T3 - Diavolo rosso (P. Conte)

T3

Paolo Conte

Diavolo rosso

  • Tratto da Appunti di viaggio, 1982
L’autore

Paolo Conte nasce ad Asti nel 1937, da una famiglia borghese. Dopo la maturità classica, si laurea in Giurisprudenza, ma la sua vera passione è la musica jazz che ama fin dall’infanzia, attraverso i dischi ascoltati dai genitori nonostante l’ostilità del regime fascista per la musica americana. Pur lavorando come avvocato, non rinuncia a comporre musica in prima persona: negli anni Sessanta è apprezzato autore di brani portati al successo da artisti famosi, come Adriano Celentano, che canta Azzurro (1968). Più tardi decide di diventare egli stesso interprete delle sue canzoni e al contempo lascia definitivamente la professione di avvocato. La sua fama supera i confini nazionali. Tra i numerosi riconoscimenti, ottiene il premio Librex Montale per l’alta qualità poetica dei suoi testi: in essi, infatti, Conte riesce a tratteggiare con raffinata eleganza figure e atmosfere insieme esotiche e provinciali, in un misto tutto particolare di ironia e malinconia.

La canzone ricorda la figura dello sportivo astigiano Giovanni Gerbi (1885-1955), mito del ciclismo italiano dei primi del Novecento e noto con il soprannome di Diavolo rosso: nel testo, il poeta si rivolge direttamente al campione.

Quelle bambine bionde

con quegli anellini alle orecchie:

tutte spose che partoriranno

uomini grossi come alberi

5      che quando cercherai di convincerli

allora lo vedi che sono proprio di legno.


Diavolo rosso

dimentica la strada,

vieni qui con noi

10    a bere un’aranciata.

Controluce tutto il tempo

se ne va…


Guarda le notti più alte

di questo nord-ovest bardato di stelle

15    e le piste dei carri gelate

come gli sguardi dei francesi;

un valzer di vento e di paglia

la morte contadina

che risale le risaie

20    e fa il verso delle rane

e puntuale

arriva sulle aie bianche

come le falciatrici a cottimo.

Voci dal sole, altre voci

25    da questa campagna, altri abissi di luce

e di terra e di anima niente

più che il cavallo e il chinino;

e voci e bisbigli d’albergo:

amanti di pianura,

30    regine di corriere e paracarri.

La loro, la loro discrezione antica

è acqua e miele…


Diavolo rosso

dimentica la strada,

35    vieni qui con noi

a bere un’aranciata.

Contro sole tutto il tempo

se ne va…


Girano le lucciole

40    nei cerchi della notte…

questo buio sa di fieno e di lontano

e la canzone forse sa di ratafià…

 >> pagina 362 

a TU per TU con il testo

Come attraverso i fotogrammi sbiaditi e i suoni ovattati di una consumata pellicola, ritrovata in un vecchio cinema dismesso, a chi ascolta la canzone appaiono, un po’ fuori fuoco, le quotidiane scene di un mondo che oggi non c’è più. Rivive così, nelle parole e nelle immagini, un’atmosfera d’inizio Novecento: tenaci contadini dalla testa dura e misteriose presenze femminili, decadenti alberghetti e osterie di paese, avventure in corriera e carri lenti nel campo gelato. È la vita sonnolenta della campagna piemontese, nota e uguale, ma travolta all’improvviso dalla vertiginosa corsa di un ciclista, allora mitico, ma che nessuno più oggi ricorda: il Diavolo rosso irrompe in volata tra le case, sfreccia come un razzo tra le lucciole e i cavalli, getta scompiglio tra le risaie e le zanzare… Con l’affetto e l’ironia di chi è legato al passato ma sa anche che esso, irrimediabilmente, è perduto, l’autore ci trasporta, per il tempo della canzone, tra i tifosi del campione che, sordo ai loro inviti, si lancia a capofitto verso la sua meta, sparendo in controluce.

