anime dei defunti. Il viaggio nel regno dei morti (ciò che i Greci chiamavano “catabasi”), tuttavia, non è una novità nella letteratura: si tratta di un topos ricorrente nell’epopea di Gilgamesh ( pp. 40-42) e in molti miti greci. Già Orfeo, per esempio, era disceso negli Inferi per recuperare l’amata Euridice.

Odisseo, invece, affronta tale esperienza su indicazione di Circe per ascoltare la profezia di Tiresia relativa al suo avvenire. Ciononostante, l’indovino esprime sorpresa alla vista di un vivo e gli chiede le ragioni dell’insolita visita (vv. 92-94). A differenza di Orfeo, peraltro, l’eroe non scende propriamente nell’Ade, ma incontra le anime dei morti sulla sua soglia, dove le anime accorrono, richiamate dai riti macabri compiuti poco prima. Nel luogo indicato da Circe, infatti, Odisseo ha scavato una fossa in cui ha fatto colare il sangue di un montone e di una pecora nera sacrificati ad Ade e Persefone: le anime infatti sono attratte dal sangue perché restituisce loro la forza e la memoria.

Le parole profetiche di Tiresia servono a dare un senso alle future avventure e sventure dell’eroe fino al ritorno a Itaca e oltre. Il più grande ostacolo al ritorno è rappresentato dalla collera di Poseidone, scatenata dall’accecamento del figlio Polifemo (vv. 100-103). Il successivo pericolo, invece, è costituito dalle vacche dell’isola di Trinacria sacre al dio Sole. Tiresia avverte Odisseo che, qualora avesse loro fatto del male, avrebbe avuto gran rovina, perdendo tutti i compagni (vv. 110-114), come poi avviene. Anche il ritorno a Itaca, sopra una nave straniera, quella che avrebbe avuto dai Feaci, non si annuncia facile: in patria avrebbe dovuto affrontare le insidie dei pretendenti della moglie e del trono (vv. 115-120).

Tiresia vede oltre il ritorno a Itaca e la fine dell’Odissea: profetizza a Odisseo nuovi viaggi, fin verso terre e uomini che non conoscono il mare (prendi allora il maneggevole remo e va’, / finché arrivi da uomini che non sanno / del mare, che non mangiano cibi conditi col sale, vv. 121-123) e gli descrive il giorno in cui giungerà anche per lui la morte, dal mare, dopo l’incontro con un viandante che avrà confuso il suo remo con uno strumento agricolo. Allora, offerte ecatombi agli dèi, al termine di una splendente vecchiezza, Odisseo morirà serenamente, circondato da popoli ricchi (vv. 126-137).

Le parole di Tiresia, tuttavia, non delineano eventi certi: il futuro tratteggiato dall’indovino lascia all’eroe un margine di libertà (Ma anche così potresti arrivare, v. 104; e tu, seppure ne scampi, v. 113), che rende possibile un destino non necessariamente coincidente con quello profetizzato.

I Greci concepivano l’Ade come un regno posto ai confini del mondo, nel quale ombre sfuggenti vagano senza posa, incapaci di volontà, prive di intelligenza e di parola. Lo scenario infernale descritto e l’incontro con Achille sembrano così smentire la mitologia della bella morte celebrata dall’Iliade. Alle parole di Odisseo, che magnifica la condizione del celebre compagno della guerra troiana (Nessuno / di te più beato, o Achille, in passato e in futuro: / prima infatti, da vivo, ti rendevamo onori di dèi / noi Argivi, ed ora hai grande potere tra i morti / qui dimorando: non t’angusti, o Achille, la morte, vv. 482-486), Achille replica dando sfogo a tutto il proprio rimpianto per la vita perduta (Vorrei da bracciante servire un altro uomo, / un uomo senza podere che non ha molta roba; / piuttosto che dominare tra tutti i morti defunti, vv. 489-491).

L’eroe più arrogante dell’Iliade si dice ora disposto a essere l’ultimo dei vivi, pur di rivedere la luce del sole. L’umanità manifestata da Achille con le domande sulla sorte del figlio (vv. 492-493) e del padre (vv. 494-503) tradisce, così, la concezione vuota e triste che i Greci avevano dell’aldilà, specchio sfocato dei ricordi e dei sentimenti della vita terrena. Su tutto prevale la nostalgia di un bene, la vita, che per i morti non esiste più.

