T2 - La contesa tra Achille e Agamennone

T2

La contesa tra Achille e Agamennone

  • Tratto da Iliade, libro I, vv. 148-244

L’indovino Calcante rivela all’assemblea dei Greci che l’ira di Apollo e la pestilenza cesseranno solo quando Crise avrà ottenuto da Agamennone la restituzione della figlia Criseide. Il comandante greco, furioso con l’indovino, acconsente alla richiesta, ma a condizione di avere un altro dono dall’assemblea. Achille si oppone, riaccendendo l’ira di Agamennone, che allora minaccia di prendere con la forza il dono di un altro eroe a compensazione del danno subito. A questo punto, nulla può contenere l’ira di Achille.

A lui, guardandolo storto, disse Achille, veloce nei piedi:

«Ah, rivestito d’impudenza, esoso nell’anima,

150 come può volentieri un Acheo obbedire ai tuoi comandi,

per mettersi in marcia o affrontare con forza i nemici?

Io non sono venuto per i Troiani armati di lancia

a combattere qui, ché di nulla mi sono colpevoli:

non m’hanno certo rubato le vacche e nemmeno i cavalli,

155 né mai sono stati a Ftia, fertile popolosa,

a devastare i miei campi, perché tra qui e lì ci sono troppi

monti ombrosi e mare fragoroso:

ma te, sfrontatissimo, abbiamo seguito, per i tuoi comodi,

a mietere gloria per Menelao e per te, faccia di cane,

160 a danno dei Troiani; del che non ti curi né ti preoccupi,

e invece tu proprio minacci di togliermi il premio

per cui molto ho penato, e me l’hanno donato i figli degli Achei.

Mai ho un premio pari a te, quando gli Achei

distruggono una città ben popolata dei Troiani;

165 ma la maggior parte della guerra faticosa

la fanno le mani mie; se poi una volta c’è da dividere,

a te va il premio di molto maggiore, ed io uno piccolo, tutto mio,

me ne riporto alle navi, dopo essermi sfiancato a combattere.

Ma ora me ne torno a Ftia, perché è certo assai meglio

170 tornarmene a casa sulle navi ricurve, né ho intenzione

di restar qui disonorato, a procacciarti benessere e ricchezza».

Gli rispondeva allora Agamennone sovrano:

«Fuggi pure, se la voglia ti spinge, né certo io

ti prego per me di restare: al mio seguito ci sono anche altri

175 che mi faranno onore, ma sopra tutti Zeus sapiente.

Il più odioso mi sei, fra i re alunni di Zeus

sempre ti è cara la lite, le guerre e le battaglie:

se molto sei forte, questo in fondo è dono d’un dio.

Tornato a casa con le navi tue e con i tuoi compagni,

180 sopra i Mirmidoni regna, ma io di te non mi curo,

e non tremo della tua ira; anzi, voglio minacciarti così:

dato che a me Febo Apollo ritoglie Criseide,

la spedirò con la nave mia e con i miei compagni,

ma io mi porto via Briseide dalle belle gote,

185 venendo in persona alla tenda, lei, il tuo premio, che tu sappia bene

quanto sono più forte di te, e chiunque altro rifugga

di mettersi a pari con me ed eguagliarmisi a fronte».

Così disse; il Pelide provò dolore, il cuore a lui

nel petto villoso ondeggiò tra due idee,

190 se, sfoderando dal fianco la spada affilata,

gli altri scansare e scannare l’Atride,

oppure bloccare la bile e trattenere il furore.

Mentre questo agitava nel petto e nell’animo,

e andava sguainando la grande spada, sopraggiunse Atena

195 giù dal cielo: l’aveva mandata la dea dalle bianche braccia, Era,

ambedue amando in cuor suo egualmente e avendone cura.

Gli stette alle spalle, afferrò il Pelide per la chioma bionda,

a lui solo mostrandosi; degli altri, nessuno vedeva.

Trasalì Achille, si volse, e subito riconobbe

200 Pallade Atena: terribili gli apparvero gli occhi di lei;

e, articolando la voce, le rivolgeva parole che volano:

«Perché mai sei venuta, figlia di Zeus portatore dell’egida?

Forse per assistere al sopruso di Agamennone Atride?

Ma io te lo dico, e credo proprio che questo avverrà:

205 per le sue prepotenze, presto perderà la vita!».