 >> pagina 363 

Analisi

La canzone rapisce l’ascoltatore in un’atmosfera evocativa e visionaria: come per illuminazioni, infatti, l’autore registra le luci, i colori e i suoni di una vicenda più allusa che raccontata. Dove siamo? E in che momento storico? A chi si rivolge la voce che parla? Disseminati nel testo, indizi precisi ci permettono di ricostruire il quadro: le piste dei carri (v. 15), la paglia (v. 17) e il cavallo (v. 27) ci proiettano nella fertile pianura piemontese, nel nord-ovest (v. 14) ricco di risaie (v. 19) dalle quali, ospite delle zanzare, puntuale / arriva (vv. 21-22) la malaria che, letalmente diffusa nei primi decenni del Novecento, viene curata con il chinino (v. 27).

La collocazione temporale – all’inizio del secolo scorso – la forniscono invece il titolo e il ritornello: Diavolo rosso era infatti il soprannome del ciclista Giovanni Gerbi, campione di quegli anni e così chiamato, si racconta, dal prete che guidava la processione su cui Gerbi, lanciato a tutta birra nella sua maglia da corsa rossa, una volta piombò all’improvviso. È solo uno dei numerosi aneddoti dell’epoca sullo spregiudicato corridore, disposto a tutto pur di vincere, al punto da essere squalificato durante il Giro d’Italia del 1920 per essersi fatto trainare da un sidecar. A questo demone di velocità, inviso ai rivali d’oltralpe, l’autore si rivolge con la familiarità dell’amico, invitandolo a dimenticare, per il breve tempo di un’aranciata tra fedelissimi, la sua sfrenata competizione contro il tempo.

Il teatro delle imprese del Diavolo rosso è rievocato con partecipazione dolceamara. Conte accenna al destino delle bambine bionde (v. 1), tutte future spose e madri e alla cocciutaggine contadina dei loro figli. I ripetitivi riti della natura e del lavoro sembrano cristallizzare un mondo in cui nulla cambia: le bambine sono adornate di orecchini come le loro nonne; la morte contadina (v. 18) puntuale come le stagioni e le falciatrici a cottimo (v. 23) chiamate per il raccolto si ripresentano ciclicamente a sigillare il cerchio della vita.

All’immutabilità della provincia si contrappone però il folle volo dell’eroe in bicicletta, che indifferente al cielo stellato della notte, alle voci e bisbigli d’albergo (v. 28) e alla seduzione delle regine di corriere e paracarri (v. 30), fugge concentrato verso l’arrivo. La sua foga travolgente, l’impeto dello scatto, l’irrefrenabile accelerazione simboleggiano la velocità contro la quiete, l’irrompere improvviso della modernità che lascia dietro, di traguardo in traguardo, quel vecchio mondo contadino che il progresso, di lì a poco, trasformerà.

Come la musica jazz può mescolare lo struggimento più languido al divertimento più concitato, così la canzone di Paolo Conte esprime, con elegante ambiguità, un’affascinante combinazione di malinconia e ironia. La prima si coglie nell’affetto con cui l’autore richiama il passato della sua terra natale: il minuscolo dettaglio degli anellini (v. 2) ai lobi delle bambine, lo slancio lirico nella contemplazione delle notti più alte (v. 13), la leggiadra immagine del valzer di vento e di paglia (v. 17) che, nelle notti d’estate, illanguidisce l’atmosfera. È una malinconia che si tinge anche di sensualità, come si avverte nell’evocazione delle belle donne del passato, dal fascino seducente.

Ma il tono è più complesso, e l’ironia interferisce continuamente con l’abbandono alla nostalgia: l’autore sottolinea infatti la testardaggine degli uomini di campagna, come a prenderli garbatamente in giro; ricorda all’ascoltatore che, accanto ai poetici abissi di luce / e di terra e di anima (vv. 25-26), le condizioni contadine implicano anche lavoro e malattia. Scherza con il Diavolo rosso invitandolo a dimenticare la strada (vv. 8 e 34), come per dirgli: «Ma dove corri?», e nel contempo scherza con se stesso segnalando l’inefficacia del suo invito, al quale il ciclista non risponde, sparendo e pedalando contro il sole.