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Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. In che modo Tiresia definisce il regno dei morti? Rintraccia l’aggettivo nel testo.


2. Quale rito compie Tiresia prima di pronunciare la sua profezia?


3. Secondo Tiresia, quali divinità porranno ostacoli al ritorno di Odisseo?

  •     Plutone e il Sole.
  •     Giunone ed Eolo.
  •     Poseidone e il Sole.
  •     Il Sole ed Eolo.


4. Che cosa attende Odisseo al ritorno in patria?


5. Indica l’affermazione esatta tra le seguenti.

  •     Tornato a Itaca, Odisseo troverà la morte per mano dei Proci.
  •     Odisseo morirà in mare lontano dalla patria.
  •     Per l’eroe la morte verrà dal mare.
  •     Tiresia non dà indicazioni sulla morte di Odisseo.


6. Che reazione ha Achille alla vista di Odisseo?

  •     Commozione.
  •     Paura.
  •     Felicità.
  •     Sorpresa.


7. Quale condizione dichiara di preferire Achille a quella di re tra i defunti?

ANALIZZARE E INTERPRETARE

8. Con quale mezzo Odisseo dovrà intraprendere l’ultimo viaggio? Quali aspetti caratterizzano la terra nella quale Odisseo troverà la morte?


9. Perché Odisseo considera Achille il più felice degli uomini?


10. L’Achille che Odisseo incontra nell’Ade è molto differente dall’eroe invincibile che hai conosciuto leggendo l’Iliade: in che cosa consistono queste differenze?


11. Individua nel testo i versi formulari caratteristici dello stile epico.


12. Associa l’epiteto al sostantivo corrispondente.

  • a) Odisseo
  • b) parole
  • c) mare
  • d) sposa
  • e) remo
  • f) bronzo


1) divina

2) veraci

3) pieno di astuzie

4) maneggevole

5) aguzzo

6) viola


13. Quale concezione dell’aldilà traspare dall’incontro con Tiresia e con Achille?

COMPETENZE LINGUISTICHE

14. Sintassi. Il congiuntivo. Nel verso non t’angusti, o Achille, la morte (v. 486) che valore ha il congiuntivo angusti?

  •     Concessivo.
  •     Esortativo.
  •     Desiderativo.
  •     Ipotetico.


15. Storia della lingua. Gli allotropi. Il verbo angustiare, “tormentare”, è corradicale (cioè condivide la stessa radice) con il sostantivo angustia (“ristrettezza”, “costrizione psicologica”), termine latino da cui si è sviluppata anche la parola italiana angoscia. Casi come questo sono frequenti in italiano: di due termini aventi la stessa origine, uno si è conservato immutato dal latino, perché usato o ripreso da parlanti dotti o intellettuali, mentre il secondo si è alterato nei secoli (nella forma e nel significato), perché impiegato nella lingua di tutti i giorni. In linguistica si parla, in questi casi, di allotropi. Te ne presentiamo alcune coppie: scrivi sul quaderno una frase per ciascun termine.


Origine Allotropi
angustia angustia
angoscia
vitium vizio
vezzo
area area
aia
causa causa
cosa
pretium prezzo
pregio
platea platea
piazza

16. Le figure retoriche. La metafora spenta. Nel brano le navi sono definite con l’epiteto dalle gote purpuree (v. 124), che allude al coloro rosso delle fiancate, paragonate alle guance umane con una metafora. Spesso in alcune espressioni metaforiche, per la grande diffusione e il lungo uso, la coscienza della similitudine originaria è quasi spenta: per esempio, nelle locuzioni il braccio di una lampada o la gamba del tavolino. Del resto, l’italiano non presenta un termine alternativo per indicare queste parti di oggetti, il che dimostra la grande utilità della metafora (che letteralmente significa “trasferimento”) come risorsa espressiva di una lingua. In tutti questi casi si parla di metafora spenta o, con un termine di origine greca, catacresi. Con l’aiuto dell’insegnante e di una ricerca in internet, individuane altri esempi e scrivi una frase con ciascuno.

PRODURRE

17. Scrivere per raccontare. Immagina la reazione prodotta dalla visita di Odisseo sulle anime dei defunti. Achille esprime chiaramente il suo punto di vista, però l’intera vicenda è riportata dalla prospettiva di Odisseo. Prova a riscrivere l’incontro di Achille e Odisseo nell’Ade dal punto di vista di Achille (massimo 15 righe).