A lui disse di rimando la dea dagli occhi azzurri, Atena:

«Io sono venuta a frenare il tuo slancio, se mi obbedisci,

giù dal cielo; mi ha mandato la dea dalle bianche braccia, Era,

ambedue amando in cuor suo egualmente e avendone cura.

210 Ma su, metti fine alla lite, non estrarre la spada con la tua mano;

ingiurialo invece a parole, digli come andranno le cose;

infatti così ti predìco, e questo avrà compimento:

ci saranno un giorno per te splendidi doni, tre volte più numerosi,

a causa di questo sopruso; ma tu frenati, prestaci ascolto».

215 A lei di rimando diceva Achille dal piede veloce:

«Rispettare la vostra parola è necessario, o dea,

anche se uno è molto adirato nel cuore; infatti è meglio così:

chi obbedisce agli dèi, questi molto lo ascoltano».

Disse, e trattenne la mano possente sull’elsa d’argento,

220 spinse indietro nel fodero la grande spada, non negò obbedienza

all’ordine di Atena; questa tornò sull’Olimpo,

alla casa di Zeus portatore dell’egida, tra gli altri dèi.

Ma il Pelide di nuovo, con parole oltraggiose,

si rivolgeva all’Atride, non desisteva ancora dall’ira:

225 «Avvinazzato, tu che hai lo sguardo del cane, ma il cuore di un cervo,

mai di armarti alla guerra insieme all’esercito,

né di appostarti in agguato con i più forti degli Achei

ti senti il coraggio nell’animo: questo ti sembra la morte.

Certo che è molto più comodo, nello spazioso accampamento acheo,

230 rapinare premi a chiunque parli diverso da te.

Sei un re che divora il suo popolo, poiché comandi su gente da nulla:

se no adesso, figlio di Atreo, era l’ultima volta che insolentivi!

Ma ti dirò una cosa, e farò un gran giuramento:

in nome di questo scettro, che mai più foglie né rami

235 metterà, una volta che sui monti ha lasciato il suo tronco,

né più rifiorirà, ché tutto all’intorno la lama gli ha tolto

foglie e corteccia; ora invece i figli degli Achei

lo stringono in pugno, ministri di giustizia, loro che le leggi

per volere di Zeus preservano; questo dunque sarà gran giuramento:

240 certo un giorno verrà rimpianto di Achille ai figli degli Achei,

a tutti quanti, e allora non sarai capace, per quanto ti affligga,

di dare un aiuto, quando molti per mano di Ettore massacratore

cadranno morendo; e tu dentro ti mangerai l’anima,

crucciandoti che al migliore degli Achei negasti un compenso».


Omero, Iliade, libro I, vv. 148-244, trad. di G. Cerri, Rizzoli, Milano 2015

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a TU per TU con il testo

Come e per quale motivo litigavano due eroi greci dell’antichità? L’ira non è un sentimento nobile, eppure i contrasti tra amici, parenti e colleghi sembrano oggi come allora inevitabili: in questi momenti la perdita del controllo conduce a offese verbali, alla rivelazione di verità tenute prima nascoste, talora alla violenza fisica. Omero riesce a penetrare la psicologia di Achille, eroe offeso, e a dare conto di tutti i suoi pensieri contrastanti in un momento delicatissimo come quello che precede il passaggio dalle parole all’uso della forza. Che cosa lo porterà, invece, all’autocontrollo? Il brano illumina questo mistero della coscienza, intesa come la nostra capacità di prendere decisioni razionali, ricorrendo all’agire divino. Nella Grecia di Omero, infatti, sono gli dèi a determinare il comportamento umano: in questo caso la dea Atena.

Il successivo giuramento con cui Achille si impegna a ritirarsi dalla guerra è un’opera d’arte, in senso letterario e psicologico: l’energia e lo scatto d’ira del momento precedente si concentrano, infatti, in una descrizione raffinatissima, quella dello scettro, quasi un esempio di come la forza bruta possa essere spesa per cause più nobili, e di come l’arte sia una forma di addomesticamento della potenza degli istinti.