 >> pagina 364 

Il testo di Paolo Conte è una vera e propria poesia per la musica. Della poesia, infatti, mantiene le principali figure retoriche e alcuni elementi formali tipici. Per esempio, va notato un cospicuo uso di similitudini e metafore, anche ardite. In particolare, l’immagine delle piste dei carri gelate / come gli sguardi dei francesi (vv. 15-16) contiene l’espressione, comune anche nel linguaggio quotidiano, dello “sguardo gelato”, per indicare inimicizia e ostilità; ma ce ne sono altre, come quella degli uomini di legno (v. 6), per indicare l’ostinazione testarda, e quella, raffinatissima, del cielo bardato di stelle (v. 14), come fosse un cavallo favoloso.

Al linguaggio lirico appartengono anche le sinestesie degli ultimi versi del testo. Nella prima, l’autore unisce la percezione visiva dell’oscurità a quella olfattiva dell’aroma dell’erba disseccata, alle quali aggiunge, come dotandolo di una consistenza percepibile, il senso di una vaga lontananza. La seconda, a sua volta, richiama la tradizione antica del poeta che saluta la sua canzone prima di concluderla e, unendo nella stessa espressione l’udito e il gusto dell’ascoltatore, restituisce in parole il sapore del Piemonte, in cui il ratafià, liquore dolce a base di frutta, oggi fuori moda, veniva prodotto e consumato.

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.


a) Le bambine hanno, fin da piccole, collanine e braccialetti.

  •   V       F   

b) Le bambine sono tutte destinate a diventare spose e madri.

  •   V       F   

c) Gli uomini di campagna sono cocciuti e testardi.

  •   V       F   

d) Durante la notte, il cielo è pieno di stelle.

  •   V       F   

e) Le piste dei carri sono fangose e impraticabili.

  •   V       F   

f) I francesi sono i più grandi tifosi del Diavolo rosso.

  •   V       F   

g) Nelle risaie è diffusa la malaria.

  •   V       F   

h) Il lavoro delle donne che falciano il fieno è pagato a giornata.

  •   V       F   

i) Negli alberghetti di pianura si incontrano gli amanti clandestini.

  •   V       F   

j) Il Diavolo rosso viene invitato a fermarsi e a bere insieme agli spettatori.

  •   V       F   

ANALIZZARE E INTERPRETARE

2. Da quale punto di vista il cantautore “prende la parola”? Motiva la tua risposta.


3. Individua nel testo tutti i riferimenti al mondo contadino della pianura piemontese d’inizio Novecento.


4. Nella canzone si ritrovano riferimenti ai momenti importanti del ciclo della vita: la nascita, l’amore, la morte. Individuali.


Nascita/infanzia  
Amore/sesso  
Morte  


5. In quale punto del testo c’è un riferimento alla fuga del tempo?


6. Spiega il significato delle seguenti metafore:


a) un valzer di vento e di paglia (v. 17): 

 


b) abissi di luce / e di terra e di anima (vv. 25-26): 

 


c) regine di corriere e paracarri (v. 30): 

 


d) nei cerchi della notte (v. 40): 

 


7. La canzone d’autore fa proprie molte delle strategie della poesia. Oltre a quelle indicate nell’analisi, prova a individuare:

a) un’assonanza usata al posto della rima;

b) una paronomasia;

c) una ripetizione;

d) un polisindeto.

 >> pagina 365 

COMPETENZE LINGUISTICHE

8. Coerenza e coesione. I versi di Paolo Conte, per essere così evocativi, sono spesso privi del predicato. Trasforma la prima, la terza e la quarta strofa in brevi brani di prosa inserendo i verbi necessari e facendo le opportune modifiche, e sempre considerando che l’autore si rivolge direttamente al Diavolo rosso, suo interlocutore.

PRODURRE

9. Scrivere per descrivere. Descrivi il paesaggio della pianura piemontese usando almeno cinque termini fra quelli che trovi nella canzone (massimo 15 righe).

LETTERATURA E NON SOLO: SPUNTI DI RICERCA INTERDISCIPLINARE

MUSICA

Dopo aver ascoltato la canzone di Paolo Conte confrontala con Il bandito e il campione, altro brano a tema ciclistico del cantautore romano Francesco De Gregori: quale immagine del ciclismo “di una volta” ne emerge? E quali altri temi sono presenti? Quale delle due preferisci? Perché?

L’emozione della lettura - volume B
L’emozione della lettura - volume B
Poesia e teatro