LETTERATURA E NON SOLO: SPUNTI DI RICERCA INTERDISCIPLINARE

Storia

Tutte le culture e le religioni hanno cercato di immaginare che cosa ci sia dopo la morte, creando immagini dell’aldilà che possono essere anche molto diverse tra loro. Dividetevi in gruppi e fate una ricerca sull’idea dell’aldilà nelle varie culture e mitologie (per esempio, presso i nativi americani, i Maya, i Vichinghi, gli aborigeni australiani ecc.).

SPUNTI PER DISCUTERE IN CLASSE

Nell’immaginario di molte civiltà i defunti hanno la facoltà di comunicare informazioni sul futuro. La ricerca di un contatto con le anime di coloro che ci hanno lasciato continua ad affascinare anche oggi. In genere la persona dotata della presunta capacità di stabilire questo tipo di contatto e di portare ai vivi i messaggi dei morti è detta, con un termine latino, medium (proprio per la prerogativa di “mediare” la comunicazione tra due mondi).

Secondo te, perché l’uomo ha bisogno di questo tipo di comunicazione? Quali sono i rischi insiti in queste pratiche? Discutine in classe con l’insegnante e con i compagni.

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PASSATO E PRESENTE

Il colloquio con le anime dei morti

Il rito della nékyia è una forma di necromanzia (dal greco necromantéia, composto di nekrós, “morto” e mantéia, “predizione”) destinato a non rimanere isolato nelle letterature classiche. La visita ai defunti compiuta da Odisseo, infatti, avrebbe ispirato Virgilio per la catabasi, cioè la discesa di Enea nel regno dei morti, raccontata nel libro VI dell’Eneide. Nella Pharsalia del poeta latino Lucano (I secolo d.C.) è presente un episodio di necromanzia dalle tinte ancora più forti: la maga tèssala Eritto riesuma il cadavere di un soldato morto in battaglia, al quale fa predire la futura distruzione di Roma.

Non si tratta di un motivo esclusivo del mondo greco-romano. In numerose società la comunicazione tra il mondo dei vivi e quello dei defunti è affidata a precise figure, come quelle degli sciamani, deputati al dialogo con gli spiriti. Presso queste società (per esempio i lapponi o gli eschimesi), si crede che siano gli spiriti ultraterreni a determinare la sorte e gli avvenimenti terreni. Ogni problema può perciò essere risolto solo da qualcuno che abbia la capacità e i mezzi per entrare in contatto con tali spiriti, affrontando un viaggio nel loro mondo.

La figura del medium, tuttavia, è presente anche nelle nostre società industrializzate. Il medium (termine latino che significa “mezzo”), o più comunemente mago, è una persona che sostiene di poter operare come intermediario tra la vita e la morte dialogando con presunte entità soprannaturali.

Tale pratica nasce in contesti sociali afflitti da profonda ignoranza e suggestionati da una forte base di credulità popolare, dal momento che non esiste alcuna prova scientifica di questa forma di comunicazione. Eppure il fenomeno suscita interesse ancora oggi, come dimostrano due famose pellicole cinematografiche: Ghost (1990) diretto da Jerry Zucker e interpretato da Patrick Swayze, Demi Moore e Whoopi Goldberg e Hereafter (2010) del regista americano Clint Eastwood. Protagonista del primo film è Sam, giovane bancario, che viene assassinato da un sicario assoldato dal suo migliore amico. Benché morto, Sam può restare sulla terra come fantasma per far luce sul proprio omicidio e proteggere la moglie Molly, aiutato da una sensitiva che, dapprima ignara dei suoi poteri, diventa poi sua complice e amica.

Il film Hereafter è invece incentrato sull’incontro, in occasione della Fiera del Libro di Londra, di tre personaggi: George Lonegan, un operaio capace di comunicare con i morti; Marie, una giornalista parigina sopravvissuta allo tsunami che nel 2004 colpì il sud-est asiatico e passata attraverso uno stato di “pre-morte”; Marcus, un bambino timido e taciturno, che cerca di entrare in contatto con il fratello morto in un incidente stradale. L’aspetto più controverso del film di Eastwood riguarda i ripetuti accenni a presunte prove documentali dell’esistenza di qualcosa di effettivamente reale oltre il mondo terreno.

L’emozione della lettura - volume C
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