Analisi

Il brano si apre con il discorso di Achille (vv. 149-171), che spiega le ragioni del rancore che cova contro gli Atridi, Agamennone e il fratello Menelao. Per loro si è speso venendo a combattere a Troia, senza ricevere la gratificazione che merita: i premi più grandi non vanno a lui e adesso deve persino sopportare l’arroganza di Agamennone. Il capo dell’armata, infatti, ha appena affermato di essere disposto a rinunciare a Criseide in cambio di un risarcimento, sottratto a un altro eroe in virtù della sua autorità di primus inter pares (“primo tra pari”). Agamennone, in effetti, condivide la dignità regale con gli altri guerrieri, dei quali è una sorta di collega: ciò che lo colloca su un gradino superiore è solo il ruolo di comando assunto in occasione della spedizione greca a Troia. Lo scontro acquista, pertanto, anche un risvolto politico, che interessa la gerarchia del potere: Achille non accetta le decisioni prese da un capo che non stima perché non si è conquistato il ruolo con il valore dimostrato sul campo di battaglia. Per questo motivo minaccia di ritirarsi dalla guerra e di tornare in patria.

La mentalità dell’eroe è decisamente materialistica: egli dà voce agli istinti più bassi del guerriero e manifesta così in modo chiaro la concezione della guerra in età omerica. Oltre alla gloria e all’onore, essa rappresentava, grazie ai saccheggi e ai bottini, il modo più facile per arricchirsi (Mai ho un premio pari a te, quando gli Achei / distruggono una città ben popolata dei Troiani, vv. 163-164). Oltre ai beni distribuiti per sorteggio in parti uguali tra tutti i combattenti, il premio più ambito (in greco gheras) era quello assegnato in base al valore, che diventava così segno visibile dell’onore (timé) del guerriero.

La risposta di Agamennone (vv. 173-187) è quella di un capo insofferente della posizione di forza acquisita da un subordinato: la privazione della ricompensa significherebbe per lui la perdita della reputazione al cospetto dell’esercito, pertanto non ha paura di perseguire fino in fondo la propria volontà. È a questo punto che concepisce l’idea di sottrarre ad Achille Briseide, facendo valere il proprio ruolo di comandante.

Quando lo scontro sta per degenerare, Achille è tentato di afferrare la spada e colpire mortalmente il rivale (il cuore a lui / nel petto villoso ondeggiò tra due idee, / se, sfoderando dal fianco la spada affilata, / gli altri scansare e scannare l’Atride, / oppure bloccare la bile e trattenere il furore, vv. 188-192). È la dea Atena, mandata da Era, che parteggia per gli Achei, a suggerirgli di limitarsi a offese verbali, con la promessa di più ricche ricompense future. In questo modo, Omero spiega il mistero del ravvedimento e dell’autocontrollo di Achille secondo la mentalità dei Greci del suo tempo, che attribuivano agli dèi la ragione delle azioni umane. Ricondotto a più miti consigli, Achille giura solennemente di non partecipare più alla battaglia, lasciando soccombere i Greci (vv. 225-244).

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La contesa tra Achille e Agamennone offre lo spunto per conoscere in che modo poteva svolgersi un acceso confronto verbale tra due eroi omerici. Il lessico dell’offesa, infatti, è soggetto a sensibili variazioni a seconda della lingua e della società. Achille, per esempio, attacca Agamennone rimproverandogli l’avidità (rivestito d’impudenza, esoso nell’anima, al v. 149) oppure dandogli dell’ubriaco (Avvinazzato, tu che hai lo sguardo del cane, ma il cuore di un cervo, v. 225). Il repertorio cui attinge è quello del mondo animale: il cane è assunto a simbolo di rabbia, il cervo di paura e codardia. Anche nei momenti di ira, dunque, i Greci conservavano un lessico fortemente debitore nei confronti del mondo della natura, a differenza di noi uomini del XXI secolo che spesso stentiamo a capire e a usare metafore di origine contadina.

In un contesto così virulento, poi, stupisce constatare la precisione e la finezza della descrizione dello scettro sul quale Achille presta il suo giuramento: una parentesi che mostra la dimensione del realismo omerico (in nome di questo scettro, che mai più foglie né rami / metterà, una volta che sui monti ha lasciato il suo tronco, / né più rifiorirà, ché tutto all’intorno la lama gli ha tolto foglie e corteccia, vv. 234-237).

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Che cosa rimprovera Achille ad Agamennone?


2. Perché, invece, Agamennone non sopporta Achille?


3. Atena viene in soccorso di Achille

  •     di propria iniziativa. 
  •     spinta da Era. 
  •     invocata dall’eroe. 
  •     su richiesta di Zeus. 


4. In che modo Atena riesce a far desistere Achille dal proposito di impugnare la spada contro Agamennone?


5. In che modo si rapporta Achille con gli altri eroi greci presenti a Troia? Motiva la tua scelta facendo riferimento al brano.

