L’importanza della Bibbia non è legata solo alla sua dimensione teologica come libro sacro da cui ricavare insegnamenti religiosi. La Bibbia costituisce anche una straordinaria fonte di informazioni storiche, che permette di ricostruire vicende e aspetti del popolo ebraico. L’Antico Testamento fissa infatti i momenti decisivi della sua storia: la rivelazione di Dio ad Abramo, la successione di Isacco, di Giacobbe e dei suoi dodici figli, la schiavitù in Egitto, l’arrivo nella Terra Promessa, i contrasti con i Filistei, la cattività babilonese.
Il Pentateuco comincia con la narrazione della creazione del mondo, del peccato originale di Adamo ed Eva, del Diluvio universale. Vero capostipite e primo patriarca del popolo ebraico, tuttavia, è Abramo, che risiede originariamente nella città di Ur in Mesopotamia: a lui Dio si rivela indicandogli una nuova patria, la terra di Canaan, corrispondente all’attuale Palestina. Abramo è padre di Isacco, secondo patriarca, mentre da quest’ultimo nasce Giacobbe, padre di dodici figli, corrispondenti alle tribù di Israele. Uno dei figli di Giacobbe, Giuseppe, venduto dai fratelli come schiavo in Egitto, si fa apprezzare dal faraone, fino a diventare viceré e a invitare la sua tribù a stabilirsi in quel paese. Qui gli ebrei rimangono a lungo, all’inizio in condizioni di prosperità, fino a quando sotto il regno del faraone Ramses II (1279-1212 a.C.) vengono sottoposti a un regime di schiavitù, al quale pone fine Mosè. Egli guida il suo popolo fuori dall’Egitto, verosimilmente attorno al XII secolo a.C., conducendolo miracolosamente oltre il mar Rosso fino al monte Sinai, dove Dio si rivela di nuovo attraverso i Dieci Comandamenti, le cosiddette Tavole della Legge.
Dopo quarant’anni di peregrinazione nel deserto, le difficoltà però non finiscono, perché gli ebrei, dopo la morte di Mosè guidati da Giosuè, devono condurre dure lotte per insediarsi a Canaan, che nel frattempo era stata occupata da altri popoli, chiamati nella Bibbia con la denominazione di Filistei. Un episodio di questi conflitti è documentato nella famosa storia del giudice Sansone (▶ T1, p. 22).
Dopo i primi tempi, in cui gli ebrei sono organizzati in una confederazione di tribù, Saul diventa il primo re di Israele. Gli succede Davide, figlio di Iesse, noto per l’impresa eroica compiuta da giovinetto ai danni del gigante Golia (▶ T2, p. 27): sotto il suo regno le dodici tribù sono unite. Il figlio Salomone, re dal 970 al 933 o 931 a.C., celebre per il suo equilibrio nell’amministrazione della giustizia, accresce lo splendore della monarchia attraverso la consacrazione del Tempio di Gerusalemme. Alla sua morte l’unità del regno si rompe e il popolo si divide tra il regno di Israele al nord, con capitale Samaria, e il regno di Giuda al sud, che ha per capitale Gerusalemme.
Segue l’età dei profeti, che richiamano continuamente i re e il popolo alla fedeltà all’alleanza del Sinai, preannunciando future sventure a causa dei peccati commessi. Il libro di Isaia, per esempio, riflette le ansie e le incertezze del periodo che precede l’invasione degli Assiri, che nel 721 a.C. determina la fine del regno del Nord e la deportazione del popolo ebraico in varie regioni dell’impero assiro. Il regno del Sud, invece, rimane in piedi fino al 587 a.C., quando il re babilonese Nabucodonosor conquista Gerusalemme, distrugge il Tempio e deporta un gran numero di Giudei a Babilonia: la cattività babilonese, ovvero il periodo di prigionia trascorso dal popolo ebraico in Mesopotamia, dura fino al 538 a.C., quando il re persiano Ciro concede agli ebrei il ritorno in Palestina. Queste vicende trovano un’eco letteraria nel libro del profeta Geremia, che canta l’inutilità della resistenza ai Babilonesi, e in quello del profeta Ezechiele, il quale già riflette sull’esperienza dell’esilio. La conquista babilonese segna anche l’inizio della diaspora (termine di origine greca, che vuol dire “dispersione”), continuata anche nei secoli successivi, soprattutto dopo la conquista romana. Gli ebrei tornati in patria, invece, in quella che è stata definita età postesilica, costruiscono il secondo Tempio, che sarebbe stato distrutto dall’imperatore romano Tito nel 70 d.C. Nei secoli compresi tra il ritorno dall’esilio babilonese e la nascita di Gesù, la Palestina è sotto il dominio persiano fino alla conquista di Alessandro Magno (332 a.C.) e alla costituzione del regno ellenistico dei Seleucidi, che a loro volta la controllano fino all’occupazione romana a opera di Pompeo (64 a.C.). I forti rischi di paganizzazione vissuti dalla società ebraica a contatto con la cultura greca in età ellenistica sono documentati nei libri dei Maccabei (II-I secolo a.C.), compresi nella Bibbia dei Settanta.