Achille, ormai risoluto a non combattere più, confida la propria amarezza alla madre Teti, che chiede a Zeus di favorire i Troiani in modo che i Greci avvertano ancora di più la mancanza dell’eroe (libro I). Frattanto, un sogno induce Agamennone a sferrare l’ultimo attacco, ma il comandante mette alla prova l’esercito e prima dell’assalto invita tutti a fare ritorno in patria. I soldati, stremati da dieci anni di battaglia, corrono alle navi, ma sono fermati da Odisseo (libro II). Il tentativo di risolvere la guerra con un duello tra Paride e Menelao si conclude con un nulla di fatto (libri III-IV), anzi la battaglia infuria con maggiore violenza, con l’aristìa di Diomede, la grande prova di valore dell’eroe greco. Protetto da Atena, Diomede semina lo scompiglio fra i Troiani, fino a colpire la stessa dea Afrodite (libro V).
Quando i Troiani si sono ormai ritirati fin sotto le mura e l’indovino Eleno, figlio di Priamo, invita Ettore a recarsi dalla madre Ecuba per indurla a un sacrificio alla dea Atena, allora il campo di battaglia diventa il teatro di un episodio imprevisto: la logica della guerra cede il posto a una pagina di grande umanità.