  •     Con rispetto e parità. 
  •     Con disprezzo e superiorità. 
  •     Con diplomazia e riconoscenza. 
  •     Con indifferenza. 


6. Al termine dello scontro verbale con Agamennone, Achille giura di

  •     vendicarsi dell’offesa riprendendosi Briseide. 
  •     abbandonare il campo greco e passare dalla parte del nemico. 
  •     ritirarsi dal combattimento. 
  •     sfidare Agamennone a duello.

ANALIZZARE E INTERPRETARE

7. Individua tutte le offese rivolte da Achille ad Agamennone.


8. Trova nel brano gli epiteti attribuiti alle divinità elencate nella tabella.


Zeus  
Era  
Atena  


9. Achille finisce la sua replica alle raccomandazioni di Atena con una massima di ordine generale: quale? E quale concezione della religione lascia trasparire?

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COMPETENZE LINGUISTICHE

10. Il linguaggio figurato. Le metafore animali. Achille si rivolge ad Agamennone definendolo faccia di cane (v. 159). Sebbene nell’immaginario collettivo il cane rappresenti l’animale più fedele all’uomo, a esso sono spesso attribuiti comportamenti disdicevoli. Con l’aiuto dell’insegnante, raccogli un campionario di espressioni idiomatiche riferite a questo animale e spiegane il significato.


11. Coerenza e coesione. L’anacoluto. Placato dalle parole di Atena, Achille rammenta a se stesso una verità: chi obbedisce agli dèi, questi molto lo ascoltano (v. 218). Se fai l’analisi del periodo, ti renderai conto che la prima metà della frase è lasciata in sospeso e che si introduce una seconda costruzione dopo la virgola: una frattura di questo tipo si definisce tradizionalmente anacoluto, e, seppure molto frequente nell’italiano parlato, costituisce un grave errore poiché rompe la coesione testuale. Esso, però, è stato spesso utilizzato dagli scrittori per imitare il linguaggio parlato. Ti proponiamo una serie di anacoluti “letterari” che dovrai correggere e riscrivere secondo il corretto ordine logico-grammaticale.


a) Io speriamo che me la cavo (M. D’Orta)

b) Il coraggio, uno non se lo può dare (A. Manzoni)

c) Lei sa che noi altre monache, ci piace di sentir le storie per minuto (A. Manzoni)

d) Calandrino, se la prima gli era paruta amara, questa gli parve amarissima (G. Boccaccio)

e) Io, la mia patria or è dove si vive (G. Pascoli)

f) Il fratello la sua idea sarebbe stata di partire un bel giorno per Singapore (G. Celati)

g) La grafica, anche del titolo, sembra un giornale del Far West (P. Nori)

h) La gru più grossa del cantiere sono io che l’ho montata (P. Levi)

PRODURRE

12. Scrivere per raccontare. Che cosa sarebbe successo se Achille avesse impugnato davvero la spada e colpito a morte o ferito Agamennone? Immagina due diversi scenari possibili, uno con conseguenze positive per i Greci, l’altro con conseguenze negative (massimo 20 righe ciascuno).


13. Scrivere per persuadere. Immagina di essere al posto di Atena e di dover convincere Achille dell’inopportunità della violenza fisica contro Agamennone. Ricorri, però, agli argomenti della nostra morale, cioè che la violenza non è mai la via giusta, ma anzi che una lotta coraggiosa richiede metodi non violenti (massimo 15 righe).

LETTERATURA E NON SOLO: SPUNTI DI RICERCA INTERDISCIPLINARE

CITTADINANZA E COSTITUZIONE

Mentre nelle società antiche l’uso della violenza era diffuso e accettato, nella nostra lo è sempre meno: a partire dalla fine della Prima guerra mondiale, infatti, si sono fatti strada movimenti che hanno sostenuto l’utilizzo di metodi di lotta non violenta. Tra i personaggi più noti che si sono spesi in tal senso, ricordiamo il Mahatma Gandhi, Martin Luther King e, in Italia, Aldo Capitini. Insieme ai tuoi compagni, fai una ricerca su queste figure ed esponila alla classe.

SPUNTI PER DISCUTERE IN CLASSE

Il caso di Achille soccorso da Atena è emblematico di come alle volte basti soppesare meglio le conseguenze delle proprie azioni per evitare le reazioni più incontrollate e irreparabili. Non credi che lo stesso possa valere talvolta anche per la scelta delle parole? Discutine in classe con l’insegnante e con i compagni.

L’emozione della lettura - volume C
L’emozione della lettura - volume C
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