Intorno al V secolo a.C., durante la cosiddetta “età di Pericle”, quando Atene raggiunge il massimo splendore, la tragedia diventa un genere artistico , con precise convenzioni drammatiche e strutturato in cinque parti fondamentali.
1. Lo spettacolo si apre con il prologo, nel quale uno o più personaggi informano gli spettatori sugli antefatti e i protagonisti degli eventi.
2. Segue poi il pàrodo, il momento in cui entra in scena il coro, un gruppo di cantori e danzatori che commenta la vicenda e interagisce con gli attori, svolgendo la funzione di personaggio collettivo. Il coro è composto da dodici-quindici elementi, detti coreuti, tra cui si distingue un capo, il corifeo, e si colloca nell’orchestra, un’area circolare posta al centro del teatro.
3. L’azione scenica vera e propria prevede la successione di una serie di episodi, solitamente quattro, nei quali gli attori si scambiano le battute. Gli attori – solo uomini anche per i ruoli femminili – indossano maschere, costumi spesso colorati e calzari simili a sandali dalla suola spessa, detti coturni, che li fanno apparire più alti e degni quindi di interpretare eroi e divinità, nonché più visibili agli spettatori lontani.
4. Ogni episodio è diviso dall’altro dallo stàsimo, il canto del coro, eseguito con accompagnamento della danza e del suono della lira e del flauto.
5. Conclude la tragedia l’èsodo, il canto eseguito dal coro alla sua uscita dall’orchestra.